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Ambiente Mancate bonifiche e sversamenti illeciti: a rischio la vita degli abitanti dei comuni tra Napoli e Caserta per l’inerzia delle autorità. Il ricorso è stato presentato 11 anni fa da 41 residenti e 5 associazioni

Terra dei fuochi, la Corte Ue condanna l’Italia Giugliano, la protesta dei comitati che chiedono le bonifiche – Alessandro Barone / Pacific Press

Undici anni dopo la presentazione del ricorso da parte di 41 cittadini residenti in quel territorio e di 5 associazioni, la Corte europea per i diritti dell’uomo sancisce che le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, l’area tra le province di Napoli e Caserta inquinata per decenni dall’interramento e dai roghi di rifiuti speciali e nocivi e dalle discariche abusive. L’Italia ha ora due anni per introdurre misure che risolvano l’emergenza sanitaria e ambientale. La Corte ha riconosciuto un rischio di morte «sufficientemente grave, reale e accertabile» che può essere qualificato come «imminente». Alessandro Cannavacciulo è stato uno dei promotori del ricorso alla Cedu ed è tra i volti più noti dei comitati proliferati in quel territorio per chiedere interventi volti a contrastare gli inquinatori e a bonificare le aree già contaminate.

VIVE AD ACERRA, il comune che ospita il termovalorizzatore recentemente riaggiudicato dalla regione ad A2A. E dove abitano i tre fratelli Pellini: furono condannati in via definitiva per disastro ambientale al termine del processo Carosello, il quale accertò lo sversamento e l’interramento nelle campagne tra le province di Caserta e Napoli di un milione di tonnellate di scarti industriali provenienti da Veneto e Toscana. Cannavacciuolo è figlio e nipote di due pastori: il gregge, che si manteneva con il pascolo vagante nelle campagne acerrane, risultò contaminato da elevati livelli di diossina. «Sono stati abbattuti – racconta Alessandro – 3.000 animali. Ci fu riconosciuto un indennizzo di circa 250mila euro, ma non lo abbiamo mai incassato perché non c’erano i soldi e nel frattempo papà e mio zio si sono ammalati e sono morti entrambi di tumore». Alessandro è convinto che la malattia sia stata provocata dalle condizioni ambientali deteriorate di alcune aree di Acerra.

«RISPETTO AD ALLORA – racconta – certamente oggi sono aumentati i controlli sul territorio ma gli sversamenti abusivi non si sono fermati. I roghi ancora si verificano e, soprattutto, le bonifiche sono incompiute. Ad Acerra restano inquinati i terreni, per esempio, di Calabricito, Lenza Schiavone, Langiolla. Sono state dilapidate risorse». Cita un esempio: «L’impianto che avrebbe dovuto disinquinare l’acqua di falda è costato 5 milioni di euro e non è mai entrato in funzione. Ormai è uno scheletro, è stato rubato tutto il possibile».

L’ESPRESSIONE Terra dei fuochi alla quale fa riferimento anche la Cedu è ormai entrata nella Treccani e nei documenti ufficiali della pubblica amministrazione, compreso il decreto legge 136 del 2013, che prevedeva la mappatura dei terreni, indagini ambientali sui livelli di inquinamento e sanitarie sulla popolazione dei comuni (ne furono individuarti 90 all’epoca, 56 in provincia di Napoli e gli altri nella provincia di Caserta), inasprimento delle pene per chi fosse stato sorpreso ad appiccare i roghi e intensificazione dei controlli finalizzati a prevenire e contrastare gli sversamenti illeciti. Il copyright spetta a Peppe Ruggiero, che ha sfornato per Legambiente decine di rapporti sulle ecomafie: «Era il 2003 – ricorda – e qui in Campania il fenomeno dei roghi tossici era tutt’altro che ignoto.

C’ERANO STATE già alcune inchieste, c’era lo spettacolo indegno dei fumi densi e maleodoranti che si innalzavano nelle campagne del napoletano e del casertano. E c’era stata già la vicenda di Mario Tamburrino, il trasportatore che fu ricoverato in ospedale e rischiò di perdere la vista, contaminato dalle sostanze che fuoriuscirono dai fusti che stava illecitamente scaricando a Villaricca, in provincia di Napoli. Al di fuori della Campania, però, la faccenda era misconosciuta o comunque sottovalutata». E ancora: «Inventai quella espressione, Terra dei fuochi, che è stata poi utilizzata anche per descrivere altre situazioni critiche. C’è una Terra dei fuochi in Brianza come nella Taranto avvelenata dall’Ilva».

CONTINUANO oggi gli sversamenti abusivi? «Rispetto ad alcuni anni fa – risponde Anna Terracciano, un’archeologa che vive ad Acerra e fa parte del circolo locale di Legambiente – ci sono maggiori controlli. Continuano però ad essere abbandonati in alcune aree copertoni delle auto, scarti della industria tessile, amianto, residui delle autofficine. Cumuli e strisce di centinaia di metri da incendiare». Sono la testimonianza dell’economia grigia (o nera) che smaltisce illegalmente i propri scarti. Evasione più danno ambientale. Un copione che si ripete in tutta la Penisola. Il Pd e i 5S hanno invitato il governo ad agire, la Lega ha addossato il fallimento al governatore De Luca. Il quale ha taciuto, ma ha lasciato campo libero al suo vice, il fedelissimo Fulvio Bonavitacola: «È stata avviata un’importante azione di bonifica. Dovrà proseguire nei prossimi anni per la numerosità dei siti contaminati nel passato».

 

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«Non mollo di un millimetro, gli italiani sono con me». Tranne «chi rema contro» e i magistrati «che vogliono governare». Meloni non va in parlamento ma trasforma il caso Elmasry in un continuo comizio su di sé. Il salvataggio del torturatore libico era «difesa della nazione»

Atto voluto La premier si collega con la platea amica di Porro e sferra nuovi attacchi ai magistrati. Tajani rilancia l’accusa di alto tradimento

Meloni replica lo show e alza i toni per evitare che si parli di Elmasry

 

Non è un fatto personale. Non è per se stessa che Giorgia Meloni è furiosa. «Io non sono né preoccupata né demoralizzata. Sapevo a cosa andavo incontro. Ma è alla nazione che è stato fatto un danno e questo mi manda ai matti». La strategia pianificata in un paio di vertici di maggioranza, anticipata dalla premier nel messaggio social di due giorni fa, si dispiega e a guidare le danze è ancora lei. Si presenta in collegamento allo spettacolo di Nicola Porro «La Ripartenza 2025», una platea che chiamarla amica è poco, e riprende i contenuti di quel messaggio. Ma con parecchi decibel in più, passando al comizio furibondo e alla denuncia di alto tradimento. Questo sono il procuratore Francesco Lo Voi, i magistrati «politicizzati» e chiunque «remi contro»: traditori della Patria. Accoltellano alle spalle la nazione.

L’ATTO INVIATO dalla procura di Roma a lei e ai ministri Nordio, Piantedosi e Mantovano «è stato un atto voluto, non dovuto: le procure hanno discrezionalità. A chiunque nei miei panni sarebbero cadute le braccia». Colpa di «alcuni magistrati», ma non tutti per carità, solo «alcuni» che «vogliono decidere tutto, vogliono governare e allora si candidassero». La sfidassero nelle urne perché tanto lei «non molla di un centimetro», non finché «la maggioranza degli italiani è con me».

LA PREMIER SA TENERE un comizio. Sembra trascinata da ira e sdegno, in realtà è fredda. Tra un’accusa rovente e uno strillo assordante quasi nessuno si accorge che dalla narrazione è completamente sparito il “generale” Elmasry. Il fattaccio all’origine di tutta la faccenda semplicemente non c’è più. Si parla di tutto, e se non lo fa la premier ci pensa il vice Antonio Tajani, tranne che di quel di cui si dovrebbe parlare: la fuga pilotata del torturatore. Il chiasso serve a tenere sotto schiaffo la magistratura, in particolare quella che deve decidere sui trasferimenti in Albania. Ma serve soprattutto ad affossare quel che non avrebbe mai dovuto emergere. La complicità italiana con il criminale libico e anche gli immondi accordi italo-libici che spiegano la scelta di mettere subito al riparo Elmasry.

Della scandalosa liberazione almeno l’opposizione parla. Del memorandum italo-libico siglato dal governo Gentiloni-Minniti nel 2017, confermato nel 2020 dal Conte 2, quello giallorosso, ripreso paro paro dal governo di destra, invece no. Solo Riccardo Magi di +Europa chiede una commissione d’inchiesta e lo si può capire: il suo è il solo partito senza responsabilità dirette.

IL GOVERNO COMUNQUE ha tutte le intenzioni di mettere la sordina sul caso Elmasry. L’ipotesi del segreto di Stato è remota ma non

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AGI0751 3 EST 0 R01 / == M.O.: due italiani fermati a Hebron, rilascio vicino = (AGI) - Roma, 30 gen. - Stanno per essere rilasciati l'ex deputata Luisa MORGANTINI e il giornalista del Sole 24 Roberto Bongiorni, fermati oggi a Hebron, in Cisgiordania. A quanto si apprende dalla Farnesina, i due si trovano in una stazione di polizia ma dovrebbero tornare liberi tra poco. Sempre secondo fonti diplomatiche, i due erano entrati senza autorizzazione in una zona militare. (AGI)Sab 301718 GEN 25 NNNN

 

Luisa Morgantini, già vicepresidente del Parlamento UE, presidente di AssoPace Palestina, notissima attivista in difesa dei diritti palestinesi, è stata arrestata dalle truppe occupanti israeliane. nei pressi di Hebron.
Con lei è stata arrestato un giornalista italiano del Sole 24 Ore, che lei, esperta conoscitrice del territorio, accompagnava per raccogliere materiale per un reportage sulle colonie (illegali, tutte) israeliane. L'accusa per loro e per le guide palestinesi è di avere violato una zona militare. Consiglio a tutti, al proposito, la visione del docufilm in programmazione in queste settimana, "No Other Land", che mostra come pezzi di terra palestinese vengano ogni giorno rubati, con la motivazione che proprio quel posto deve essere dichiarato "zona militare". Ci aspettiamo ora una mobilitazione (politica e mediatica) non inferiore a quella che, giorni fa, ha trasformato una sconosciuta giornalista di regime, in una icona della libertà. Il mondo "democratico e progressista" griderà "FREE LUISA!"?

 

 

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Le opposizioni protestano per il forfait dei ministri sul caso del libico: «Finchè Meloni non chiarisce stop ai lavori, è l'ennesima umiliazione delle Camere: l'indagine non impedisce di riferire in Aula». Mattarella preoccupato. Salta anche il voto sui giudici costituzionali. Arianna Meloni sui social si scaglia contro i «meschini» che «non accettano un'Italia che rialza la testa». «Gli italiani perbene scelgano da che parte stare».

L'aula della Camera senza deputati foto Angelo Carconi/Ansa L'aula della Camera – Ansa

Il caso Elmasry, con il corollario delle indagini a carico di Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano, blocca il Parlamento italiano. «Non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada», scrive la premier sui social di primo mattino, ma si guarda bene dal riferire in Parlamento sul rimpatrio del generale libico arrestato su mandato della Corte penale internazionale e riportato a casa con volo di Stato italiano.

LE OPPOSIZIONI, pur intenzionate a non cavalcare l’indagine, fanno muro e si ribellano alla decisione presa martedì di far slittare l’informativa alle Camere dei ministri Nordio e Piantedosi prevista per oggi . E chiedono che sia lei, la premier, a spiegare in Parlamento i tanti buchi neri di quella vicenda. I due ministri scrivono ai presidenti delle Camere per giustificare il loro forfait: «In ossequio alla procedura e nel rispetto del segreto istruttorio, non sarà possibile rendere le informative previste».

Il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, incalzato dalle opposizioni nella riunione dei capigruppo alla Camera, conferma che il governo «deve riflettere», si arrampica sugli specchi dicendo che «c’è una questione nuova, che mi pare eclatante e credo anche senza precedenti». E cioè l’indagine a carico di quattro componenti del governo.

IN MATTINATA, IN SENATO, si accende la tensione. Francesco Boccia, capogruppo Pd, protesta contro il forfait dei ministri e chiede insieme alle altre opposizioni una riunione dei capigruppo. «È l’ennesima umiliazione del Parlamento. Il governo non pensi di sottrarsi alle proprie responsabilità perché il Parlamento non è stato abolito. E la comunicazione ricevuta da Giorgia Meloni e dai ministri non c’entra nulla con il doveroso rapporto tra governo e Parlamento». «Basta con questi giochetti», si associa Peppe De Cristofaro di Avs e così anche Stefano Patuanelli del M5S. Alberto Balboni di Fdi replica attaccando i giudici: «Certi magistrati umiliano continuamente la politica, questa è la vera umiliazione. L’esproprio della democrazia è reso manifesto e plateale dal fatto che oggi ministri che dovevano riferire su un fatto importantissimo non lo possono più fare perché certa magistratura si è voluta sostituire al Parlamento».

A quel punto le opposizioni abbandonano l’aula. E, durante la riunione dei capigruppo, spiegano che non sono più disponibili a partecipare ai lavori del Senato finché il governo non risponderà sul caso Elmasry. «Non andremo avanti con i lavori finché il governo non chiarirà i contorni della vicenda», spiegano al termine della riunione davanti ai microfoni. Ma il governo fa orecchie da mercante. E così la Russa decide lo stop dei lavori (almeno) fino a martedì: sconvocate anche le commissioni, salta il voto sui quattro giudici costituzionali previsto per oggi.« Non c’è il clima per un voto bipartisan», ammette Ciriani.

LA SITUAZIONE SI AVVITA. Il Quirinale osserva l’evolversi della vicenda con preoccupato silenzio: lo scontro governo giudici, e il blocco dei lavori del Parlamento sono l’esatto contrario di quella «armonia tra le istituzioni» che il presidente aveva raccomandato durante gli auguri di Natale al Colle. Oggi Mattarella sarà alla Scuola Superiore della magistratura a Scandicci, ma non parlerà. Anche l’anno scorso era stato in silenzio alla cerimonia di inaugurazione, e così farà quest’anno.

LO STESSO COPIONE del Senato si ripete alla Camera: anche qui la protesta delle opposizioni è compatta, con tanto di lettera al presidente Lorenzo Fontana e forme di ostruzionismo; anche qui i lavori si fermano fino martedì. «Ancora una volta il governo ha deciso di fuggire dal Parlamento», attacca la capogruppo Pd Chiara Braga. Si parla di una disponibilità di Ciriani a riferire in aula, ma alle opposizioni non basta: «Venga Meloni». Braga aggiunge: «Non esiste la motivazione che siccome i ministri e la premier hanno ricevuto una iscrizione nel registro degli indagati non possono venire in Parlamento. La ministra Santanchè è venuta in aula con inchieste in corso».

«È evidente che Meloni e i ministri mentono quando negano che è stata una scelta politica del governo liberare questo torturatore», dice Schlein.E Conte, in un video: «Sapete quante volte sono stato denunciato durante il Covid? Ma non ho mai attaccato la magistratura». E Renzi: «Se Meloni è convinta di aver fatto l’interesse nazionale perché scappa? Di cosa ha paura?».

DAL VERTICE MATTUTINO a palazzo Chigi con Tajani e Salvini esce la decisione di affidare la difesa degli indagati alla fidata Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia del Senato e già avvocato di Salvini nel processo Open Arms. E trapela anche la decisione di non apporre il segreto di Stato sulla vicenda Elmasry. Arianna Meloni via social si scaglia contro i «meschini» che «non possono accettare un’Italia che finalmente rialza la testa». E invita le «persone perbene» a «scegliere da che parte stare». La loro.

 

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Frontiere blindate, divieto di ingresso ai profughi, arresti ed espulsioni. A tre settimane dalle elezioni, in Germania il parlamento approva la linea anti migranti con i voti decisivi dei neonazi dell’Afd. L’abbraccio con liberali e democristiani abbatte lo storico muro antifascista

La ricaduta La mozione Merz che restringe il diritto d’asilo passa con i voti di fasciopopulisti e liberali

In Germania crolla il muro, intesa Cdu-Afd sui migranti Olaf Scholz ascolta l’intervento al Bundestag della leader Afd, Alice Weidel – Ap

Crolla lo storico muro istituzionale dei partiti democratici in difesa dell’antifascismo scolpito nella Costituzione. Con 348 voti a favore, 345 contrari e 10 astenuti al Bundestag passa la mozione anti-migranti del leader Cdu, Friedrich Merz, destinata a cambiare il Dna della politica tedesca.

Fondamentali i voti di Afd, senza cui la proposta sarebbe stata respinta al mittente, ma pesa anche il clamoroso Sì dei deputati del partito liberale, fino ieri alleati di Spd e Verdi nel governo e oggi stampella della nuova maggioranza destinata a diventare strutturale con il voto di domani in Parlamento.

Incassato l’appoggio dei fascio-populisiti e di Fdp, Merz proverà a replicare la stessa geometria politica chiedendo i voti per il suo disegno di legge sull’immigrazione depositato a settembre 2024. Al contrario della mozione di ieri, il provvedimento che è sostanzialmente una fotocopia risulta vincolante per l’esecutivo.

ASTENUTI I SOVRANISTI di sinistra dell’Alleanza Sahra Wagenknecht, se avessero votato no la mozione sarebbe stata bocciata. Ma si sono ben guardati dal votare a favore anche e soprattutto per non dare la stura ai diretti avversari dell’ultradestra che contendono il consenso nei Land del Germania dell’Est.

«Abbiamo vinto. Oggi è una giornata storica» esulta il partito di Alice Weidel, leader e candidata-cancelliera di Afd, vera trionfatrice della mozione Merz che rappresenta il rilascio del passaporto di presentabilità per le misure xenofobe del suo programma elettorale.
La sua dichiarazione di voto ieri al Bundestag è stata insolitamente misurata e ripulita dalla consueta retorica populista. A fare il lavoro sporco per conto di Afd ci ha pensato Merz, come sottolinea fin dall’inizio il cancelliere Olaf Scholz.

«Non è indifferente quale forza politica collabora con l’estrema destra, non qui

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Rimpatriota A Gjader rinchiusi solo egiziani e bangladeshi. Per la prima volta la loro sorte sarà in mano alla Corte di appello di Roma. «In questo nuovo round l’aspetto più problematico è la mancanza di terzietà del soggetto che valuta quali persone sono vulnerabili e quali no», dice la dem Rachele Scarpa, in visita a Shengjin

Albania, dietrofront per cinque migranti. In 44 dietro le sbarre l’arrivo in porto della nave militare Cassiopea con 49 migranti a bordo – Malton Dibra / Epa

Cinque dei 49 cittadini stranieri deportati ieri in Albania sono risultati non compatibili con il trattenimento. La nave militare Cassiopea li ha sbarcati a Brindisi. Durante gli accertamenti nell’hotspot di Shengjin quattro hanno detto di avere meno di 18 anni, un adulto è stato giudicato vulnerabile. Due sono del Gambia, due della Costa d’Avorio e uno del Bangladesh. Tutti gli altri migranti sono stati portati dietro le sbarre a Gjader: otto egiziani e 36 bangladeshi.

LE STESSE NAZIONALITÀ per cui nei due round precedenti i giudici della sezione specializzata in immigrazione del tribunale civile di Roma avevano contestato la designazione di «paesi sicuri», liberando i richiedenti asilo. Stavolta, come deciso di recente dal governo, le carte finiranno davanti alla Corte d’appello della capitale. In molti casi si tratterà degli stessi giudici spostati dall’organo giudiziario di primo a quello di secondo grado, dove scarseggiavano competenze approfondite nella materia. Persino gli uffici saranno gli stessi delle puntate precedenti, per ragioni di spazio. Comunque entro questa mattina il questore di Roma firmerà le richieste di convalida dei trattenimenti su cui i giudici devono esprimersi in massimo 48 ore. Giovedì o venerdì si saprà se il governo ha vinto o perso su quest’ennesima forzatura.

Sull’onda dell’entusiasmo per le deportazioni trumpiane e per distogliere l’attenzione, con scarsi risultati, dal caso Elmasry, la Cassiopea era stata inviata nei giorni scorsi al largo di Lampedusa, per cercare migranti da portare in Albania. Palazzo Chigi e Viminale non hanno atteso né l’udienza alla Corte di giustizia Ue a tema «paesi sicuri», sarà il 25 febbraio mentre la sentenza è attesa entro la primavera, né tantomeno il rinnovo del contratto con l’Oim. Ovvero il soggetto incaricato del pre-screening a bordo della «nave hub», a metà tra la prima rapida selezione sulla motovedetta di soccorso e quella approfondita a Shengjin.

«IN QUESTI NUOVI trasferimenti l’aspetto più problematico è la mancanza di terzietà del soggetto che valuta chi è vulnerabile e chi no. Il compito è stato delegato a medici dipendenti dal ministero della salute, dalla marina militare o perfino dall’ente gestore», afferma Rachele Scarpa, deputata Pd presente per la terza volta agli sbarchi d’oltre Adriatico. I dem hanno organizzato una staffetta: monitoreranno le procedure fino a venerdì.

Con i parlamentari c’è il Tavolo asilo e immigrazione (Tai), composto dalle principali associazioni italiane che si occupano del fenomeno. «Abbiamo rilevato gravi violazioni sull’accertamento di minore età e vulnerabilità, che deve avvenire prima del trasferimento in Albania, non a Shengjin. Chiediamo di interrompere i trasferimenti», afferma Francesco Ferri, che ha partecipato all’ispezione per il Tai.

L’ASGI SOTTOLINEA anche un’altra criticità: la violazione dell’art. 13 della Costituzione. Quello che tutela l’inviolabilità della libertà personale e stabilisce che le autorità di polizia dopo un fermo hanno 48 ore per comunicarlo alla magistratura. «Per le persone trasferite in Albania questa scadenza sembra essere ignorata, poiché il trattenimento effettivo è iniziato già con la “selezione” dei migranti in alto mare», scrive l’Asgi. In pratica l’associazione sostiene che la detenzione cominci già in mare, sulla nave. Non è escluso che su questo punto, come sull’effettività del diritto di difesa, emergano questioni di legittimità costituzionale.

Nel frattempo, alla faccia dell’effetto dissuasivo che secondo il governo avrebbero i centri in Albania, gli arrivi sulle coste italiane continuano senza sosta. A ieri erano oltre 3.300 dall’inizio dell’anno, con i picchi registrati mentre la Cassiopea era in azione. Alarm Phone ha denunciato il mancato soccorso di un barcone alla deriva in zona Sar maltese: 25 persone a bordo, tra loro tre morti. 58 migranti sono stati soccorsi nel Mediterraneo centrale da una motovedetta svedese in servizio per Frontex mentre la nave ong Ocean Viking ha portato al sicuro 93 naufraghi. L’intervento è avvenuto tra lunedì e martedì. Durante le operazioni una bimba di sette anni è andata in arresto cardiaco, i soccorritori l’hanno rianimata. È stata evacuata a Malta con la madre, lotta tra la vita e le morte. Infine l’Unicef ha denunciato che solo lo scorso dicembre il Mediterraneo ha inghiottito 300 vite.

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