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Governanti e piazze Grande manifestazione ieri a Roma in Piazza del popolo, ma di quale popolo? Qual è il suo valore politico se inequivocabilmente si poteva partecipare sia con le bandiere della Nato, come sollecitava qualcuno, sia con quelle della pace (ma non con la bandiera del popolo palestinese)?

I pacificatori disinteressati alla pace

Grande manifestazione ieri a Roma in Piazza del popolo, ma di quale popolo? Qual è il suo valore politico se inequivocabilmente si poteva partecipare sia con le bandiere della Nato, come sollecitava qualcuno, sia con quelle della pace (ma non con la bandiera del popolo palestinese)? Possibile che non venga il sospetto che una così indistinta convocazione sull’argomento Ucraina possa essere piegata nella direzione cogente e attuale della leadership dell’Unione europea?

Lì dove garrisce al vento la bandiera blu con stelle del ReArm Ue? La sintonia temporale con la decisione di von der Leyen e dei 27 Paesi Ue di avviare un mega-programma di riarmo di 800 miliardi di euro per ognuno degli Stati membri – altro che «difesa comune» – è allarmante. Stracciati Patto di stabilità e fondi di coesione, si può fare per la preparazione alla guerra quello che per sanità e welfare era tassativamente proibito. Addio alla frugalità, riempiamo gli arsenali.

E così, tanto per contraddire la volontà ondivaga di Trump che scarica gli alleati occidentali sui costi della Nato, ecco che decidiamo un fondo mostruoso per acquistare le armi Usa, le uniche sul campo, nascondendo che entriamo in uno scenario appena malcelato di doppia spesa, più soldi per le armi a ogni Stato e più soldi all’Alleanza atlantica; verso una prospettiva ancora più devastante per il patto sociale europeo – e la sua tenuta democratica – , dell’avvio di una economia di guerra che trasformi ogni produzione materiale e immateriale in nuova arma: meno automobili più carri armati, altro che green deal.

Il made in Italy concorrerà all’autoproduzione di nuovi cacciabombardieri fiammanti, magari con l’improbabile e rischioso auspicio che tutto questo farà crescere Pil e occupazione, e non invece più propensione ai conflitti amati e alla violenza, insieme a una trasformazione delle basi valoriali della nostra democrazia costituzionale e non solo per l’articolo 11 che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle crisi internazionali, ma per l’evidente trasformazione dei contenuti della convivenza civile. Perché l’obiettivo di un’Europa come fortezza armata, alternativo alla sua fondazione come baluardo di pace per l’esperienza recente della Seconda guerra mondiale, aiuta solo la crescita della destra e dei nuovi fascismi in tutto il Continente. Una grande manifestazione ieri in piazza del Popolo dunque, che, però, a questi interrogativi non risponde.

Arriva invece solamente la risposta, sbagliata, del premier britannico Starmer che ha convocato – dopo quella di Macron – una riunione di circa 25 Paesi alleati dell’Ucraina, per costituire una «coalizione dei volenterosi» (Co.Vo. sarebbe l’acronimo), ripescando dalle acque limacciose della storia una terminologia a dir poco infausta – andate a vedere le distruzioni e massacri che abbiamo commesso con i «volenterosi» per invadere l’Iraq nel 2003, allora tra i volenterosi come terzo contingente c’era pure l’Ucraina. Tralasciando un giudizio su tutte le guerre «volenterose» e «umanitarie» che abbiamo promosso negli ultimi trent’anni, dalla Somalia all’ex Jugoslavia, dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Libia alla Siria. Stavolta «volenterosi» a fare che, quando non c’è ancora non solo una pace duratura, ma nemmeno la tregua o un timido cessate il fuoco?

Starmer, Macron e Zelensky si avviano a definire l’elenco, l’area dei partecipanti a un’eventuale operazione di peacekeeping. Per questo il premier britannico convoca per giovedì a Londra una «riunione operativa» a livello di vertici militari con i Paesi alleati disposti a discutere di un futuro schieramento di «sul terreno» e di «aerei nei cieli», a garanzia della sicurezza dell’Ucraina, dopo il raggiungimento di accordi di pace. Ecco il punto: ma a garantire un eventuale cessate il fuoco è possibile che siano schierate forze militari di Paesi Nato che, per interposto ruolo, hanno sostenuto in armi l’Ucraina dal 2014, ricordava l’ex segretario Nato Stoltenberg? Accetteremmo forse per questa funzione di mediazione armata la Bielorussia o la Corea del Nord che hanno sostenuto in armi Putin?

L’idea di vere forze armate da terra, dal mare e dal cielo pronte ad intervenire per salvare il cessate il fuoco altro non è che la continuazione della guerra con i nostri eserciti; è una scelta “irachena”: è la famigerata No-fly zone dei vincitori per colpire i vinti. Qui la situazione sul campo è ben diversa. Oltre allo stallo c’è la drammatica difficoltà dell’esercito ucraino, non solo per mancanza di armi ma anche per le diserzioni.
Qui una forza di interposizione o è davvero neutrale e per questo capace di fermare ogni provocazione e ogni mira espansionista di zar Putin, oppure come i «volenterosi» iracheni è benzina sul fuoco di un nuovo conflitto mondiale. Solo le Nazioni unite, ancorché vilipese e bombardate anche da Trump – ma sarà costretto a farci i conti con l’Onu e il Sud del Mondo -, hanno ancora questo potere e diritto internazionale di intervento di mediazione, anche con la forza e i caschi blu, al di sopra delle parti in guerra. L’unico augurio è che la piazza romana sia sì di volenterosi, ma contro i giochi di guerra.

Concludendo. Ma, noi europeisti e anti-nazionalisti convinti, siamo davvero sicuri che la bandiera di questa Ue ridotta in armi e nuovi muri sia la giusta difesa della democrazia? A Belgrado, nel sud-est europeo, ieri da tutta la Serbia è sceso in piazza un vero oceano di manifestanti, una nuova generazione insieme a quella più anziana, tutti contro la corruzione. Dopo la tragedia della tettoia crollata a Novi Sad nel novembre 2024, protestano da quattro mesi contro il malaffare di un governo del privilegio e del favoritismo, alimentato da investimenti predatori cinesi con subappalto francese, da quelli degli Emirati per stravolgere il centro della capitale, dai contratti della Germania e dell’Ue per accaparrarsi il litio della regione di Jadar, dalla vendita di decine di caccia Rafale gestita direttamente da Macron, e dalla famiglia Trump, sodale del potere serbo, che si compra i resti dei ministeri bombardati dalla Nato nel 1999. Ebbene in piazza ieri, come in questi quattro mesi, non c’era una sola bandiera dell’Unione europea.