Chi vincerà le elezioni inciderà sulle future politiche energetiche, ma non potrà non rispettare gli impegni europei e dovrà affrontare la pressione di una parte del mondo imprenditoriale, del lavoro, dei giovani e degli ambientalisti.
Certo, a seconda della coalizione vincente lo scenario energetico sarà differente.
Il Pd ha inserito nel programma l’obiettivo di installare 85 GW di rinnovabili entro il 2030. Centrodestra e Azione parlano di nucleare e di rilancio della produzione di idrocarburi. Il programma dei 5Stelle non contiene target, ma ci si può aspettare una grande attenzione su rinnovabili ed efficienza.
Quali sviluppi, dunque?
La possibilità di un rilancio del nucleare in questo decennio è pura fantasia ed è solo un argomento di campagna elettorale. L’estrazione di gas o petrolio nei giacimenti marginali dell’Adriatico sarà del tutto ininfluente e, soprattutto, poco conveniente.
La transizione ecologica sarà invece centrale, anche considerando il contesto globale. Siamo di fronte agli effetti dell’emergenza climatica che sta colpendo pesantemente vari paesi, dal Pakistan allagato all’Africa, dagli Usa con temperature record all’Europa assetata.
Secondo i dati di Copernicus, gestito dalla Commissione Europea, nel Continente la siccità nell’estate 2022 è stata la peggiore degli ultimi 500 anni.
A fronte di questi segnali, sempre più allarmanti, va ricordato che gli impegni presi dalla maggior parte dei governi sono molto lontani dall’ambizione necessaria per affrontare la sfida climatica.
Dovremmo ridurre, infatti, le emissioni del 40-50% al 2030 per riuscire a raggiungere gli obiettivi di Parigi, mentre le emissioni globali sembrano invece destinate ad aumentare alla fine di questo decennio del 16% rispetto ai livelli del 2010.
D’altra parte, ci sono diversi segnali positivi che fanno sperare.
Pensiamo all’incredibile crescita del solare nel mondo, con un incremento del 38% nel difficile 2022. E con un altro forte balzo previsto nel 2023. Passando all’eolico offshore, la stima di McKinsey è di 630 GW installati entro il 2050, rispetto ai 40 GW del 2020. E continuano i miglioramenti delle prestazioni dei sistemi di accumulo, con interessanti novità (anche italiane).
Sul fronte delle auto elettriche si sono viste in Europa vendite per 2,2 milioni, un primo passo verso l’obiettivo di 30 milioni al 2030.
Come ha recentemente dichiarato Jennifer M. Granholm, ministra dell’energia degli Usa, sono ormai ben 40 milioni le persone che lavorano nei settori delle energie pulite, superando per la prima volta gli occupati nel comparto della produzione, trasporto e utilizzo dei combustibili fossili.
Insomma, la transizione climatica si è messa in moto. E in qualche paese i governi riescono ad accelerarla.
Pensiamo agli incredibili obiettivi della Cina, dalle rinnovabili alla mobilità elettrica, per finire al recente potente Inflation Reduction Act negli Usa.
E non dimentichiamo dopo l’aggressione in Ucraina il lancio in Europa del REPowerEU per accelerare la transizione verde oppure il piano tedesco che ha deciso di puntare al 100% di rinnovabili elettriche al 2035.
Venendo all’Italia, forse è bene ricordare che, se non ci fossimo bloccati dal 2014 sull’installazione di elettricità verde, le rinnovabili avrebbero potuto evitare un quarto del consumo di gas che proveniva dalla Russia e attenuare così l’attuale crisi energetica.
Malgrado i forti ritardi, anche il nostro paese, a fronte degli ambiziosi obiettivi della UE, ha alzato i propri. Così, nel 2030 dovremmo arrivare al 72% di elettricità verde contro il 36,4% del 2021.
Il prossimo governo, qualunque sarà il suo colore, dovrà quindi affrontare sforzi giganteschi in diversi settori nei quali siamo in ritardo.
Al rilancio delle rinnovabili dovrà infatti corrispondere l’avvio di una fase di reindustrializzazione green del paese, in particolare nel Sud, dalla mobilità elettrica alle batterie, dalle fabbriche di moduli solari e aerogeneratori alla produzione di elettrolizzatori per l’idrogeno verde.
Ci sarà poi una grande attività da sviluppare nell’adattamento ai cambiamenti climatici, vista la fragilità del nostro territorio. E anche in questo ambito siamo in grande ritardo.
Ma tornando ai risultati delle elezioni politiche, è evidente che la formazione del prossimo governo sarà molto importante sia a livello interno che nei rapporti con l’Europa. Quindi, il risultato influirà sulle politiche che verranno avviate.
Penso però che, pur in presenza di notevoli contraddizioni, siamo immersi in una trasformazione su scala globale che si allarga a macchia d’olio.
Peraltro, a ricordarci l’importanza della sfida del riscaldamento del pianeta, venerdì 23 settembre nelle città di larga parte del mondo si svolgeranno manifestazioni per sollecitare i governi ad essere più incisivi riguardo all’emergenza climatica.
Il prossimo governo non potrà non rispettare gli impegni europei sulla transizione energetica. E su questo si dovrà confrontare con la pressione di una parte del mondo imprenditoriale, del lavoro, dei giovani e degli ambientalisti.