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Nella foto: Manifestazione degli studenti a Milano contro le riforme del governo. Via @Getty Images

Oggi un Lunedì Rosso dedicato all’oppressione.

Quella che, secondo la rivista israelo-palestinese 972mag, è prevista nel presente e nel futuro che l’ultradestra israeliana immagina per Gaza.

L’oppressione che deriva dalle piccole e grandi discriminazioni che avvengono nelle discipline sportive, ne parla nel suo libro “Corpi che contano” la scrittrice Nadeesha Uyangoda.

Opprimere è una prerogativa di chi ha potere, così come è un diritto resistere all’oppressione.

Si prepara per dicembre a Roma una grande manifestazione nazionale contro il ddl Sicurezza, provvedimento ritenuto liberticida da molte anime della società. 

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Dopo gli scontri tra polizia e studenti «Prima si incita alla rivolta, poi si aggrediscono i poliziotti, poi si spara». Dopo il «No Meloni day» il ministro Nordio agita lo spettro degli anni di piombo e ordina ai magistrati «severità contro questi banditi». E sull’autonomia Calderoli spera che l’opposizione «taccia per sempre»

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio Il ministro della Giustizia Carlo Nordio – Mauro Scrobogna /LaPresse

Il ruolo richiederebbe prudenza, almeno un minimo per permettere ai magistrati di svolgere serenamente il proprio lavoro. Non sembra però pensarla in questo modo il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ieri, facendo riferimenti agli scontri tra studenti e polizia avvenuti venerdì in occasione del «No Meloni Day», si è lasciato andare a qualcosa di più di un semplice commento: «Spero che la magistratura intervenga nei tempi più rapidi e nel modo più severo nei confronti di questi banditi che hanno ferito le forze dell’ordine». Parole che vengono lette dall’opposizione come un’indicazione alle toghe su come agire, tanto da spingere il deputato di Avs Angelo Bonelli a chiedere «con quali poteri il ministro Nordio possa impartire ordini alla magistratura».

Il Guardasigilli parla a Stresa dove si trova per il forum organizzato dalla Fondazione Iniziativa Europea. E a margine dei lavori si lascia andare a una serie di considerazioni a 360 gradi. A cominciare dalla decisione presa dalla Consulta sull’Autonomia differenziata, che il Guardasigilli giudica «equilibrata, se si chiede se impedirà il referendum, ’a spanne’ direi di sì». Proseguendo poi con i provvedimenti di annullamento dei trattenimenti di migranti in Albania («Secondo noi vi è una assoluta carenza di motivazione») per finire parlando di una presunta caduta della credibilità dei magistrati («Vera a falsa che sia, l’opinione che hanno i cittadini è che alcuni di questi magistrati non siano imparziali ma condizionati politicamente dai propri pregiudizi»).

Ma è su quanto accaduto venerdì, e in modo particolare sugli scontri di Torino, che il ministro usa le parole più dure arrivando ad agitare lo spettro degli anni di piombo: «Data la mia età, ho visto come è nato il terrorismo, proprio a Torino», dice. «Hanno iniziato così, prima si incita alla rivolta, poi si aggrediscono i poliziotti poi si fa il gesto della P38 per strada e poi però si spara. Quindi l’intervento deve essere efficace. Non ci sono attenuanti per chi aggredisce le forze dell’ordine».

Farò tesoro degli indirizzi che usciranno dalla sentenza della Consulta, mi auguro poi le opposizioni taceranno e mi auguro taceranno per sempre Calderoli sull’automonia

Parole che inevitabilmente suscitano la reazione da parte delle opposizioni. Il primo a rispondere è Angelo Bonelli: «Nordio è riuscito a evocare lo spettro del terrorismo parlando delle manifestazioni degli studenti che manifestavano per lo stop ai tagli alla scuola e contro la violenza a Gaza e per loro il ministro ha chiesto alla magistratura pene severe. Io mi chiedo con quali poteri il

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«Poche risposte esaustive, seppure dobbiamo evidenziare la grande disponibilità dimostrata dal sindaco e dagli altri componenti della giunta ad aprire un tavolo di dialogo e di confronto».

Lo riferisce Elena Gallina, presidente del Comitato Fluire Lamone, dopo un incontro in municipio, in rappresentanza dei residenti alluvionati delle località tra Faenza e Russi: Pieve Cesato, Prada, Albereto, Granarolo, Basiago, Saldino, Ronco, Pieve Corleto, San Giovannino, San Barnaba, Formellino.

«Purtroppo – continua - le nostre 17 istanze sono state ritenute complesse e articolate, pertanto non è stato possibile ricevere risposte immediate essendo necessario il coinvolgimento di uffici e tecnici comunali e di altri enti a cui sono state inoltrate». Tra le richieste vi era di poter accedere a determinati atti, avere visione di cartografie e piani relativi a ripristini e manutenzioni, sapere quali sono le aree attenzionate maggiormente vulnerabili, chi fa i controlli, che iter seguono le segnalazioni. In merito agli interventi di somma urgenza si sarebbe voluto visionare un prospetto riepilogativo delle opere svolte: tipologia, chi li ha fatti, dove e come, dettagli delle spese.

«A proposito di mappe e carte – spiega Elena Gallina - siamo stati dirottati al sito della Regione. Per le segnalazioni di criticità degli argini (compresa pulizia da vegetazione) il Comune ha assicurato che saranno girate agli uffici competenti, che però non forniscono risposte, pertanto noi non abbiamo nessun riscontro, questo anche perché in Regione ci sarebbero solo 50 persone a gestire tale settore. Insomma c’è abbastanza scaricabarile: noi segnaliamo al Comune, il Comune le passa alla Regione, la Regione non ha personale e gli esiti non arrivano e non si sa se viene dato corso a quanto segnalato».

Sulla valutazione dei rischi nel tratto di competenza, il Comitato ha capito che «tale compito non compete all’Amministrazione comunale, che si muove solo per i casi più urgenti e gravosi al solo fine di visionare e rendicontare ad altri organismi (Regione, Autorità di Bacino, Consorzio di Bonifica), comunque senza ricevere anche in questo caso nessun feedback».

La percezione della presidente Elena Gallina è stata quella di «essere sospesi in un tempo che racchiude tante mancanze con l’Amministrazione che comunque si è dichiarata fiduciosa della futura gestione regionale». E prende atto dell’attuale «mancanza di risorse per il personale di controllo del territorio. Ciò che ci è stato assicurato è che il Comune si farà portavoce delle nostre istanze e pianificherà un tavolo per tutte quelle azioni collaterali ai piani speciali e manutenzione ordinaria. Piani speciali che vedrebbero le prime azioni sui territori di Modigliana, alla confluenza Marzeno Lamone e Montone a monte attraverso aree di tracimazione controllata e servitù di allagamento».

Vi è delusione perché «per i prossimi tre anni nessuna azione strutturale importante riguarderà il tratto di fiume considerato dal Comitato». Questo però non scoraggia i residenti che annunciano la loro partecipazione alla manifestazione programmata per il 24 novembre a Ravenna.

 
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 Il sindaco di Faenza Massimo Isola con la presidente facente funzioni della Regione Irene Priolo

Tutti uniti per ripartire. Si avvia una nuova fase di collaborazione tra l’amministrazione comunale di Faenza e i Comitati degli alluvionati. Infatti, dopo un periodo di confronto e ascolto reciproco, è stata definita una strategia condivisa per affrontare le problematiche emerse a seguito degli eventi alluvionali di maggio 2023 e settembre 2024.

Quattro tavoli di lavoro

Al fine di garantire una gestione più efficace e maggiormente partecipata delle diverse tematiche, sono stati istituiti quattro tavoli di lavoro specifici così divisi:

Ristori e compensazioni: Valutazione delle problematiche di gestione dei percorsi di erogazione dei ristori finalizzata alla riduzione dei tempi e alla semplificazione delle procedure; supporto ai cittadini nella gestione delle pratiche, diffusione delle informazioni sulle norme di nuova emanazione e/o sulle modifiche delle stesse e proposte di intervento su ambiti specifici.

Rete fognaria e relativa manutenzione e riorganizzazione: Analisi dello stato della rete fognaria, individuazione delle criticità e valutazione dei progetti per interventi di miglioramento e potenziamento.

 

Sicurezza del territorio/idraulica: Confronto sulle cause degli eventi alluvionali, analisi delle criticità idrauliche e definizione di proposte per la prevenzione e la mitigazione del rischio.

Protezione Civile e piani di emergenza: Aggiornamento collettivo sulle ultime norme nel settore; acquisizione e valutazione dei nuovi piani di emergenza comunale in raccordo con il contesto dei rischi territoriali, analisi delle procedure esistenti e proposte, informazione e sensibilizzazione della popolazione.

Ogni tavolo sarà composto da un rappresentante dell’amministrazione comunale, da tecnici comunali, da tecnici esterni nel caso di necessità e da due rappresentanti dei Comitati degli alluvionati.

 

Le date delle prime riunioni sono già state fissate.

“Siamo convinti - sottolineano dall’amministrazione comunale e i rappresentanti dei Comitati - che la collaborazione tra istituzioni e i cittadini sia fondamentale per affrontare questa emergenza e costruire un futuro più sicuro per Faenza. Questi tavoli di lavoro rappresentano un primo passo concreto verso questa direzione”

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«I poteri dello Stato rispettino i limiti». Di fronte a una maggioranza che rompe gli argini e criminalizza chi non si allinea, il presidente Mattarella è costretto a intervenire ancora. Con sempre maggiore chiarezza: «Ho promulgato anche leggi che non condividevo, ma era il mio dovere»

Un messaggio al governo che sconfina. E il presidente sottolinea: «Ho promulgato leggi che ritenevo sbagliate, era mio dovere»

Sergio Mattarella foto Ansa Sergio Mattarella – foto Ansa

«Ciascun potere e organo dello Stato deve sapere che ha limiti che deve rispettare. Gli organi dello Stato non sono fortilizi contrapposti che cercano di strappare territorio l’uno all’altro. Essere arbitro significa ricordare a tutti i limiti delle proprie attribuzioni e delle sfere in cui operano e ciò vale per il potere legislativo, esecutivo e giudiziario». Con i modi inappuntabili di sempre e la puntigliosa attenzione alla correttezza istituzionale che gli è propria, rispondendo alle domande degli studenti nell’evento organizzato dall’Osservatorio giovani editori, Sergio Mattarella picchia durissimo. E prosegue sullo stesso tono: «È importante che nessun organo dello Stato abbia troppo potere. Il contenimento nei propri limiti è fondamentale così come il controllo esercitato dagli organi imparziali, che indicano i limiti di ciascun potere».

NON SONO PAROLE estemporanee. Mattarella dice quel che aveva già deciso di dire a prescindere dalle domande degli studenti. Per pronunciare le parole più importanti della giornata si attacca a una domanda che in realtà era quasi su altro. Ma nelle scelte del presidente nulla è mai casuale. Tre giorni fa, dopo l’invasione di campo di Elon Musk, aveva optato per una dichiarazione ufficiale fortissima proprio perché pubblicata sul sito del Quirinale ed era stata questa “solennità” a mandare fuori dai gangheri la premier. Il giorno dopo aveva dato una mano a Raffaele Fitto, appoggiando la sua contrastata corsa alla vicepresidenza della Commissione europea, per dimostrare che il Colle non è mai di parte se non a favore dell’interesse del Paese.

Lo ripete anche agli studenti: «La dialettica politica deve tener conto dell’interesse nazionale». Ma per staffilare il governo, la sua tendenza a dilagare molto oltre i propri limiti istituzionali, la sua pretesa di dettare legge agli altri organi dello Stato, preferisce una sede rigorosamente informale. In modo da lanciare un segnale preciso ma senza esasperare la polemica.

I SEGNALI IN REALTÀ Sono due, perché il capo dello Stato si sofferma anche e a lungo sul ruolo della stampa e dell’informazione: «L’informazione non è un prodotto: è un bene essenziale. La libertà di informazione è l’ossigeno della vita democratica. Ma servono regole per difendere i cittadini da notizie artefatte. Serve consapevolezza per rimuovere il rischio che le notizie siano filtrate da preconcetti o algoritmi». È anche questo un messaggio rivolto però a un intero sistema politico che sempre più si basa sulla manipolazione delle informazioni permessa dai social e dal controllo sui social. Forse è una coincidenza che parole simili siano spese pochi giorni dopo la durissima replica a un tycoon che partecipa da protagonista al controllo dell’informazione sui social. Forse però, anzi probabilmente, non lo è affatto.

IL PRESIDENTE RISPONDE a domande precise, tornando però su temi che negli ultimi tempi aveva già toccato più volte ma stavolta in modo ancora più esplicito. «Il presidente non promulga solo le leggi che gli piacciono. Mi è capitato più volte di promulgare leggi che non condividevo affatto perché questo era il mio dovere. Il presidente non promulga solo leggi di evidente incostituzionalità, non basta un dubbio altrimenti usurperei i compiti della Corte costituzionale». In dieci anni di mandato, quelle leggi firmate “controvoglia” sono state certamente molte e partorite da governi di segno opposto. Ma oggi è impossibile evitare che vengano in mente per prime quelle sull’immigrazione del governo in carica che

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Potere assoluto L’estremista trumpiano nominato alla Giustizia, anche per testare i limiti della fedeltà dei repubblicani

Il neo eletto presidente degli Stati uniti Donald Trump Il neo eletto presidente degli Stati uniti Donald Trump – Alex Brandon /Ap

«Meglio le scarpe da clown», ha commentato qualcuno in un post sulle ultime nomine di Trump, «che gli stivali da gerarca». Ma ad oggi la rosa di nomi che vanno completando l’organico del prossimo governo Trump sembrano corrispondere un po’ ad entrambe le categorie. A ideologi di ferro come Stephen Miller, architetto della tolleranza zero sovranista (e sgherri come Tom Homan, specialista della sottrazione di figli ai richiedenti asilo), si sommano personaggi che sembrano avere un ruolo principalmente provocatorio.

A QUEST’ULTIMA categoria sembrerebbe appartenere Matt Gaetz, fedelissimo parlamentare della Florida che ha ricevuto l’investitura di nuovo ministro di giustizia da reduce di un’inchiesta giudiziaria (successivamente archiviata) per una storia di presunte feste a base di droga e minorenni.

Il futuro attorney general (e presumibile strumento delle rappresaglie giudiziarie contro gli avversari politici di Trump) è stato membro irriducibile della corrente Maga ed esponente di spicco del drappello che, assieme alla collega Marjorie Taylor Greene, si è messo in luce spesso per gli insulti e schiamazzi lanciati in aula durante i discorsi alla camera del presidente Biden. Ma la principale opera ostruzionista di Gaetz è stata contro le correnti del suo stesso partito ritenute non sufficientemente militanti, fra cui la destituzione dell’ex presidente repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, reo di aver concordato compromessi eccessivi coi democratici. Il ruolo di “guastatore parlamentare” è stato efficace al punto da valergli l’antipatia di un numero consistente di senatori che saranno preposti alla ratifica della sua nomina. Quel voto promette di essere una prova di forza fra i presiedente entrante e le residue sacche di resistenza nell’ala moderata del Gop.

ALLA DIFESA è stato designato il quarantaquattrenne conduttore televisivo Pete Hegseth, la cui competenza in affari militari sembra limitata ad alcuni anni di servizio nella guardia nazionale. La nomina a dirigere il complesso militare industriale della superpotenza, con più di 3 milioni di dipendenti ed un budget di $850 miliardi di dollari, ha suscitato notevole scalpore al Pentagono dove Politico ha raccolto commenti di altolocati ma anonimi funzionari che sono andati dal lapidario «E chi c**zo è?!» al «Non lo metterei alla guida neanche di Wal Mart».

Ma il dissapore è considerato da Trump come indicatore dell’efficacia di una programmata “decostruzione” della direzione eccessivamente “woke” dell’esercito. Il Wall Street Journal segnala a riguardo la prossima creazione di una commissione per l’epurazione di generali inadempienti. Una annunciata purga delle forze armate che non può che rimandare ad insediamenti di leader autocratici.

HEGSETH (che reca sul petto un vistoso tatuaggio della croce di Gerusalemme, simbolo dei crociati) è anche adepto della setta cristo-nazionalista dei reconstructionist che perora la riconquista della terra santa e la legge di Dio in terra. La sua nomina è quindi in sintonia con quella di Mike Hucakbee, designato prossimo ambasciatore Usa in Israele. Anche nel curriculum di Huckabee figurano contratti televisivi con la Fox (e una lunga carriera da telepredicatore). Ferreo sostenitore della predestinazione “biblica” dello stato israeliano. Huckabee rappresenta quel “sionismo cristiano” per i quali l’annessione di Giudea e Samaria (la Cisgiordania) è precondizione necessaria (dopo la demolizione della spianata delle moschee) per il ritorno del Messia. Con queste premesse il futuro ambasciatore può considerarsi a tutti gli effetti un ministro aggiunto del governo di Benjamin Netanyahu, ed affidabile partner nell’opera si pulizia etnica e annessione dei territori.

L’ULTIMA INTEGRANTE della squadra geopolitica annunciata da Trump è Tulsi Gabbard che diventerà direttrice della National Intelligence, la cabina di regia creata a suo tempo da Bush per coordinare le attività di tutti i servizi americani. Nelle sue competenze rientra la sovrintendenza di una dozzina di agenzie fra cui Cia, Fbi, intelligence militare (Nsa e Dia) e l’antidroga Dea. Hawaiana di fede induista e reduce militare, Gabbard ha sostenuto la campagna Trump con lo zelo dei convertiti. In passato è infatti stata parlamentare democratica e addirittura sostenitrice di Bernie Sanders, fautrice di un non-interventismo non senza una sua logica pacifista. La sua conversione è anch’essa passata da un ruolo di commentatrice a Fox News che l’ha portata ad adottare posizioni complottiste sullo stato profondo ed il «razzismo anti bianco» dell’esercito. Il suo attuale isolazionismo l’ha avvicinata a despoti come Assad e Modi, e portata e a pozioni filo russe, filo israeliane e anti palestinesi

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