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Migranti Intervista all'ordinaria di Diritto Ue presso l'università di Firenze. «La sentenza afferma un principio diametralmente opposto a quello sostenuto da esecutivo e avvocatura dello Stato: quella lista non è un atto politico, dunque è sindacabile dai giudici», afferma la docente

Favilli: «Sui paesi sicuri la Cassazione ha dato torto al governo Meloni» Chiara Favilli, ordinaria di Diritto Ue presso l'università di Firenze

Forse 40 pagine erano troppe o forse qualcuno preferisce fidarsi delle veline del governo. Fatto sta che ieri si è letta e sentita una singolare interpretazione della sentenza sui «paesi sicuri» resa pubblica giovedì dalla Cassazione: è favorevole all’esecutivo. «In realtà va in direzione opposta», dice Chiara Favilli, ordinaria di Diritto Ue all’università di Firenze e direttrice della rivista Diritto, immigrazione e cittadinanza.

La Cassazione ha dato ragione al governo?
No, ha affermato un principio diametralmente opposto a quello sostenuto dal governo nelle scorse settimane e dall’avvocatura dello Stato in questo ricorso. Loro dicevano che la qualificazione di un paese come sicuro è una prerogativa governativa ed è un atto politico. La Cassazione ha affermato che sì spetta al governo ma non è un atto politico, come ad esempio tessere relazioni diplomatiche o scegliere partner commerciali. L’elenco dei paesi di origine sicuri, invece, è un atto caratterizzato da discrezionalità tecnica: i requisiti sono previsti dalla direttiva 32/2013 e dalla legge italiana. Quindi sussiste il sindacato giurisdizionale, ovvero il potere del giudice di pronunciarsi sull’atto.

La sentenza dice che il giudice può solo disapplicare l’atto amministrativo, non annullarlo. Un punto a favore dell’esecutivo?
Un punto a favore della legalità costituzionale. È assolutamente pacifico, la dottrina e la giurisprudenza lo hanno ampiamente affermato nel secolo scorso, che un giudice deve disapplicare un atto amministrativo che ritiene non conforme alla legge ma questo rimane comunque in vigore. Il giudice di merito ordinario non ha il potere di annullarlo. Cosa che potrebbe fare un tribunale amministrativo, che però in questa vicenda giuridica non può essere chiamato in causa, oppure la Corte costituzionale, nel caso di una legge.

A proposito di questa distinzione. L’elenco dei «paesi sicuri» su cui si è pronunciata la Cassazione era un atto amministrativo, ora è stato inserito in una norma primaria. I principi affermati dalla sentenza già non valgono più?
No, perché i principi riguardano più fasi e aspetti del sindacato giurisdizionale. In primis la Corte afferma che la qualificazione del paese come sicuro è un atto politico, a prescindere dalla veste giuridica. Quindi il potere del giudice rimane comunque, anche con la legge. Certo qualcosa cambia. Non essendo più un decreto interministeriale non si può parlare di disapplicazione dell’atto amministrativo. Si può però ipotizzare la disapplicazione della legge se ritenuta in con la direttiva Ue. Dal punto di vista giuridico non esiste alcun ostacolo a che i giudici traslino i principi stabiliti e li applichino al nuovo ambiente normativo. Inoltre, trattandosi di una legge, il magistrato potrebbe anche sollevare una questione di legittimità costituzionale davanti alla Consulta. Questa è una nuova possibilità che si apre, con il decreto precedente non era possibile.

La Cassazione ha ribadito che spetta al governo stilare la lista paesi sicuri. I giudici chiedevano di scriverla loro?
Questo non è mai stato ventilato, in nessun provvedimento o commento giuridico. Neanche in quelli più critici verso l’esecutivo. La direttiva Ue attuale e il Regolamento che sarà in vigore dal 2026 sono chiarissimi: è il governo, o l’autorità da esso individuata, a stilare l’elenco. Il giudice deve invece verificare che quelle scelte rispettino i requisiti previsti dalla legge.

Resta il fatto che secondo la sentenza il giudice può valutare solo caso per caso. Si riferisce solo ai singoli richiedenti asilo, con le loro storie, o anche ai paesi ritenuti sicuri, quindi alla stessa presenza nell’elenco?
Questo punto è importante. Dobbiamo distinguere le diverse fasi. Prima di tutto la Cassazione afferma che il sindacato giurisdizionale c’è. Poi indica su cosa verte. I profili sono due. Il primo riguarda la qualificazione di un paese come sicuro in via generale. È possibile considerare tale l’Egitto? Il giudice deve stabilirlo ex nunc, nel momento in cui esamina il ricorso di una persona per capire se è stata pregiudicata la tutela effettiva dei suoi diritti. Se ritiene la classificazione illegittima deve disapplicare: così il richiedente seguirà la procedura d’asilo ordinaria. C’è poi il secondo profilo. Se il giudice ritiene che la qualificazione del paese come sicuro è corretta, ma la persona è minacciata per la sua situazione specifica, dispone comunque la procedura ordinaria. Senza bisogno di disapplicare. Ma la Cassazione si è espressa sulla prima ipotesi, la seconda è pacifica: è nella direttiva e nella legge, nessuno la contesta.

La sentenza avrà ripercussioni sul progetto Albania?
Questa decisione, che conferma la legittimità dell’operato dei giudici, nasce da un ricorso contro un diniego dell’asilo. Su quelli relativi ai trattenimenti la Cassazione non si è ancora espressa. Siamo in attesa del responso. Mi pare però difficile possa affermare principi completamente diversi. Comunque la cosa più probabile è che sospenda in attesa della sentenza della Corte europea attesa per la primavera.