Arrestati ed espulsi gli studenti che hanno manifestato per Gaza. E poi manette, perquisizioni nei campus e sanzioni per chi protesta contro la repressione. Trump e i presunti difensori del «free speech» si scatenano. Università richiamate all’ordine minacciando lo stop ai fondi
Reprimo emendamento L’ultimatum dell’amministrazione alla Columbia University di New York, misure disciplinari a chi ha occupato per la Palestina. Decine di facoltà sotto inchiesta: «discriminazione razziale» verso i bianchi
Protesta all’Arizona State University per l'evento della sezione ASU dei College Republicans United – Ap
Gli agenti del dipartimento per la Sicurezza nazionale, (Dhs), giovedì sera hanno perquisito due dormitori della Columbia University. «Scrivo con il cuore spezzato per informarvi che stasera abbiamo avuto agenti federali del Dhs in due residenze universitarie – ha detto la presidente ad interim della Columbia Katrina Armstrong in una nota alla scuola – Nessuno è stato arrestato o trattenuto. Nessun oggetto è stato rimosso e non sono state intraprese ulteriori azioni». Ma la mattina successiva una piccola manifestazione di protesta è stata sufficiente a provocare l’intervento della polizia, arrivata alla Columbia con un furgone pieno di barricate per circondare la zona, e degli elicotteri per controllare dall’alto. «Per arrivare a questo risultato, l’anno scorso è servita l’occupazione del campus – dice Fernando, portiere di uno dei palazzi eleganti che si trovano intorno alla zona dell’università – ora basta un gruppetto di manifestanti pacifici».
LA PRESTIGIOSA Columbia University nei giorni scorsi ha infirmato via email che il consiglio disciplinare ha emesso delle sanzioni pesanti contro gli studenti che ad aprile 2024 avevano occupato la Hamilton Hall per protestare contro la guerra a Gaza. L’università non ha comunicato il numero degli studenti espulsi, sospesi o ai quali sono state revocate le lauree, limitandosi ad affermare che questi provvedimenti sono il risultato di una «valutazione della gravità dei comportamenti» portata avanti con un processo investigativo durato mesi e udienze individuali condotte dal Consiglio disciplinare universitario.
Tutta la procedura è stata monitorata dai deputati repubblicani che con la minaccia di cancellare miliardi di dollari in finanziamenti federali hanno ottenuto i registri disciplinari degli studenti coinvolti nelle proteste. La manovra restrittiva della Columbia arriva inoltre mentre l’università è nel caos per l’arresto e la tentata deportazione di un suo studente laureato, e attivista palestinese, Mahmoud Khalil, nonostante sia negli Usa con un permesso permanente, la carta verde, e sposato con una donna americana. Khalil, che non era tra i manifestanti accusati di aver occupato la Hamilton Hall, e altri 7 studenti identificati da pseudonimi, avevano intentato una causa per impedire al Congresso di ottenere i registri degli studenti della Columbia, sostenendo che fosse un attacco alla libertà di parola, in violazione del primo emendamento.
ORA KHALIL è detenuto in centro per migranti
della Louisiana, mentre i suoi avvocati preparano la sua difesa in seguito a un’udienza preliminare presso la corte federale di Manhattan, che ha ordinato al governo di consentire a Khalil di parlare con i suoi avvocati su una linea non sorvegliata. I legali di Khalil hanno dichiarato di dover aspettare fino al 20 marzo per poter parlare con lui.
Sempre alla Columbia almeno due altri studenti sono finiti nel mirino delle autorità Usa per avere preso parte alle proteste del 2024. Ranjani Srinivasanu, uno studente indiano che stava conseguendo un dottorato in pianificazione urbana, ha lasciato il Paese questa settimana dopo che il dipartimento di Stato gli ha revocato il visto da studente per «aver sostenuto la violenza e il terrorismo». Leqaa Kordia, studentessa palestinese della Cisgiordania, è stata arrestata ieri dagli agenti dell’immigrazione per aver superato la scadenza del suo visto studentesco.
IL GIRO DI VITE non riguarda solo le manifestazioni universitarie. Sempre a New York circa 100 persone sono state arrestate durante un sit-in organizzato da Jewish Voice for Peace alla Trump Tower, per chiedere il rilascio di Khalil.
Ciò che solleva più preoccupazione è la disinvoltura con cui stanno venendo fermati e incarcerati per minime mancanze burocratiche dei soggetti che sarebbero protetti da visti e carte verdi.
AD ESSERE ARRESTATI e detenuti sono stati più turisti europei entrati legalmente con il visto turistico Esta, come nel caso di una ragazza inglese, Becky Burke, arrestata al confine col Canada e messa in isolamento mentre era in viaggio attraverso il Nord America, «a causa di un errore nel visto» come ha detto suo padre in un post su Facebook. I tedeschi Jessica Brösche e Lucas Sielaff, sono stati trattenuti in due episodi separati alla frontiera con il Messico, rispettivamente per 46 e 16 giorni, dopo essere stati Incatenati, detenuti e infine espulsi, nonostante avessero entrambi un visto turistico.
È tedesco anche Fabian Schmidt, arrestato dall’Ice nonostante la carta verde quando è atterrato a Boston di ritorno dalla Germania, a causa di una mancata comparsa per una causa civile minore in cui era imputato. Viveva con la sua famiglia in New Hampshire dal 2007.