"La situazione è grave, servono misure strutturali e continuative. Il governo deve saper ascoltare, occorre cambiare metodo". Lo afferma Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, commentando la fiducia che il decreto Aiuti ha ottenuto alla Camera
Via libera dell'Aula della Camera al dl Aiuti. Il testo, approvato a Montecitorio con 266 voti a favore e 47 contrari, passa al Senato, dove dovrà essere approvato, pena la decadenza, entro questa settimana. Il decreto contiene, tra l'altro, il bonus 200 euro per una parte di lavoratori e pensionati. Ne parliamo con Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil.
Cominciamo dal metodo: chiusura totale ad accogliere qualunque correzione sia del Parlamento che delle parti sociali. Una sorta di autoritarismo governativo?
Il metodo non funziona, soprattutto in una fase così complessa, con tanti problemi che si stanno accavallando. In particolare sul decreto Aiuti non funziona, perché il risultato del non ascolto, sia degli emendamenti che avevamo proposto noi e fatti propri da alcune forze politiche, sia di quelli di origine parlamentare, ha come conseguenza una cosa molto semplice: le persone che si trovano in condizione di maggiore fragilità non potranno fruire del bonus di 200 euro. Uno strumento che dovrebbe aiutare chi è in maggiore difficoltà, ma proprio a loro viene negato. In questo modo si contraddice l'obiettivo stesso del provvedimento: dare una prima risposta, ancorché insufficiente, all'aumento del costo della vita, all'aumento dei beni energetici. Questo modo di procedere non funziona. Oltretutto tutto, questa modalità si somma a un profluvio di decreti legge per cui lo stesso Parlamento non ha neanche modo di approfondire i contenuti dei provvedimenti, di fare una valutazione compiuta. Inevitabilmente si commettono errori. Un esempio per tutti: nel decreto Pnrr è stata introdotta una modifica del Codice Civile per il settore della logistica che ha come effetto la ulteriore riduzione delle tutele per lavoratori e lavoratrici
Veniamo al merito del decreto Aiuti: cosa non va nel testo che ha appena ricevuto la fiducia della Camera e che deve passare al Senato?
Insieme a Cisl e Uil abbiamo più volte segnalato, e presentato corrispondenti emendamenti, che per come è scritta la norma che assegna il bonus di 200 euro molti lavoratori vengono esclusi: quelli precari, dell’agricoltura, dello spettacolo, tutti quelli che non hanno una busta paga a luglio, coloro che non hanno usufruito della decontribuzione dello 0,80 prevista dalla legge di bilancio. Questo significa che esattamente le fasce più deboli della popolazione non avranno la possibilità di accedere a questo aiuto. Il governo non ha voluto correggere il provvedimento, immagino per ragioni economiche, anche se non parliamo di cifre esorbitanti. In ogni caso rimane il fatto che una misura pensata per aiutare chi è maggiormente in difficoltà proprio a loro non arriverà. Nell’incontro che avremo domani con l’esecutivo chiederemo di correggere questo vulnus in un prossimo provvedimento.
Duecento euro una tantum non risolvono certo i problemi legati all'aumento dei prezzi e dell’inflazione. Probabilmente occorrono strumenti diversi. Sono questi quelli che porrete sul tavolo dell'incontro di domani?
Sì, sono gli stessi che abbiamo posto a maggio. Sono molto simili a quelli che abbiamo chiesto a dicembre, perché il problema non nasce oggi, né lo scorso 24 febbraio quando Putin ha attaccato l’Ucraina. Da allora la situazione si è aggravata, ma il tema, cioè rispondere all'emergenza salariale, ai redditi bassi di lavoratori e pensionati, è questione assai urgente e rilevante da ben prima dell’inizio del conflitto. Questa è una delle ragioni che ci hanno portato a dicembre, insieme alla Uil, a proclamare uno sciopero generale per chiedere una riforma fiscale in grado di rispondere al grande tema dell’aumento delle diseguaglianze ripristinando equità e progressività. Dando respiro ai redditi da lavoro: ricordiamo che sono lavoratori e pensionati a versare ben oltre l’80% dell’Irpef. Questo è il modo vero di dare risposte ai redditi più bassi. I 200 euro sono l'ennesimo bonus che però non può risolvere il problema. Gli effetti dell’inflazione sulla popolazione sono assai più gravi che nel resto d’Europa perché abbiamo un livello di precarizzazione più alto, un numero di poveri più alto, un problema di disoccupazione rilevante e salari al palo da anni. Per questo l’impatto in Italia è più grave. Quindi servono misure che abbiano caratteristiche strutturali, che siano continuative, che partano adesso e proseguano anche nel 2023.
Hai fatto cenno ai poveri. L'ultimo rapporto dell'Istat ha segnalato come dal 2005 ad oggi siano triplicati, che esistono milioni di lavoratori poveri e come reddito di cittadinanza e reddito di emergenza abbiano contribuito a tamponare una situazione che poteva essere ancora più grave. Eppure, una correzione, o meglio una aggiunta al testo originario al decreto Aiuti è stata fatta proprio peggiorando il reddito di cittadinanza.
È semplicemente il fatto che in questo governo convivono forze che hanno valutazioni diverse rispetto al reddito di cittadinanza. C’è chi sta raccogliendo le firme per cancellarlo, chi invece lo ha proposto. Già questo è un elemento di contraddizione. Aggiungo: tutti i provvedimenti sono migliorabili, incluso il reddito di cittadinanza. C'è solo un punto che a mio parere deve essere chiarito anche alle forze di governo, oggi in questa condizione è indispensabile avere uno strumento di contrasto alla povertà come il reddito di cittadinanza. Così come, nella fase più acuta della pandemia, è stato indispensabile introdurre il blocco dei licenziamenti e i diversi strumenti di sostegno per i lavoratori e i cittadini. Se quegli strumenti non ci fossero stati, la già difficile situazione del Paese sarebbe diventata drammatica. I mesi che abbiamo di fronte saranno ancora più difficili, siamo in una fase di peggioramento e occorre farvi fronte. Poi una considerazione: ci piacerebbe che quanti si affannano per contrastare il reddito di cittadinanza, mettessero la stessa energia e la stessa tenacia nel contrastare la precarietà e creare lavoro dignitoso e di qualità. Alla base dell’impoverimento c’è la precarietà e il lavoro dequalificato e sottopagato. Questi sono i temi che domani porteremo all’attenzione del governo. La premessa non può che essere un diverso modo di intendere il confronto con le organizzazioni sindacali. La situazione è grave, va affrontata trovando insieme le soluzioni adeguate.