Unifil è un bersaglio. Israele spara ancora sulla missione Onu in Libano, feriti altri due soldati. Usa ed Europa costretti a indignarsi di nuovo. Biden: vorrei la smettessero. Francia, Spagna e Italia: attacchi ingiustificabili. Ma Netanyahu va avanti: i caschi blu se ne vadano
Omissione di pace Biden: «Basta sparare ai peacekeeper». Nabih Berri, terza carica dello Stato, parla con Blinken e si incarica della mediazione
Caschi blu spagnoli della missione Unifil a Marjayoun, sud del Libano – Afp
«C’è bisogno di una presa di coscienza mondiale che metta fine a questa aggressione» ha dichiarato ieri Najib Miqati, primo ministro ad interim del Libano, in seguito all’ennesimo attacco sull’esercito libanese il quale nel pomeriggio ha confermato che due dei suoi soldati sono stati uccisi e altri tre sono rimasti feriti in un attacco israeliano che «ha colpito un posto di blocco» a Kafra, Bint Jbeil, nel sud del Libano, sud-ovest di Tiro.
LE REAZIONI di indignazione trasversali per l’attacco al contingente Unifil, che è continuato anche ieri, non hanno inciso in maniera significativa sul conflitto in Libano. «Questi attacchi costituiscono violazioni gravi del diritto internazionale e devono cessare immediatamente» le parole di condanna del ministro degli affari esteri francese Barrot, mentre convocava l’ambasciatore israeliano in Francia. «Torno a condannare quanto accaduto. Non è accettabile, viola la risoluzione 1701 dell’Onu. Stiamo «assolutamente» chiedendo a Israele di smettere di sparare ai peacekeeper, ha detto ieri il presidente statunitense Joe Biden alla stampa, ribadendo quanto già dichiarato dal segretario della Difesa Lloyd Austin nel suo dialogo con l’omologo israeliano Yoav Gallant.
L’esercito israeliano ha colpito ieri mattina una torre di sorveglianza Unifil all’altezza di Naquoura, sul mediterraneo a sud di Tiro, dopo gli attacchi di giovedì, in cui due soldati della missione di interposizione internazionale erano rimasti feriti.
LA MATTINATA di ieri è passata a Beirut contando i morti e i feriti degli attacchi sui quartieri di Ras-Nabaa e di Basta, centralissimi, fuori dalla Dahieh, la Beirut sud epicentro dei bombardamenti israeliani nella capitale. E questo è già il terzo fuori dal perimetro della Dahieh. 22 morti e circa 90 feriti nell’attacco nel cuore di Beirut. Metà di loro, sfollati provenienti dal sud, civili. Il target di Israele era Wafic Safa, responsabile dell’unità di coordinazione di Hezbollah, che dice di aver ucciso. Hezbollah non ha confermato. I quartieri di Ras-Nabaa e di Basta sono quartieri popolari, ad alta densità abitativa, in cui vivono anche sunniti e cristiani, oltre alla comunità sciita.
GIOVEDÌ il bombardamento annunciato in serata su
Haret Hreik non è mai avvenuto. La guerra è anche psicologica e tende a esaurire le risorse psichiche personali e sociali. Il nervosismo è molto alto, come hanno messo in luce anche gli ultimi attacchi ai giornalisti di questi giorni, condotti per lo più da civili esasperati, come nel caso della troupe Rai di Lucia Goracci.
Per quello che riguarda l’invasione di terra, Daniel Hagari, portavoce dell’esercito di Tel Aviv, ha pubblicato un video di soldati israeliani all’interno di una abitazione «di un civile nel sud del Libano»: una copertura per un deposito di armi di Hezbollah. Hagari non fornisce ulteriori dettagli, ma il video rimane comunque sufficiente a rafforzare la narrativa israeliana di una guerra casa per casa, anche tra i civili, per sconfiggere Hezbollah e sradicarlo. Il partito di dio dice di respingere sul terreno l’esercito israeliano, ma è difficile stabilire la verità perché né da un lato, né dall’altro i giornalisti sono ammessi.
HEZBOLLAH ha rivendicato una serie di nuove incursioni a Blida (Marjayoun, sud-Libano) – dove le truppe di terra israeliane sono avanzate – e anche nel Golan occupato, a Zvulun, Kfar Giladi, Kiryat Shmona, Kfar Yuval nel nord di Israele. I bombardamenti di Israele continuano su tutto il Libano del sud e nella Bekaa, a est. In serata bombardamenti su Touline e Qabrikha (Marjayoun), Kherbet Selm, Kafra, Yater e Bint Jbeil (Bint Jbeil), Jbaa e Arabslim (Nabatiyeh), Maaliyeh (Tiro).
Le cifre aggiornate di questo conflitto, cominciato l’8 ottobre 2023 in Libano, comunicate dal ministero della Salute e dal comitato del governo per l’urgenza, sono di 2.229 morti e 10.380 feriti. L’ufficio per i diritti dell’uomo delle Nazioni unite ha rilasciato un comunicato nel quale si legge che oltre 100 medici e soccorritori sono stati uccisi in Libano dall’inizio della guerra.
SUL FRONTE INTERNO, giorni molto impegnativi dal punto di vista politico. Nabih Berri, capo di Amal, l’altro partito sciita, terza carica dello stato e veterano della politica libanese con i suoi 86 anni, ha preso in mano la mediazione tra le parti interne ed esterne. Gli incontri ai vertici con Jumblat, Miqati, Frangieh ed altri rappresentanti apicali dello scenario politico libanese di questi giorni hanno lo scopo di provare a disegnare una nuova mappa politica per quello che riguarda sia i nuovi equilibri interni dopo la morte di Nasrallah, che quelli con l’estero. Sul tavolo anche l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica garante degli interessi particolari di ciascun rappresentante della classe politica.
IERI BERRI è stato a telefono con il segretario di Stato americano Blinken per 40 minuti. L’argomento della conversazione è stato riportato in un comunicato stampa: «Mettiamo la comunità internazionale di fronte alle sue responsabilità: deve fare qualcosa per mettere fine alla guerra di annichilimento che Israele ha lanciato contro il Libano e contro tutte le regole della morale, della legalità e della legittimità internazionale»