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Regione al voto Orlando sul palco a Genova con tutti i leader progressisti: «La destra mi accusa per aver fatto il ministro, mentre plaude a chi ha patteggiato». Schlein regista della coalizione: «Ci completiamo». Calenda: «Andrea più bravo di Bucci». Bonelli: «Da qui viene l’impulso per mandare a casa l’attuale governo»

Genova, comizio di chiusura della campagna elettorale di Andrea Orlando Genova, comizio di chiusura della campagna elettorale di Andrea Orlando – Fabio Bussalino /Ansa

Poco più di mille metri separano i due auditorium di Genova dove i big di centrodestra e centrosinistra si sono ritrovati ieri per chiudere la campagna elettorale per le regionali in Liguria, al voto domani e lunedì.

E la notizia è che, mentre Meloni e suoi celebravano i due anni dalla presa di palazzo Chigi, al teatro Politeama per la prima volta dal 2022 si è visto qualcosa che somiglia a una coalizione alternativa alle destre.

Baci e abbracci, tutti a loro agio nella foto di gruppo, un Orlando che si è sciolto fino alla commozione mentre usciva a salutare le centinaia di persone che erano rimaste fuori.

INSIEME AI LEADER giallorossi c’è pure Calenda collegato via skype che bastona il candidato delle destre Marco Bucci: «Ha fatto una campagna aggressiva e populista, altro che liberale, Andrea è molto più bravo e serio di lui».

Schlein approfitta del suo momento d’oro, il feeling con il popolo di centrosinistra è alto, e si cala – come sognava da ragazza – nei panni della regista della coalizione. Parla per ultima, prima dell’appello finale di Orlando, e benedice ecumenicamente gli alleati: «Su questo palco si completano accenti e sensibilità, ognuno porta il suo valore aggiunto per un progetto di cambiamento concreto».

I temi affrontati da Orlando nella campagna sono quelli cari a Schlein, ma anche a Conte e Avs: sanità pubblica, salario minimo «per tutte le imprese che vorranno partecipare alle gare della regione», sostengo ai pensionati sotto i 1000 euro «per pagare le bollette e la spesa».

TOCCA ALLA LEADER PD rispondere in diretta a Meloni, sui conti della sanità: se la premier ha invitato i leader delle sinistra a «usare la calcolatrice», Schlein replica: «È lei che da giorni sta dando i numeri, e mente sapendo di mentire: con questa manovra la spesa per la sanità tocca il record negativo degli ultimi 15 anni».

È sempre a lei rintuzzare Bucci su uno dei temi che ha scaldato questi ultimi giorni, le frasi del sindaco sul dovere di fare figli: «Vuole relegare le donne a uteri viventi, ma il valore delle donne per la società non si misura dal numero di figli che fanno».

In tanti, a partire dalle vicesegretaria di Azione Elena Bonetti, ricordano la contraddizione di una destra che «chiede di fare più figli mentre taglia asili e servizi per l’infanzia».

GIUSEPPE CONTE PRENDE per le corna il tema della questione morale. E se Salvini pochi minuti prima aveva detto che dell’esperienza di Toti «non rinneghiamo nulla», il 5 stelle lo infilza: «Quello era un sistema marcio e da cancellare, noi vogliamo un governo trasparente che persegua l’interesse pubblico, non degli amichetti». Niente moralismi e gogne mediatiche, dice Conte. «Ma serve un sano senso civico. Qui in Liguria chi governava ha ascoltato solo qualche imprenditore amico, non i cittadini. E così ha danneggiato gli altri». Come «il politico che fa il favore e si fa finanziare la campagna, danneggia tutti noi politici che facciamo campagna onestamente».

Anche il verde Bonelli chiede di «cancellare un sistema affaristico», e ricorda come «la più grande infrastruttura da realizzare» sia «la messa in sicurezza del territorio, soprattutto in una regione fragile come questa».

Fratoianni rivendica le differenze tra i due poli che in questa giornata appaiono più evidenti del solito: «Sì, noi siamo contro il lavoro e la precarietà, e abbiamo un’altra idea della sanità: essere contro questa destra è un formidabile programma politico».

POCO DISTANTE, BUCCI INSISTE sul fatto che «questa sinistra è divisa e vuole solo ritornare al potere», e così fanno anche Tajani e Salvini.

Sulla Liguria però si registra una consonanza vera tra le forze del centrosinistra. Al punto che Calenda dà inusualmente ragione a Conte sull’etica pubblica: «Gli incontri con gli imprenditori si fanno nelle sedi istituzionali e si rendono pubblici. Un vero liberale mette tutte le imprese nelle condizioni di competere alla pari».

ORLANDO TOCCA CORDE insolite: «In queste settimane ci avete voluto bene. Vado in un campo che non frequento facilmente: voglio rispondervi che io vi voglio bene», dice agli oltre mille militanti arrivati al Politeama nonostante la pioggia torrenziale. E sfida le destre: «Mi accusano perché ho fatto il ministro: per loro è una colpa mentre patteggiare per corruzione è un merito. Dicono che Bucci è un uomo delle multinazionali e io un uomo di partito: sono fiero di esserlo». E ancora: «Nessuno ha mai potuto dire che ho usato le istituzioni per interessi personali, loro non lo possono dire».

E lancia un appello agli operai di Genova: «Facciamo della Liguria di nuovo una grande realtà industriale, sostenibile e moderna». E una legge contro il consumo di suolo.

Cita tante vicende locali, a partire dallo stadio Marassi: «Certo che voglio ristrutturalo, ma voglio che non si facciano speculazioni».Si riferisce a una proposta della giunta comunale guidata da Bucci, per privatizzarlo affidandolo alla stessa società che aveva acquisito il palasport (poi ricomprato dal Comune a una cifra più alta).

Temi locali che convivono con la portata di una sfida che è diventata principalmente nazionale, quasi un’anteprima delle prossime politiche. Bonelli lo dice chiaramente: «Da qui arriva l’impulso per un’alleanza forte che deve mandare a casa questa destra che attacca i poteri dello Stato».

Schelin non si sottrae. A Meloni che ricorda come «oggi la disoccupazione è la più a più bassa dai tempi di Garibaldi», lei risponde: «Lasci stare gli eroi repubblicano e si preoccupi dei suoi amici nostalgici repubblichini».

Sipario al politeama sulle note di Volta la carta di Fabrizio De Andrè. Per dire che il campo resuscitato sembra credere alla possibilità di voltare pagina. Prima in Liguria e poi a palazzo Chigi

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Tagli dichiarati e tagli occulti: l’Università colpita al cuore dalla legge di bilancio e dalla “riforma” che stabilizza solo il precariato. I ricercatori si mobilitano: in 10 anni già 15mila hanno dovuto lasciare l’Italia. Anche gli enti locali fanno i conti: servizi sociali a rischio

Delitto di studio Mobilitazione nazionale alla Sapienza: «I tagli di Bernini colpo letale per gli atenei». Da quando si è insediata, la ministra non ha mai incontrato i ricercatori. E tace sulla protesta

Firenze, corteo degli studenti Firenze, corteo degli studenti – Carlo Ferraro /Ansa

«Si tratta di una cassetta degli attrezzi a disposizione delle università». Così la ministra dell’Università e Ricerca, Anna Maria Bernini, aveva presentato a giugno scorso la bozza di riforma del pre ruolo negli atenei. «Ma dalla cassetta degli attrezzi ha tirato fuori solo le forbici», rispondono ricercatori, dottorandi e assegnisti di ricerca che ieri si sono riuniti a Roma nell’assemblea nazionale di Novantapercento, coordimento che racchiude gruppi come Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca), Link, Arted, Primavera degli studenti, Flc Cgil e Uds. Altre assemblee si sono tenute nelle scorse settimane a Padova, Torino, Milano e alla Normale di Pisa contro la «precarizzazione istituzionalizzata» del comparto università e ricerca.

«LA RIFORMA BERNINI non fa che peggiorare la situazione di chi lavora nell’università con contratti precari, reintroducendo assegni di ricerca con meno diritti, nessuna previdenza e stipendi potenzialmente più bassi. È stato eliminato il tetto massimo di anni con il rischio di una precarietà senza fine», spiegano i ricercatori che affollano la sala del dipartimento di Biochimica: 500 lavoratori degli atenei di tutta Italia hanno lanciato la mobilitazione al termine di un percorso durato 4 mesi. «Il ddl 1420 è l’ennesimo attacco ai diritti e alla dignità di chi fa ricerca in Italia. Il 90% di chi dedica la propria vita a generare innovazione e cultura viene sistematicamente espulso dall’accademia, lasciato senza tutele e senza prospettive – spiegano -. Il “variegato al precariato” è la realtà amara che ci viene servita ogni giorno da chi vuole un futuro basato sullo sfruttamento». «Se non si agisce ora – ragionano – l’unica cosa variegata sarà il sapore dell’espulsione per tutti».

LO SA BENE LUDOVICA, archeologa con un assegno di ricerca che scade a febbraio: «Non ho idea di cosa succederà dopo ma già ora se chiedo un mutuo la banca me lo rifiuta perché non è una forma contrattuale riconosciuta». Lo sottolinea, spiega, perché è diffusa la convinzione che lavorare all’Università sia un privilegio mentre in realtà è «sfruttamento e lavoro povero».

La spesa universitaria è un investimento. Investire sui giovani dovrebbe essere una politica fondamentaleGiovanna Iannantuoni (presidente Crui)

Nicola è assegnista dell’Orientale di Napoli e fa parte di Restrike, una rete nata per tutelare i precari dal rischio di espulsione dal sistema universitario. «Il governo usa la retorica del talento e della perenne formazione perché non ci pensa come dei lavoratori – attacca -. Non c’è nessun prestigio in questo mestiere. Noi vogliamo essere riconosciuti come lavoratori, essere stabilizzati». Gli fa eco Giuseppe, dottorando in Scienze Politiche a Firenze: «Moltissime università italiane si sostengono sul lavoro gratuito dei dottorandi, è importante che gli italiani percepiscano che il precariato dei ricercatori rappresenta la morte del diritto di studio e dell’università di massa». Mentre Rossana al microfono denuncia «l’approccio padronale della riforma». «Tranne per le figure che insisteranno sulle spese del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), tutto verrà assegnato extra concorso per nomina diretta del rettore, in pratica viene reistituzionalizzato il baronato».

Una lezione all’Università di Camerino
Una lezione all’Università di Camerino, foto di Angelo Emma /LaPresse

È VERO CHE LA MANOVRA disegnata dal governo di destra ha tagliato in tutti i settori ma i lavoratori della conoscenza insistono anche sul dirottamento delle risorse, già esigue, nel comparto militarizzazione e sicurezza. «Basta chiamarci giovani – dice Federico – siamo gente che vorrebbe farsi una famiglia o ha avuto l’incauta idea di farsela, 15 mila ricercatori negli ultimi 10 anni hanno lasciato l’Italia: la fuga dei cervelli fa parte di un disegno politico, è grave e destabilizzante per il sistema, lo priva di persone dinamiche e capaci». L’assemblea si scioglie con l’appello alla partecipazione allo sciopero del 31 ottobre, indetto dalla Flc Cgil, alla mobilitazione del Cnr (5 novembre) e alla manifestazione studentesca del 15. «Chiediamo alle forze politiche di incontrarci – commenta il vicesegretario dell’Adi, Davide Clementi – e di invertire subito la rotta, ritirando i tagli alla ricerca e al Cnr. In due anni – prosegue – Bernini non ha mai ricevuto le persone che svolgono quotidianamente il lavoro sul campo e che mandano avanti la ricerca».

IERI ANCHE LA PRESIDENTE della Conferenza dei Rettori (Crui), Giovanna Iannantuoni, nel ribadire di essere disponibili al dialogo con l’esecutivo, ha precisato: «Per crescere tutti sappiamo che dobbiamo lavorare sul capitale umano e l’innovazione, quindi la spesa universitaria non è una spesa ma un investimento: quello che dobbiamo fare è investire nei giovani, che non è retorica ma consiste nell’individuare in questo una politica fondamentale per il nostro governo»

 

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L'esercito: 'Colpite le strutture di produzione di missili. L'Iran pagherà un prezzo alto se risponderà all'attacco'. Usa, Iran cessi attacchi a Israele per fermare escalation

A general view of the capital city of Tehran, Iran, early 26 October 2024 © ANSA/EPA

 

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/10/26/israele-attacca-liran-in-risposta-ai-bombardamenti-del-1-ottobre_c38802a0-d049-48d9-a298-4a732dab36da.html

 

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L’esercito israeliano fa saltare in aria undici palazzi a Jabaliya, è un massacro: 150 tra uccisi e feriti. Dopo venti giorni di assedio, decine di migliaia di palestinesi espulsi dal nord di Gaza: rifugi dati alle fiamme, arresti e fuoco sugli ospedali. Il Piano dei Generali è in corso

Invado avanti L’esercito israeliano fa saltare in aria 11 palazzi: 150 tra morti e feriti. Colpito il Kamal Adwan. 17 uccisi in una scuola a Nuseirat. In Libano uccisi 19 civili e cinque soldati israeliani

Massacro a Jabaliya. Fuoco sugli ospedali, migliaia in fuga da nord Gaza. La scuola di Nusseirat colpita ieri da Israele – gettyimage

Un massacro enorme, un bagno di sangue tra i peggiori subiti da Gaza da un anno a questa parte. Dal campo profughi di Jabaliya, sotto assedio da tre settimane, con le scuole e le case date alle fiamme per non far tornare gli sfollati, ieri sera giungevano notizie di nuovi orrori causati da un violento bombardamento aereo israeliano su una dozzina di case. Le vittime, tra cui bambini, sono almeno 100, ha riferito la Protezione civile palestinese, costretta a sospendere le operazioni nel nord di Gaza a seguito degli attacchi israeliani. «Si parla di oltre 100- 150 martiri e feriti e neppure noi possiamo intervenire per salvarli», ha avvertito un dirigente della Protezione civile.

Sotto il fuoco delle forze israeliane, c’erano ieri anche gli ospedali nel nord di Gaza. «Il nostro ospedale è stato preso di mira, siamo sotto tiro». Con tono concitato Hussam Abu Safiya, direttore del Kamal Adwan, denunciava ieri i colpi subiti dal suo ospedale dove sono ricoverati 150 feriti gravi, tra cui 14 bambini. «C’è un numero elevato di feriti e ne perdiamo almeno uno ogni ora a causa della mancanza di forniture mediche e di personale. Le nostre ambulanze non possono trasferire i feriti. Quelli che possono arrivare da soli cerchiamo di assisterli. Quelli che non ce la fanno muoiono per strada», ha aggiunto Abu Safiya. Fonti non ufficiali parlavano di raffiche sparate sui serbatoi dell’acqua e il reparto di terapia intensiva del Kamal Adwan. Israele non ha commentato la notizia. Non è la prima volta in queste ultime settimane, ricordano i palestinesi, che gli ospedali vengono attaccati.

Da 20 giorni è un inferno da nord fino alla periferia del capoluogo Gaza city. Il portavoce militare fa sapere che «200 palestinesi sospetti» sono stati arrestati. Decine li abbiamo visti in video, in fila, ammanettati, lasciati in mutande, tra le rovine di edifici sventrati dalle bombe, di fatto costretti a dichiarare ad alta voce «odio e rabbia» nei confronti di Hamas «unico responsabile della distruzione di Gaza», prima di essere portati via.

Questo mentre il bilancio dei palestinesi uccisi dal 7 ottobre 2023 sale veloce verso 43mila e decine di migliaia di civili fuggono dal nord verso il centro e il sud di Gaza, senza cibo e con pochissima acqua perché gli aiuti umanitari arrivano da settimane con il contagocce. Uno sfollamento pianificato, lo provano i bombardamenti incessanti e i continui ordini di evacuazione. Non è marginale, peraltro, che il premier Benyamin Netanyahu si sia rifiutato di negare che l’intenzione di Israele sia svuotare il nord di Gaza della sua popolazione per

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Dal territorio dell’Unione dei Comuni della Romagna faentina, tramite la piattaforma Sfinge, sono arrivate 348 domande di rimborso da parte di privati per i danni da alluvione del 2023, un quarto di quelle di tutta l’Emilia-Romagna. Ma le pratiche depositate sono “ben al di sotto delle aspettative”, per “un generale senso di sfiducia”. A evidenziarlo è la stessa Unione dei Comuni, dopo l’incontro di ieri al cinema Sarti di Faenza, tra cittadini e struttura commissariale proprio sui rimborsi ai privati e alle aziende dopo i danni degli eventi alluvionali del maggio dell’anno scorso. Incontro seguito peraltro da circa 200 persone in presenza e 150 collegate on line. “Ancora una volta - certifica inoltre l’Unione - l’incontro ha evidenziato alcune farraginosità sull’intero sistema dei rimborsi che possono essere individuate nella lungaggine delle procedure e nella difficoltà a reperire periti certificatori”.

Le domande

La fotografia dei dati dei rimborsi aggiornati al 15 ottobre vede appunto 348 domande arrivate all’ufficio emergenza, di cui 25 da Brisighella, cinque da Casola Valsenio, 35 da Castel Bolognese, 239 da Faenza, sette da Riolo Terme e 37 da Solarolo. E a fronte di un contributo totale richiesto di quasi 17 milioni, la struttura commissariale ne ha erogati 5,2, certifica l’Unione. Inoltre, delle 348 domande, per incompletezza di documenti sono state richieste integrazioni per 72 istanze.

Passando alle aziende, sono 140 le domande presentate tramite Sfinge: 26 da Brisighella, 11 da Casola Valsenio, 15 da Castel Bolognese, 67 da Faenza, dieci da Riolo Terme e nove Solarolo. Qui, a fronte di un contributo per risarcimento danni richiesto di 18,8 milioni di euro, quello erogato è stato di 2,6 milioni di euro, chiarisce l’Unione

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Colpita l’azienda aerospaziale Tusas Almeno 4 le vittime. La Nato esprime solidarietà alla Turchia

Attentato a Ankara, il governo di Erdogan punta il dito sul Pkk Smoke raises as emergency rescue teams and police officers attend outside Turkish Aerospace Industries Inc. on the outskirts of Ankara, Turkey, Wednesday, Oct. 23, 2024

Ieri, mercoledì 23 ottobre, c’è stato un attentato presso la fabbrica militare Tusas (Società anonima dell’industria aeronautica turca) di Ankara, in Turchia. Verso le ore 15:30, durante il cambio turno, tre persone armate hanno aperto il fuoco. Gli attentatori, in possesso di esplosivi, si sono scontrati con il personale armato all’ingresso della fabbrica. Sono state inviate squadre speciali, vigili del fuoco e soccorsi. Il ministro dell’Interno, Ali Yerlikaya, ha annunciato che due attentatori sono stati uccisi, con quattro vittime e quattordici feriti, tre dei quali in gravi condizioni.

DOPO L’ATTACCO, sono circolate immagini delle telecamere di sicurezza che mostravano chiaramente i volti degli attentatori mentre entravano nella fabbrica. Pochi minuti dopo, l’Autorità suprema per la radio e la televisione ha imposto il silenzio stampa, rendendo difficile l’accesso a social come X, Instagram e Facebook a causa della riduzione della banda.
La Tusas, fondata nel 1973, ha avviato nel 1984 una joint venture con gli Usa per la produzione di F-16. Nel 2005, unendosi a Tai, ha acquisito le azioni statunitensi, diventando «totalmente turca». Negli ultimi anni, l’azienda ha acquisito importanza grazie agli investimenti di Ankara nella produzione bellica, realizzando prodotti strategici come i droni armati Anka e gli elicotteri Atak, sviluppati dall’Agusta Westland AW129.

L’ATTENTATO di Ankara segue la storica dichiarazione di Devlet Bahçeli, leader del Partito del Movimento nazionalista (Mhp), che ha invitato Abdullah Öcalan, leader del Pkk, a parlare al gruppo parlamentare del Partito dell’uguaglianza e della democrazia del popolo (Dem), a patto che dichiari la fine della lotta armata e lo scioglimento del Pkk. Öcalan è in isolamento in un penitenziario a Imrali, condannato all’ergastolo con l’accusa di terrorismo e senza contatti con familiari o avvocati da quattro anni. L’invito di Bahçeli ha sorpreso e sollevato domande su un possibile dialogo tra il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e lo Stato turco.

LA TEMPISTICA dell’attentato ha suscitato sospetti tra i cittadini e nel mondo politico. Sezai Temelli, vicepresidente di Dem, ha dichiarato: «Il tempismo è significativo. La provocazione è evidente in ogni suo aspetto». Devlet Bahçeli, su X, ha scritto: «Nessun progetto sanguinoso e traditore potrà resistere alla nostra unità e fratellanza nazionale. Coloro che utilizzano il terrorismo come strumento oscuro non otterranno risultati e non potranno mai spezzare la nostra determinazione a combattere».
In serata è arrivato un messaggio da Selahattin Demirtas, detenuto politico condannato a 42 anni ed ex co-presidente del Dem: «Condanniamo l’attacco ad Ankara, offriamo condoglianze alle famiglie delle vittime e auguriamo pronta guarigione ai feriti. Non permetteremo che la voce di chi chiede la pace venga silenziata».

IL LEADER dell’opposizione, Özgür Özel, ha interrotto il tour che aveva organizzato nel sud-est della Turchia per attirare l’attenzione sui problemi delle popolazioni curdofone. Il suo partito, il Chp, ha convocato una seduta straordinaria del Comitato Esecutivo Centrale, e Özel ha condannato l’attentato con un messaggio su X.
Il Presidente della repubblica Erdogan, nel suo messaggio su X, ha affermato che l’attentato contro Tusas, una delle fabbriche militari più strategiche, è un attacco spregevole contro la sopravvivenza del Paese e le iniziative di difesa, simbolo dell’ideale di una Turchia indipendente.
I primi messaggi di solidarietà internazionale sono arrivati da Mark Rutte, segretario generale della Nato, dall’Ambasciata statunitense di Ankara, dal ministero degli Esteri armeno e da Olaf Scholz, cancelliere tedesco.
Pochi minuti dopo, il ministro della Difesa nazionale, Yasar Güler, ha dichiarato che dietro l’attacco ci sono i militanti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). L’attentato non è stato, finora, rivendicato da nessuna organizzazione.

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