Dopo 15 mesi di duro confronto militare e politico tra Israele e i governi di quasi il mondo intero da una parte, e Hamas dall’altra, si arriva a “la”tregua, perché il percorso in termini di trattativa, confronto, scontro militare, distruzione e devastazione di ogni segno di vita a Gaza è unico nel suo genere nella storia moderna.
Questa non è una tregua come tante nella storia dei conflitti tra Stati, questa è “la” Tregua con la “T” maiuscola, in quanto Israele, appoggiato dal mondo intero militarmente, politicamente e finanziariamente, ha scommesso di poter cancellare una volta per sempre politicamente e militarmente il movimento di resistenza islamica - Hamas, che non è un Stato. Invece, nonostante i 15 mesi di durissimo scontro militare, la devastazione di Gaza, l’elevatissimo numero di vittime e l’embargo totale che dura da circa vent’anni, Israele - e il mondo intero - è costretto a firmare la Tregua con Hamas - movimento di resistenza islamica.
In tanti hanno scommesso sin dall’inizio, ma soprattutto dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh e Yahya Al Sinwar, che la popolazione di Gaza e Hamas stessa avrebbero alzato bandiera bianca e si sarebbero arresi, riconoscendo la sconfitta. Nessuna bandiera bianca.
Il bilancio di questi 15 mesi è drammatico: oltre 75mila morti, 120mila feriti, 15mila dispersi, oltre alla devastazione quasi totale delle infrastrutture.
Dopo tante pressioni politiche e diplomatiche, il blocco degli aiuti umanitari - viveri, medicinali, acqua - i bombardamenti a tappeto, nessuna resa né da parte della popolazione, che è stremata, né della direzione della resistenza. Tutto il contrario: dai missili non esplosi si fabbricavano munizioni con cui affrontare l’esercito israeliano, e la resistenza esce da sotto le macerie.
Questa resistenza sarà senz’altro studiata nei libri e nelle accademie militari, perché i suoi autori, e con essi l’intero popolo palestinese, si sono dimostrati invincibili, perché credono profondamente nella loro giusta causa.
Ciascun testimone, diretto o indiretto, può raccontare questa tregua secondo la sua visione. Da parte mia questa tregua, nonostante l’immane tragedia, rappresenta senza dubbio una vittoria della resistenza palestinese che ha impedito al governo fascista israeliano, e a tutti i suoi sostenitori, di realizzare alcuna vittoria né militare né politica.
L’unica vittoria, se può essere considerata tale, realizzata dal primo ministro israeliano è quella della distruzione, dell’uccisione di bambini e di civili. Per me questa non è una vittoria, ma una sconfitta morale ed etica!
Appena si è data notizia della tregua, da sotto le macerie sono usciti a piedi nudi nel freddo migliaia di giovani, bambini, anziani con in mano la bandiera palestinese che sventolava in alto per festeggiare la vittoria.
La Tregua è un articolato molto complesso, elaborato, discusso ed analizzato parola per parola, frase dopo frase, per evitare ogni equivoco e mal interpretazione. La sua applicabilità dipende dai firmatari, Israele e Hamas, e dai garanti, Egitto e Qatar.
Indubbiamente la tregua non è completa, si applica solo sulla Striscia di Gaza e non sulla Cisgiordania, dove Israele ora ha concentrato la sua attività militare. Fonti palestinesi parlano di oltre 980 posti di blocco organizzati in questi giorni; sono state installate, inoltre, sbarre di metallo all’ingresso ed all’uscita di tutti i villaggi, città e campi profughi palestinesi.
I termini dell’accordo sono più o meno gli stessi proposti da Joe Biden nel maggio 2024, allora respinti da Netanyahu, che ha voluto occupare il corridoio di confine tra Gaza e Egitto, facendo così fallire la trattativa.
Sette mesi di ritardo, di morti, di devastazione che hanno causato altri lutti. Ma questi comportamenti hanno favorito Netanyahu a rimanere in sella, e Donald Trump a vincere le elezioni statunitensi.
Le Nazioni Unite valutano in circa 80 anni il periodo necessario per la ricostruzione della Striscia di Gaza.
Oltre il 70% delle costruzioni sono state distrutte e in alcune zone nel nord il 100%.
Le immagini trasmesse dalle varie televisioni hanno fatto capire tre cose importanti: i palestinesi non lasciano la loro terra, il cammino di ritorno di decine e decine di migliaia di persone fa capire a Trump e a tutti che non è possibile deportarle né in Egitto, né in Giordania, nemmeno in Albania.
In secondo luogo, Hamas non solo non è stata eliminata, ma controlla ancora la Striscia. Infine, lo stato di salute dei detenuti palestinesi: abbiamo visto in che stato si trovava dopo sei mesi di completo isolamento Khalida Jarrar, parlamentare e accademica dell’università di Bir Zeit.
Si è capito che nessuna potenza militare può soffocare la speranza del popolo palestinese di avere la sua dignità, il suo passaporto e il suo stato secondo il diritto internazionale. Ora tutti devono cooperare per garantire il rispetto e l’applicazione di questo accordo, fare entrare gli aiuti umanitari e quanto necessario per la popolazione, per poi operare concretamente per il riconoscimento dello Stato di Palestina in base al diritto internazionale.
Altrimenti passeremo da una guerra ad un’altra e da una tregua all’altra. Mi auguro che non sia quello che tutti e tutte vogliamo.