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Stati uniti Kamala Harris recupera in Iowa e corre subito in Pennsylvania. Donald Trump se la gioca nel Michigan degli elettori uncommitted. Musk in tribunale per il caso della «lotteria» per spostare consensi verso il Gop

La mappa elettorale degli stati Usa aggiornata a ieri, 4 novembre

 

La mappa elettorale degli stati Usa aggiornata a ieri, 4 novembre

Il rush finale dei democratici si gioca tutto in Pennsylvania: ieri Kamala Harris ha fatto quattro tappe nello swing state, tra cui due comizi nelle città principali, Pittsburgh e Philadelphia, dove era accompagnata dall’ormai consuetudinario cast di all star (da Lady Gaga ai The Roots e Oprah Winfrey).

L’importanza assunta dal Michigan, la possibilità che il movimento uncommitted possa aiutare la spallata repubblicana allo stato del blue wall, la dimostra invece il fatto che ieri l’ultimo comizio di Trump della campagna elettorale si è tenuto a Grand Rapids. Poche ore prima il suo vice JD Vance era salito sul palco a Flint.

Il candidato repubblicano ha fatto anche due tappe in Pennsylvania e una in North Carolina, a Raleigh – dove ha passato il suo primo rally della giornata ad attaccare Barack Obama: «Divisore in capo». La notte prima a Greensboro, sempre North Carolina, l’ex presidente era diventato virale – dopo una giornata passata a sostenere che nel 2020 non avrebbe dovuto lasciare la Casa bianca e che non gli dispiacerebbe vedere spari sui giornalisti – grazie alla panoramica ribelle di un cameraman che, mentre Trump vantava tutti i posti pieni al suo comizio, aveva inquadrato le dozzine di file di sedie libere al di sopra dell’ex presidente.

A UN GIORNO dal voto i rilevamenti delle ultime ore danno i due candidati sempre testa a testa, anche se, per

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Nella foto: Centinaia di volontari si riuniscono a Valencia per prestare aiuto dopo la devastante alluvione del 29/3o ottobre @Jose Jordan/Afp via Getty Images

Oggi un Lunedì Rosso dedicato alle attese. Quella più trepidante durerà ancora poche ore. Manca infatti solo un giorno alle elezioni presidenziali americane.

Gli occhi del mondo sono puntati su una tornata elettorale cruciale, quanto incerta negli esiti. Attesa è anche quella di un partito politico che è stato, nel contesto italiano, un emblema delle trasformazioni della democrazia.

Il Movimento Cinque Stelle si trova infatti al bivio tra normalizzazione e disgregazione.

L’attesa più drammatica però è quella che coinvolge l’umanità intera: non si può più attendere per invertire rotta sulle politiche di contenimento dell’emergenza climatica. 

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La Regione punta a 877 milioni di euro subito (su 4,5 miliardi). Le richieste di Bologna al governo: stop ai mutui e ristori

Verrà approvato dal Consiglio dei ministri lo stato di emergenza per le aree colpite dall’alluvione. Bologna, con il suo fango e il suo dramma, è tra queste. Il ministro della Protezione civile Nello Musumeci lo ha confermato ieri mattina, nel corso di una telefonata, al sindaco Matteo Lepore. 

Figliuolo Priolo Alluvione

Verrà stanziata una somma destinata a coprire le spese di interventi già svolti nei primi giorni: 50 milioni di euro. A seguire si attendo altri fondi.
La presidente facente funzioni dell’Emilia-Romagna Irene Priolo aveva chiesto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni «di finanziare quanto prima il piano stralcio da 877 milioni dei Piani speciali. Un insieme di opere urgente per la mitigazione del rischio già consegnate al Commissario Figliuolo a valere sul triennio 2025-2027». 

 

 

E Priolo era a Roma per partecipare alla cabina di regia per l’approvazione dei Piani speciali. Il via libera non è arrivato, però. Il nodo da sciogliere sono le coperture finanziarie. «L’incontro di oggi a Roma con il commissario di governo Figliuolo sui Piani speciali per la messa in sicurezza del territorio in Emilia-Romagna non è stato conclusivo — ha fatto sapere la presidente attraverso i canali social — essendo emersa la necessità di alcuni approfondimenti. Ci siamo dati alcuni giorni per chiudere una intesa».

Poi ha spiegato: «Da un lato c’è un Piano condiviso tra gli enti territoriali e la Struttura commissariale, che ha ricevuto un parere positivo di merito da parte di tutti i Ministri coinvolti. Dall’altro c’è un tema di coperture, su cui il Commissario si sta confrontando col Ministero dell’Economia e delle Finanze». Priolo, nel post, precisa: «Nessuno si aspetta di avere immediatamente a disposizione i 4,5 miliardi di euro previsti dal Piano, perché parliamo di una mole di opere strutturali che richiederanno comunque diversi anni per essere completate. Al contrario, non si può nemmeno pensare che la prossima legge di bilancio non metta nulla sul 2025 e sul 2026, perché c’è assoluta urgenza di partire».

La presidente fa sapere anche che «come Regione, d’intesa con gli Enti locali e con tutte le rappresentanze sociali del Patto per il Lavoro e il Clima, abbiamo avanzato una proposta operativa molto pragmatica: si approvi il Piano e contestualmente si dia avvio a un primo stralcio di interventi che comprende le opere più urgenti nei diversi bacini. Questo primo stralcio richiederebbe nel triennio 2025-2027 circa 877 milioni, una cifra importante ma ragionevole per poter avviare gli interventi decisivi».

Mentre Priolo era a Roma, Lepore si confrontava con Musumeci che, stando a quanto riferito dal primo cittadino, ha «ribadito l’urgenza di affrontare la questione del dissesto idrogeologico e dei fiumi tombati in città, questioni che in tutto il Paese stanno creando enormi problemi con l’aumento delle piogge e dei nuovi fenomeni climatici».

 

Il sindaco, a nome del territorio metropolitano bolognese, ha spedito al governo l’elenco degli interventi da effettuare quanto prima per sostenere il territorio afflitto dall’alluvione. Si parte con la sospensione dei mutui e degli adempimenti tributari, contributivi, giudiziari, si prosegue con deroghe delle scadenze contabili per imprese e enti locali, l’attivazione di ammortizzatori sociali e di misure di sostegno ai lavoratori autonomi, deroghe alle misure di contenimento della spesa pubblica rivolte agli enti locali, ristori dei danni a cittadini e imprese, fino a chiudere con interventi strutturali di ripristino.

I firmatari del Patto metropolitano per il Lavoro e lo Sviluppo sostenibile, si legge nella missiva, «hanno condiviso la necessità di una gestione unitaria dell’emergenza e delle fasi successive, e in modo collaborativo e coeso chiedono al governo risposte tempestive e complete per il territorio bolognese, attraverso strumenti straordinari». Anche perché «il sistema territoriale bolognese ha saputo reagire in questi primi giorni ad un fenomeno di straordinaria intensità, ma proprio per l’eccezionalità dell’evento è fondamentale l’attivazione immediata da parte del governo di misure adeguate».

La settimana è cominciata con un meteo finalmente amico. E non sono previste precipitazioni nel prossimi giorni in tutta l’Emilia-Romagna. L’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile ha emesso tuttavia un’allerta arancione per la costa ferrarese a causa della piena del Po, gialla per criticità idraulica nella pianura emiliana (eccezion fatta per quella bolognese).

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Tragedia climatica Da Cullera a Catarroja, senza mezzi, acqua potabile e luce

La disperazione dei sindaci: «Ora bisogna evitare l’emergenza sanitaria» Le strade allagate di Catarroja, Valencia foto Epa

Jordi Mayor, socialista, è il sindaco di Cullera, un comune in provincia di Valencia, in cui la Dana ha provocato solo danni materiali. È appena rientrato dal comune di Algemesí, uno dei più colpiti dalla furia dell’alluvione. Ci dice che lì «la situazione è di catastrofe, l’acqua è arrivata fino a due metri di altezza, distruggendo tutto ciò che trovava lungo il cammino». Sono arrivati i volontari ad aiutare, «adesso ci sono anche i militari, i pompieri, i servizi di emergenza e la polizia locale».
A Cullera «siamo stati fortunati, perché l’acqua ha deviato prima di entrare nel territorio comunale finendo nei campi di riso che soffrivano la siccità. Abbiamo così avuto tempo per monitorare la piena ed evacuare alcune zone».

«Noi abbiamo un nostro sistema di emergenza – spiega – un misuratore che permette di conoscere la portata del fiume Xúquer quando ancora mancano ore prima che entri in paese. Alle 20 di martedì vediamo che la sua portata supera già i 2.000 metri cubici per secondo e decido di elevare l’allerta al livello uno per rischio di inondazioni. La piena non arriva in paese fino alle tre del mattino, stiamo nella parte più bassa, l’acqua va sempre più allargando la sua capacità, ammortizzandola e l’inondazione è lenta. Perciò possiamo controllarla». A Cullera ora stanno bene e cercano di aiutare con persone e mezzi le zone limitrofe più disastrate.

Martí Raga, di Compromís, è il vicesindaco del comune di Catarroja, una delle zone maggiormente colpite dalla Dana. Ritorna la parola “catastrofe” nel suo racconto per descrivere la situazione del municipio: «Abbiamo una popolazione di 30.000 abitanti e la gran parte delle case è senza luce e acqua. Abbiamo sofferto 15 perdite umane, ma pensiamo sia una cifra lontana dalla definitiva perché ci sono quartieri dove ancora non si sono svuotati garage e cantine. E i dispersi sono alcune decine». Perciò, ci dice, «Abbiamo bisogno che le amministrazioni siano all’altezza della situazione. Nel nostro comune non c’è nessuno che non abbia patito danni per l’alluvione. Abbiamo un bilancio di 20 milioni di euro e non disponiamo di mezzi adeguati. Cerchiamo protezione nella Generalitat valenciana e nello Stato. E la Generalitat non ha dato la risposta che doveva. I primi che sono venuti ad aiutare non erano funzionari pubblici ma gente sconosciuta. Grazie a questi volontari molte persone hanno trovato assistenza».

«L’allarme è arrivato tardissimo – denuncia Raga – Come assessore all’Urbanistica alle 18 di martedì non avevo alcun avviso del rischio per la popolazione. E il comune non può ordinare la chiusura del commercio o delle installazioni pubbliche. Personalmente ricevetti l’avviso della Generalitat sul cellulare alle 20.30 di martedì, quando a casa mia già c’era un metro e mezzo d’acqua e i veicoli galleggiavano per la strada».

Pedro Sánchez ieri ha fatto un appello all’unità delle istituzioni. Il sindaco Mayor è d’accordo: «Si deve smettere di politicizzare tutto. C’è fame, umidità, ci sono cadaveri di animali, il numero delle vittime mortali cresce, sono passati diversi giorni col rischio di problemi per la salute pubblica. Quando tutto finirà allora si vedrà cosa non ha funzionato e di chi sono le responsabilità». Anche per il vicesindaco Raga la priorità è un’altra in questo momento: «È occuparsi delle persone per evitare effetti come quelli di un’emergenza sanitaria, perché la temperatura è di oltre 20 gradi. Le persone devono avere luce e acqua potabile. Poi potremo parlare di responsabilità, perché c’era chi ne aveva e non le ha esercitate».

Sono persone che hanno la responsabilità del governo più vicino alla popolazione e si trovano a gestire un’emergenza che non avrebbero mai immaginato: «Pensavamo che la pandemia fosse il massimo che avremmo dovuto gestire come responsabili pubblici e invece…», riflette Raga. «Arrivo a casa molto tardi, mi metto a letto, mi alzo, ma non so se ho dormito, se ho sognato, se sto vivendo un incubo… – riconosce Mayor – Ho molti amici sindaci e non so come potranno cavarsela in municipi che sono stati rasi al suolo». «Mi sento distrutto da un punto di vista animico – ammette Raga – L’odore del fango ci è entrato nella testa».

 

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Due giorni alle elezioni presidenziali negli Usa. Testa a testa negli stati decisivi, il risultato si farà attendere ma Trump è già pronto a non riconoscere una vittoria di Harris. Nei tribunali e nelle piazze

Elettorale americana Testa a testa: tre stati in bilico per uno. 69 milioni di cittadini hanno votato in anticipo. I dem si affidano a Beyoncé e JLo

Urne aperte per il voto anticipato in Massachusetts Ap/Steven Senne Urne aperte per il voto anticipato in Massachusetts – Steven Senne/Ap

Man mano che si avvicina il 5 novembre, chi è registrato a una o a entrambe le campagne elettorali sta ricevendo un numero crescente di messaggi, via email, via sms, a ondate sempre più vicine. Donald Trump più aggressivo, conciso e in maiuscolo che mai; Kamala Harris con comunicazioni lunghe e articolate, corredate da fotografie. Con più di 69 milioni di elettori che hanno già espresso il loro voto, le campagne si focalizzano ora sul convincere gli indecisi.

ENTRAMBI i candidati si rincorrono di stato in bilico in stato in bilico inanellando comizi, con la campagna democratica che continua a fare affidamento sul potere delle star. Jennifer Lopez, Beyoncé, Ricky Martin, Michelle Obama. A Las Vegas, con il candidato vice presidente Tim Walz, è arrivata Eva Longoria. Sempre più repubblicani stanno sostenendo Harris, tra cui la figlia di George W. Bush, Barbara Pierce Bush che ha dato il suo endorsement e si è unita a Liz Cheney, che fa attivamente campagna per Harris. Cheney è stata una dei soli due repubblicani nella commissione della Camera che ha indagato sulla rivolta del 6 gennaio ed è la più importante sostenitrice repubblicana di Harris. Per questo è stata definita da Trump un «falco di guerra radicale», in un’intervista con il commentatore conservatore Tucker Carlson a Glendale, in Arizona.

Non è chiaro quanto gli endorsement e la presenza delle star in realtà funzioni. Quando Barack Obama e Bill Clinton si sono rivolti alla comunità arabo americana invitandola a votare per Harris hanno avuto risultati tiepidi, mentre le contestazioni durante i comizi della candidata Dem continuano. Secondo i sondaggi del Washington Post, che si basano su una media di sondaggi nazionali e statali, la corsa è ancora incredibilmente combattuta.

HARRIS ha mantenuto il suo vantaggio a livello nazionale in Michigan, Wisconsin e Nevada, ma quello in Pennsylvania si è ridotto nell’ultima settimana. Trump è ancora in testa in Arizona, Georgia e North Carolina. Si parla comunque di percentuali di vantaggio entro il margine di errore, nell’ordine del mezzo punto, nel caso della Pennsylvania, dove Harris ha in programma di tenere il suo comizio finale, la sera del 4 novembre, a Philadelphia (Trump invece dovrebbe essere a Pittsburgh).
Come ha riassunto il content creator Hayden Clarkin in un post su Thread: «Il collegio elettorale è così divertente: cosa significa che il futuro della Nato dipende dalla contea di Erie, Pennsylvania?»

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L’insofferenza per lo stato di diritto va oltre l’assalto alle toghe. Atti parlamentari provano il tentativo del governo di uscire dalle regole europee per continuare a deportare i migranti. Arriva il conto dell’hotel in Albania per gli agenti di guardia nei campi di detenzione

Check out Fino a 9 milioni per gli agenti stanziati oltre Adriatico. L’opposizione: «Spreco nazionale». Da domani beltempo a sud di Lampedusa. Occasione per il governo di riprendere le deportazioni

L'hotel Rafaelo resort a Shengjin L'hotel Rafaelo resort a Shengjin

A Shengjin l’hotspot è ancora vuoto ma, almeno, un paio di resort si sono riempiti. Dentro ci sono le forze di polizia italiane coinvolte nell’attuazione del protocollo Roma-Tirana per la detenzione oltre Adriatico dei richiedenti asilo. Tra l’Hotel Comfort e il Rafaelo Executive, alberghi a 4 e 5 stelle, c’è posto per 295 agenti. Le strutture appartengono alla Rafaelo Resort e dispongono di spiaggia privata, centro benessere, piscina e ristorante. Per il vitto è anche possibile, in via esclusiva, mangiare presso il Comfort Family. Al termine dei lavori di edificazione altri alloggi saranno ubicati nel Rafaelo Lake. In totale fanno 9 milioni di euro per una spesa «unitaria giornaliera onnicomprensiva di 80 euro».

NON POCO PER un paese con un costo della vita molto più basso rispetto all’Italia. La convenzione dura 12 mesi, ma non è chiaro se sia il risultato di un bando pubblico. Tutti i dettagli sono contenuti nei documenti del ministero dell’Interno, dipartimento della Pubblica sicurezza, visionati dall’agenzia LaPresse che ieri ha dato la notizia.

Sono cifre che si vanno ad aggiungere ai costi astronomici, tra 700 milioni e un miliardo di euro in cinque anni in base alle diverse stime, del progetto Albania. Progetto su cui la premier Meloni ha puntato tutto. I soldi, a giudicare dalla rivelazione, andranno versati in ogni caso, ma il Viminale fa trapelare che si tratta solo di massimali da verificare in base alle presenze effettive. Tra l’hotspot di Shengjin e i centri detentivi di Gjader, comunque, rischia di non essere recluso nessuno dal momento. Almeno il governo sembra non aver trovato vie d’uscita efficaci dal cul de sac sul tema dei paesi di origine sicuri. La classificazione – contestata dalla Corte di giustizia Ue e dai tribunali di Roma, Bologna e Catania – rappresenta il presupposto dello svolgimento dietro le sbarre dell’iter per la protezione internazionale.

«ALLE VIOLAZIONI dei diritti umani di un’operazione che la giustizia ha già bollato come illegittima si aggiunge l’enorme spreco di denaro», attacca la segretaria dem Elly Schlein. «Uno scandalo. Pur di non perdere la faccia sono disposti a continuare a perdere soldi degli italiani», dice Filiberto Zaratti, capogruppo di Avs nella commissione Affari costituzionali della Camera. «Altro che scenetta con la calcolatrice nel salotto televisivo di Bruno Vespa: Meloni ha sbagliato tutti i conti anche sui centri di detenzione per migranti d’oltre Adriatico», afferma il deputato e segretario di +Europa Riccardo Magi. Pure il leader di Italia Viva Matteo Renzi, distintosi dal resto dell’opposizione per l’idea che il problema non abbia a che fare con i diritti fondamentali ma sia solo di natura economica, ne approfitta per attaccare il governo: «Poliziotti e carabinieri servono in stazioni, periferie e strade italiane. Non nei resort albanesi al costo di milioni di euro».

Dalle parti della maggioranza nessuno commento la notizia, che ha riacceso le rivendicazioni del sindacato della polizia penitenziaria Uilpa. Il segretario Gennarino De Fazio denuncia la differenza di trattamento del corpo che rappresenta: «Per polizia resort, per penitenziaria container». Gli agenti della seconda, infatti, dormono nelle strutture prefabbricate

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