Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

IL COORDINATORE DEI PACIFISTI - “Di fatto siamo praticamente in un’economia di guerra, che scivola verso la rovina: tagliamo i servizi essenziali, ma intanto aumentiamo la spesa militare fino al 2% del Pil. Tra il 23 e il 26 febbraio ci sarà una nuova mobilitazione arcobaleno in 100 piazze”

Sergio Bassoli - Neutralità attiva, per una politica di pace, disarmo e per  l'Italia - YouTube

Dalla Rete italiana pace e disarmo arriva un nuovo appello alla Rai perché risolva il pasticcio di Zelensky a Sanremo con una scelta diversa: “Chiediamo agli organizzatori del Festival – si legge nel testo – che venga garantito lo spazio per una testimonianza che porti alla luce l’impegno e le scelte civili e nonviolente che contribuiscono a costruire la pace”. Il coordinatore e della Rete, Sergio Bassoli, lo spiega con parole più nette: “Perché la Rai non usa Sanremo per far conoscere l’Italia che vuole la pace? Si potrebbero far salire sul palco dell’Ariston i volontari, chi fa servizio civile, i protagonisti di una comunità che ha lavorato all’accoglienza di 250 mila rifugiati ucraini. Abbiamo una Costituzione che ce lo chiede: per ripudiare la guerra occorre costruire la pace”.

Pensate sia inopportuno ospitare un messaggio politico come quello di Zelensky al festival della canzone italiana?

Non è nemmeno questo il punto, sappiamo perfettamente che Sanremo è un contenitore dove si parla di tutto, compresa la politica. È stato fatto anche in passato. Ma ci sorprende la mancanza di delicatezza della Rai e ci spaventa l’appiattimento dell’agenda mediatica sulle solite parole: armi e guerra. Sarebbe bello se Zelensky intervenisse solo per ringraziare per gli aiuti umanitari e le carovane di volontari che hanno soccorso e ancora soccorrono la popolazione civile, ma sappiamo perfettamente che il presidente ucraino è in un tunnel in cui non può vedere la pace, ma solo la vittoria nei confronti della Russia. Noi rispettiamo senza riserve il diritto alla difesa del popolo ucraino, ma non chiedeteci di prendere parte a questa guerra. Armarsi non è la strada, ma l’errore che sta compiendo l’Occidente.

Sanremo è uno specchio dell’agenda mediatica del Paese.

Di fatto siamo praticamente in un’economia di guerra, che scivola verso la rovina: tagliamo i servizi essenziali – c’è chi fatica a ricevere cure oncologiche – ma intanto aumentiamo la spesa militare fino al 2% del Pil. Speriamo almeno di non seguire l’esempio “virtuoso” della Polonia, che l’ha portata addirittura al 4%.

Intanto la tv di Stato si è incartata in una situazione imbarazzante e vorrebbe controllare i contenuti del messaggio del presidente ucraino.

È il solito teatrino nostrano. Noi invece vogliamo restare concentrati su un impegno: dobbiamo costruire quattro giorni di mobilitazioni, tra il 23 e il 26 febbraio, in corrispondenza del primo, triste anniversario di questa guerra.

Qual è il programma?

È in costruzione. Sicuramente si partirà il 23 da Perugia, con la marcia notturna fino ad Assisi, che sarà preceduta da una fiaccolata. Poi ci saranno iniziative in tante città italiane, vogliamo arrivare a 100 piazze come a ottobre: Catania, Bari, Cagliari, Firenze, Bologna, Verona, Padova, Milano e tantissime altre. A Roma, poi, è previsto un evento a teatro il 25 sera, lo stiamo organizzando in queste ore. Non possiamo fermarci, questa è una guerra che rischia di portare alla distruzione dell’umanità. Quando il segretario dell’Onu dichiara che è stato superato il rischio zero di una guerra nucleare, significa che siamo entrati in una fase in cui quello che era impensabile è diventato possibile.

Come si mobilita ancora un movimento pacifista? Riesce a non scoraggiarsi per l’assenza di risposte?

Non riesco a capacitarmi della sordità di chi governa e di chi fa opinione pubblica: per loro il movimento per la pace non esiste, o se esiste è solo buonismo inutile, ingenuo, naïf. Eppure i sondaggi dicono che il 58% della popolazione italiana è contro la guerra e la percentuale continua ad aumentare. L’inerzia della politica è imbarazzante. In passato abbiamo avuto leader – da Andreotti a Craxi, da Berlinguer a Moro – che avevano un ruolo, sapevano dire “no”. È possibile che ora siano solo capaci di ubbidire a un disegno, che non è nemmeno europeo?