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Dopo l’alluvione, Faenza non ha bisogno di scommesse o azzardi, ma di certezze e basi solide per ripartire. La ricostruzione della città in questi mesi ha tanti volti. Il ponte bailey, il rifacimento del muro di via Renaccio, i ristori per cittadini e imprese, una nuova idea di città più sicura e sostenibile con l’ambiente. E in questo grande cantiere in continua evoluzione, contrasta vedere la ripartenza prendere la forma non solo di infrastrutture e progetti, ma anche di una nuova sala slot e scommesse, una delle più grandi in Romagna, che inevitabilmente cambierà il volto di una parte della città. Se è vero che burocrazia e leggi consentono questa apertura a certe condizioni – massimo dieci anni – dall’altro c’è necessità di interrogarsi su quale città si vuole costruire per il futuro, anche a livello politico (nel senso più ampio del termine). Se ha senso che a lato della stessa strada sorgano da una parte il campo sportivo di San Rocco, frequentato da tanti giovani, e dall’altra parte le luci evanescenti di una sala scommesse. Se ha senso, più in generale, che in una città con tante famiglie in difficoltà economiche e sociali a causa dell’alluvione, si debba ripartire non sostenendo nuove attività o commercianti di quartiere, ma da una sala slot gestita da una multinazionale arrivata dal nulla che ha come unico obiettivo massimizzare i profitti per poi andarsene dopo dieci anni.

“Ci sembra che la nuova sala slot sorga in una zona non idonea. Come parrocchia faremo il possibile per sensibilizzare su questo”

chiesetta san rocco
La chiesetta di San Rocco

La stessa domanda si è posto don Davide Ferrini, parroco di San Marco, la parrocchia all’interno della quale sorgerà la nuova sala slot, preoccupato – assieme a tante famiglie – dell’impatto che l’apertura di questa attività possa avere nel contesto sociale. Nelle ultime settimane la riapertura al culto della chiesetta di San Rocco da parte della parrocchia sembrava potesse mettere in discussione la sala scommesse in via Granarolo. Cosa che non è avvenuta. «La decisione di riaprire l’oratorio di San Rocco era già stata presa da tempo – dice don Davide – c’era stata anche una raccolta firme da parte di un comitato che aveva il desiderio di farla tornare alla sua funzione originaria. La chiesetta tornerà a essere un luogo di preghiera e di incontro per la comunità». L’oratorio di San Rocco, già appartenuto all’omonima confraternita, è stato costruito nei primi decenni del Settecento, ma da allora non ha mai ricevuto alcun tipo di manutenzione ed era in stato di totale abbandono. Il primo progetto di restauro è stato redatto nel 2001, grazie al Rotary. «Anche con questa riapertura, abbiamo voluto dare un segnale sul tema della sala slot, che ci sembra sorga in una zona non idonea» specifica il parroco.

Non solo ludopatia, ma anche rischio di spaccio e traffici malavitosi

Al di là dell’efficacia o meno dell’iniziativa, è il messaggio che don Davide ha lanciato a essere importante. «La legge prevede che le aree attorno a parchi, scuole ed edifici di culto, siano considerate aree sensibili, di conseguenza non è possibile aprire questo tipo di attività a meno di 500 metri – sottolinea -. Se c’è una legge, c’è per un motivo: ci deve essere un’area che tuteli i giovani, le zone di socialità e le funzioni religiose». «Preciso che non abbiamo fatto una crociata contro la creazione di queste attività – specifica – ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte all’impatto che potrà avere sul nostro quartiere. Dal punto di vista sociologico le aree vicino a questo tipo di attività sono zone a forte rischio, un rischio non limitato solo alla ludopatia, ma anche allo spaccio e ad affari malavitosi che queste sale attraggono. Sappiamo, inoltre, che ci sono persone in difficoltà, che cadono in un vizio che distrugge la loro vita e non solo: anziani che si giocano le pensioni o padri che si giocano lo stipendio, ma anche delle loro famiglie. E in una città, ferita dall’alluvione, il rischio di speculare sul dramma della gente è altissimo. Sono proprio le persone più in difficoltà a rischiare di cadere nella ludopatia, pensando di poter risolvere i propri problemi con una giocata di pochi secondi. Se i cittadini portano queste criticità agli enti preposti, tramite una raccolta firme per esempio, penso debbano essere ascoltati e si debbano trovare soluzioni». E su questo, tanti cittadini sono d’accordo. «Voglio concludere dicendo – assicura il parroco – che tantissime persone di tutte le età sono venute nelle ultime settimane a ringraziarmi perché vedevano l’apertura dalla sala come un problema e un pericolo per le loro famiglie e per il loro quartiere».

Samuele Marchi e Mattia Bandini