POLITICA E SINDACATO. La lista delle buone ragioni per scendere in piazza il 7 ottobre a Roma, rispondendo all’appello «La via maestra» della Cgil e di un centinaio di associazioni, è molto lunga. […]
Una manifestazione organizzata dalla Cgil a Roma nel 2021 - Ansa
La lista delle buone ragioni per scendere in piazza il 7 ottobre a Roma, rispondendo all’appello «La via maestra» della Cgil e di un centinaio di associazioni, è molto lunga. Forse persino troppo lunga. Perché quando dopo tanto tempo si chiamano le masse alla mobilitazione, ragione vorrebbe che lo si facesse per ottenere un risultato e non solo per una, per quanto sicuramente bella, manifestazione.
La vastità del programma – la «piattaforma» – dei due cortei di oggi, che per stare solo ai titoli va dal lavoro alla pace, dal welfare all’istruzione, dall’ambiente alle riforme costituzionali e altro ancora, esclude in partenza un obiettivo tangibile.
Eppure, a guardar bene, oggi questa condizione non è un limite, può anzi diventare un punto di forza. Sicuramente è un punto di partenza.
Ogni singolo titolo nella piattaforma che chiama alla piazza richiederebbe una lotta politica approfondita e radicale. Ne citiamo alcuni.
Il lavoro e il welfare: l’Italia è il paese con la peggior dinamica dei salari tra quelli Ocse e tra i grandi paesi dell’Unione europea quello con la percentuale più bassa di Pil investita in sanità. Le condizioni reali di vita, e di morte, tanto nei posti di lavoro, precari, quanto negli ospedali, precari anch’essi, sono sotto gli occhi di tutti. Le risposte del governo? Una truffa, il carrello «tricolore» contro il carovita, e un inganno: «L’attenzione alla sanità non si misura dagli investimenti».
Di scuola questo governo non vuole sentir parlare, se non in occasione dei fervorini nostalgici del duo Valditara-Sangiuliano, e se provano a parlarne gli studenti sono botte. Quanto all’ambiente, in fatto di negazionismo climatico a palazzo Chigi e e dintorni non sono secondi a nessuno. Mentre per riforme costituzionali intendono la frammentazione egoistica dell’autonomia differenziata in coppia con la centralizzazione verticistica del premierato «all’italiana».
Riuscirà la manifestazione di oggi a far segnare almeno un’inversione di rotta? Non è semplice, sarà bene non dimenticare che dare una prospettiva di successo alle lotte resta la condizione essenziale per tenerle vive. Soprattutto nel nostro paese, dove in passato manifestazioni immense non hanno ottenuto il risultato per il quale erano state convocate e questo ha segnato il tramonto delle grandi battaglie sindacali.
Quella di oggi può essere, al contrario, un’alba. Intanto perché
Leggi tutto: Una giornata a lezione di opposizione - di Andrea Fabozzi
Commenta (0 Commenti)A Granada Zelensky chiede nuove forniture di armi ma l’Europa frena. E dopo il ribaltone al Congresso Usa sugli aiuti, il grande freddo contagia anche l’Italia. Meloni: il nostro impegno non è illimitato. In Ucraina l’ennesimo attacco russo fa strage di civili
IL LIMITE IGNOTO. Controffensiva lenta, recessione e arsenali vuoti: l’appoggio italiano non è più scontato
Chissà se aveva ragione Agatha Christie quando diceva che «tre indizi fanno una prova». In questo caso comunque sono ben più di tre gli indizi e i segnali di un raffreddamento delle posizioni sia italiane che europee nei confronti dei sostegni all’Ucraina.
IERI GIORGIA Meloni ha incontrato faccia a faccia Zelensky e il presidente ucraino ha poi raccontato che la discussione verteva sull’ottavo pacchetto di aiuti italiani. Alla fine non solo non ci sono state le foto ricordo e le comparsate fianco a fianco di un tempo. La premier ha anche evitato dichiarazioni fragorose o troppo impegnative. Del resto è da parecchio che Giorgia Meloni, in Italia ma ormai anche all’estero, di Ucraina parla il meno possibile e senza mai alzare troppo la voce. E da Chigi qualche sussurro sul brusco calo degli entusiasmi della premier per l’Ucraina nelle scorse settimane è filtrata.
IL PACCHETTO d’aiuti in questione, poi, non fila affatto liscio come i precedenti. La tensione tra il ministro degli Esteri Tajani e quello della Difesa Crosetto è palpabile. Tajani ha rubato la scena al collega annunciando lui il pacchetto, come sarebbe stato invece compito di Crosetto. Il titolare della Difesa ha commentato con un gelido «Prendo atto» salvo poi specificare che l’Italia ha già dato «moltissimo» e che «non esiste molto ulteriore spazio». Poi, non pago: «La richiesta di aiuti da parte ucraina è continua ma bisogna verificare ciò che noi siamo in grado di dare». La stessa Meloni, dopo aver ribadito che l’appoggio all’Ucraina proseguirà, aggiunge un significativo «compatibilmente con le richieste che arrivano e con la necessità di non sguarnire la nostra sicurezza». Sottolineando che «se ne sta occupando il ministro della Difesa». Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Perché proprio Crosetto è il più scettico sulla possibilità di proseguire sulla linea degli aiuti a valanga e lo ha detto apertamente anche agli alleati.
IL GRANDE FREDDO non è solo italiano, tanto che
Leggi tutto: Meloni e i dubbi sull’Ucraina. Il grande freddo sulla guerra - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)La Cgil lancia una piattaforma in dieci punti per salvare Il Servizio sanitario pubblico. Barbaresi: “Rivendiamo il diritto alla salute per persone e comunità”
Misure “necessarie e urgenti”, quelle elaborate dalla Confederazione di Corso d’Italia per evitare l’assassinio del servizio sanitario, la violazione dell’articolo 32 della Costituzione, la privatizzazione della sanità. Un vero e proprio decalogo che trae origine e forza da un’analisi approfondita e dettagliata dei dati elaborata dall’Area Stato sociale e diritti della Cgil nazionale. Però, è bene sottolinearlo, la fonte dei dati elaborati non è il sindacato ma sono l’Istat, l’Inps, il ministero della Salute, la Corte dei Conti e gli istituti di statistica europei. E la fotografia scattata è sconcertante e preoccupante. Soprattutto in vista della imminente legge di bilancio.
La salute pubblica dell’Italia rischia grosso. Questa la sintesi di quanto messo nero su bianco dal governo nella Nota di aggiornamento del Def presentata in Parlamento nelle scorse settimane. Non solo nessuna risorsa aggiuntiva per quest’anno come richiesto, oltre che dalla Cgil, dalle Regioni tutte, che non riescono a far fronte alle spese. Ma dal 2023 c’è una vera e propria riduzione del Fondo sanitario nazionale. Si legge nello studio della Cgil: “Oltre alla revisione al ribasso dello stanziamento per l’anno in corso (-1,3 miliardi, pari a -1,0%) a cui si aggiunge un ulteriore taglio per il 2024 (-1,8 miliardi, pari a – 1,3%), che si conferma al 6,2% del Pil per il 2024, e torna a scendere al 6,1% nel 2026, la Nadef conferma la volontà di disinvestire e, quindi
«Non sei la benvenuta», così gli studenti accolgono Meloni a Torino. La polizia li carica tre volte: cinque feriti. Vietato contestare la premier, venuta a difendere davanti alle regioni i tagli alla sanità. Ma in difficoltà, perché mette la firma sulla bancarotta della salute
Al Festival delle Regioni di Torino la premier in affanno: «Materia difficile, non basta investire se non si spende bene»
Foto di gruppo per Giorgia Meloni al festival delle Regioni a Torino - Ansa
Come faccia tosta Silvio Berlusconi era impareggiabile. Giorgia Meloni però prova almeno a emularlo. L’uscita di ieri sulla Sanità, nel discorso al Festival delle Regioni di Torino pronunciato mentre fuori dal palazzo la polizia manganellava a volontà, è una vetta. «Sarebbe miope perseguire l’obiettivo comune di una sanità efficiente ed efficace per tutti concentrando tutta la discussione sull’aumento delle risorse. Dobbiamo aver un approccio diverso e concentrarci con coraggio, lealtà e verità su come le risorse vengono spese». Non che abbia torto, per carità. Ma quando i soldi non ci sono spenderli bene è proprio impossibile e non ci sono coraggio e lealtà che tengano.
Ma l’esercizio di alto equilibrismo sulla sanità, come del resto l’intero discorso a tutto campo da Torino, è eloquente. Rivela quanto la premier si senta in difficoltà nonostante i consensi premino il suo partito, l’unico a crescere mentre tutti gli altri perdono decimali. In realtà lo ammette anche lei: «La sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, in un contesto molto complesso, è una materia sempre più difficile da affrontare». Anche in questo caso darle torto sarebbe impossibile: la vera colpa grave del suo governo è aver sprecato un anno tutto sommato ancora facile, o almeno più facile di quelli che verranno, cullandosi nell’inspiegabile illusione che invece le cose si sarebbero fatte più facili.
La premier è tornata anche sulla Nadef ed è stata ancora più chiara del solito: «I margini di manovra sono limitati», naturalmente per colpa dei governi precedenti che avevano fatto «le scelte più facili». Significa che, oltre alla conferma del taglio del cuneo fiscale che per il governo è una bandiera ammainata la quale resterebbe solo la resa, non si potrà fare niente. «Qualche passo avanti se possibile» ma senza farsi illusioni: solo «segnali» e in politica il termine si traduce con quasi niente. Questione di tempo, sia chiaro: «Il vantaggio è che abbiamo un orizzonte di legislatura». Lo svantaggio è che la temperie, stando a segnali e previsioni, sarà più scura e difficile, non più luminosa, mentre si marcia verso quell’orizzonte di gloria.
È SIGNIFICATIVO che il giorno dopo l’intemerata contro la sentenza di Catania, arrivata a livelli mai raggiunti neppure da Berlusconi, Meloni si sia affannata per
Leggi tutto: La beffa di Meloni : «Il Ssn è una priorità ma i soldi non ci sono» - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)IO CAPITANA. La premier furiosa su Facebook: «Motivazioni incredibili, aiuta gli arrivi illegali»
Si dice «basita», come un personaggio di Boris. Poi ventila l’esistenza di «un pezzo d’Italia che aiuta gli arrivi illegali». E aggiunge: «Non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza». La premier Giorgia Meloni ha affidato a un post su Facebook il suo attacco diretto alla giudice di Catania Iolanda Apostolico, che sabato ha osato applicare la legge, cioè non ha convalidato il fermo di quattro migranti rinchiusi nel centro di Pozzallo.
MELONI DEFINISCE «incredibili» le motivazioni del provvedimento di Apostolico e cita il passaggio in cui si legge che «le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività», ma dimentica di dire che la giudice si è limitata a citare le dichiarazioni rese dai ricorrenti, anche perché non è suo compito esprimere giudizi sulle richieste d’asilo, infatti la mancata convalida non trova qui la sua motivazione, ma nella Costituzione e nelle norme europee, che ritengono illegittimo il decreto Cutro là dove sostiene che la provenienza da un paese sicuro – in questo caso la Tunisia – sia un motivo sufficiente a trattenere un migrante.
Meloni poi attribuisce ad Apostolico anche un’altra valutazione che non ha mai fatto, sostenendo che la giudice abbia dichiarato «unilateralmente la Tunisia paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura)». Peccato che anche qui il discorso sia diverso: per la legge i trattenimenti devono basarsi sulla posizione del singolo richiedente e non sul paese da cui è partito. Che il decreto Cutro, partorito in fretta e furia dopo l’ennesima tragedia del mare, facesse acqua da tutte le parti lo hanno
Leggi tutto: La propaganda di Meloni contro la giudice di Catania - di Mario Di Vito
Commenta (0 Commenti)Dalle pagine di Repubblica, il segretario generale della Cgil critica l'operato dell'esecutivo e lancia la manifestazione di sabato a Roma. "La nostra Via Maestra per la Costituzione e la pace, contro la precarietà e per un futuro diverso"
Una manovra “senza coraggio e visione”, che “non toglie le ragioni della nostra mobilitazione a partire dalla manifestazione di sabato” a Roma con 200 associazioni. “Indicheremo la Via Maestra per la Costituzione e la pace, contro la precarietà e per un futuro diverso”, dice il segretario generale della Cgil Maurizio Landini intervistato da Repubblica.
Per il numero uno di Corso Italia il taglio del cuneo “è una nostra richiesta, conquistata con il governo Draghi. Ma qui viene riconfermato quel che già c'è, non si possono vendere la stessa operazione due volte, come Totò con la Fontana di Trevi”. Tra l'altro “la misura non è strutturale, dura solo un altro anno. I salari devono crescere per recuperare il potere d'acquisto perso, le detrazioni non sono indicizzate all'inflazione, le pensioni sono dimenticate anzi tagliate in questi anni del 10%da una rivalutazione parziale”.
Per Landini “tutte le misure spot non
Leggi tutto: Landini: «In piazza contro gli spot del governo»