Sei ragazzi dall’Africa a Castel Bolognese
Sono arrivati sabato 27 settembre, nella casa del Comune di fronte alla mia, in Via 1° Maggio, sei ragazzi provenienti dall’Africa, accolti qui su richiesta dalla Prefettura.
Recatomi in visita per salutarli, ho conosciuto Daniel, un ragazzo rumeno incaricato dalla Misericordia di sovrintendere alla gestione della casa, e i 6 ragazzi: Oumar e Hamidou, provenienti dalla Guinea Conakry, Hibraima della Guinea Bissau, Kodorè della Mauritania, Mussa D. e Mussa B. del Mali. Paesi lontani 5-6mila chilometri dall’Italia. Con l’aiuto del mio francese scolastico e di Daniel, ho saputo che erano in Italia da alcuni mesi, arrivati separatamente, ma attraverso viaggi simili per durezza e pericolosità: centinaia di chilometri di deserto, bombe e sparatorie in Libia, tentativo di attraversata del Mediterraneo su barche o gommoni inaffidabili e poi il recupero da parte delle navi dell’Operazione Mare Nostrum. Uno ha lasciato la moglie e una figlia, un altro la moglie, in paesi dove la fame, la miseria, la violenza sono di casa. Sentire queste storie direttamente da chi le ha vissute, pensare ai rischi che hanno corso e a quanti invece non ce l’hanno fatta, annegando in mare, mentre a Castello negli stessi giorni, su Facebook qualcuno scriveva frasi deliranti contro di loro con il silenzio consenziente del consigliere leghista, mi provocava un subbuglio di sentimenti: rabbia per non poter rispondere in maniera adeguata al razzismo e all’odio, amarezza nel cogliere condiscendenza verso questi cervelli malati anche da parte di cittadini “normali”, volontà di affermare la convivenza e la solidarietà umana.
Sono stato confortato dal fatto che il Sindaco ha preso una posizione molto forte contro qualsiasi atteggiamento di razzismo anche mascherato. L’Amministrazione
Comunale ha manifestato il suo impegno nell’accoglienza; la Misericordia ha messo a disposizione i suoi volontari anche per aiutare i ragazzi ad imparare l’italiano. Servirà anche altro per far in modo che si continui in un clima di civile convivenza, possibilmente con un lieto fine: dare informazioni corrette (per esempio, i ragazzi non prendono 30 euro al giorno, ma solo 2,50; i 30 euro sono il rimborso che lo Stato, attraverso fondi europei, dà alla Misericordia per le spese di gestione della casa); convincere i dubbiosi che dimostrare umanità, non egoismo o rancore, verso chi è più in difficoltà e ha rischiato la vita per un futuro migliore (come tanti italiani hanno fatto fino ad alcuni decenni fa) ci fa stare meglio tutti; dissuadere, se necessario con la forza della legge, chi avesse intenzione di passare dalla parole (demenziali) ai fatti e isolare chi non ne prende le distanze.
Inoltre, sarà utile aiutare i ragazzi a inserirsi nel tessuto sociale di Castello, a relazionarsi con i cittadini man mano che imparano l’italiano, a partecipare ad attività di loro interesse e a impegni di volontariato o del Comune, per rendersi utili. Ciò servirà a far sì che, quando verrà loro concesso, come è sperabile, il permesso di rimanere in Europa, e dovranno camminare con le loro gambe, possano trovare più facilmente la loro strada.
Da ultimo, avendoli conosciuti come persone, con sentimenti, emozioni e speranze come noi, suscita angoscia pensare che, mentre loro ce l’hanno fatta, altre migliaia, tra cui donne e bambini sono morti e altri rischieranno di morire fra qualche giorno, respinti in mare dalle nostre navi mandate “a difendere le nostre frontiere”, quando, per decisione del nostro governo e del governo europeo, cesserà l’operazione Mare Nostrum.
Silvio Marchi