Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

INSUCCESSI DI GOVERNO. La destra parlava di soli 6 miliardi, in realtà è più del doppio. Per il tihnk tank Bruegel, sarà dello 0,61% l’«aggiustamento medio annuo». E torna la procedura d’infrazione. Vincolo dei «falchi» sul debito pubblico La prossima legge di bilancio parte da meno 23 miliardi

Il nuovo patto di stabilità: 13 miliardi l’anno di tagliUna vignetta contro l'austerità

L’ambiguità regna ancora, le stime divergono fortemente ma tutte concordano su un punto: il nuovo Patto di stabilità ipoteca oltre 10 miliardi di correzione annuale dei conti pubblici italiani.
A una settimana dall’accordo franco-tedesco, poi ratifico da tutto l’Ecofin, lo studio del testo ha rovinato le feste di natale a economisti, think tank e funzionari governativi, con Giorgetti che ha invitato i giornalisti «a leggerlo per scoprire che è molto meglio di quanto si pensi». Nessuno è in grado di dire con certezza quanto costerà ai vari paesi.

Non lo è in primis il commissario Ue Paolo Gentiloni che ha comunque festeggiato il nuovo accordo «un passo avanti»: «regole comuni senza tornare all’austerità». Parole che hanno indispettito molti, anche nel suo Partito democratico, consci che il nuovo patto sia la conferma del rigore di bilancio che piegandosi ai diktat liberisti, ha fatto perdere milioni di voti al Pd. A chi stima la correzione di bilancio annua in soli 6 miliardi rispetto ai 10 delle vecchie regole, Gentiloni ha dovuto rispondere così: «La norma non contiene cifre, ma certo c’è una chiara flessibilità per tenere conto, dal 2025 al 2027, dell’aumento di spesa per interessi, al fine di salvaguardare investimenti in difesa, per il digitale e per l’ambiente».

IN REALTÀ I FALCHI HANNO IMPOSTO però due vincoli molto precisi che avranno conseguenze negative, in primis per l’Italia. Il primo sul debito: il piano di aggiustamento deve essere congegnato in modo tale che, anche allungando il periodo da quattro a sette anni, il rapporto debito su Pil debba comunque ridursi di almeno un punto su Pil all’anno in media. Il secondo vincolo è sul disavanzo. Non è più sufficiente garantire che il deficit su Pil rimanga sotto la soglia del 3 per cento, la regola di Maastricht: alla fine del percorso di aggiustamento il disavanzo deve scendere sotto l’1,5 per cento del Pil.

È previsto un miglioramento del deficit primario (strutturale) dello 0,4 per cento all’anno in media nel caso di un piano di durata quadriennale, dello 0,25 per cento all’anno in media nel caso di un piano settennale.

Al netto della concessione spuntata che prevede come nel triennio 2025-2027 si tenga conto dell’incremento nella spesa per interessi intervenuta nel periodo (anche qui senza nessun numero scritto), è il primo vincolo – anche a causa della cosiddetta «staticità» del nostro debito pubblico – a provocare una correzione molto forte.

DOPO LO STOP PER LA PANDEMIA e il prolungamento fino a quest’anno, il nuovo Patto rispolvera poi la «procedura d’infrazione» peri paesi non i regola con il tetto al 3% del rapporto deficit/Pil.

Nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza di ottobre il governo Meloni stimava uno 0,5%: da un deficit del 5,9% del 2023 si passerà al 4,8% nel 2024, per poi scendere di un ulteriore 0,5% nel 2025. Ancora un taglio, dal 4,3% al 3,5% nel 2026, ancora lontano al 3% richiesto inizialmente.

In realtà le stime parlando di molto di più, smentendo le opinioni di Giorgetti. Le stime più sensate sono quelle che considerano il cosiddetto «aggiustamento medio annuo del saldo primario strutturale». Come quelle del think tank Bruegel che per l’Italia lo fissa a 0,61 punti all’anno, mentre nella simulazione di settembre sulla versione precedente era molto più basso: allo 0,4.
Si tratta – come ha stimato anche il Sole24Ore – di 12-13 miliardi per sette anni, una cifra però che andrebbe «a crescere negli anni». L’Italia poi sarebbe il paese europeo con un «aggiustamento annuale medio» più alto in Europa dopo il Belgio (0,71) che però dovrà tenere un avanzio primario molto più basso: 2,6% contro il nostro 3,3%, valore di gran lunga superiore a tutti gli altri paesi dell’area Euro: oltre al Belgio, c’è il Portogallo a 2,6%.

Con questi chiari di luna, si capiscono meglio le reazioni di molti esponenti della maggioranza: la prossima legge di Bilancio parte già con un fardello di almeno 23 miliardi. Oltre ai 12-13 della correzione imposta dal nuovo Patto, vanno aggiunti gli almeno 10 miliardi del taglio del cuneo sul costo del lavoro, che anche quest’anno non è stato reso strutturale dal governo Meloni