Il discorso integrale del segretario Maurizio Landini all'udienza della Cgil in Vaticano con Papa Francesco
antità, Le rivolgo il saluto della CGIL una organizzazione sindacale di donne e uomini, laica, programmatica, democratica, plurietnica, nata alla fine dell’800 e che oggi conta 5 milioni di iscritti, e La ringrazio di cuore di aver accettato di incontrarci e ringrazio Padre Leonardo Sapienza, Padre Giovanni Lamanna, Padre Franco Imoda, Padre Davide Cito, il Dottor Manuel Sanchez, il Dottor Bruno Izzi e il Dottor Giuseppe Piraino per averci aiutato a realizzare questo incontro.
Un sindacato di strada
Noi vogliamo essere un sindacato di strada per affermare i diritti della persona nei luoghi di lavoro e nel territorio. Ci rivolgiamo a Lei perché, seguendo il suo insegnamento, quello che ha detto e in particolare avendo letto attentamente le Sue encicliche “Laudato Si’” e “Fratelli tutti”, abbiamo trovato una grande consonanza sui problemi, sulle preoccupazioni che oggi travagliano l’umanità e il mondo. La Sua costante ricerca del dialogo tra diversi, l’invito alla fratellanza e del prendersi cura degli altri sono la condizione per realizzare, qui ed ora, quella rivoluzione culturale e quella trasformazione sociale di cui anche noi avvertiamo il bisogno per dare un futuro al nostro pianeta.
Un cambiamento profondo fondato su un diverso e gioioso rapporto tra uomo e natura, su un nuovo umanesimo, non sulla logica del mercato e del profitto, ma sul superamento dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Ci convince quella idea di ecologia integrale che è una nuova visione economica, sociale ed ambientale che pone al centro la persona, i suoi diritti e l’ambiente respingendo la cultura dello scarto.
Costruttori di pace
Ci muove innanzitutto la volontà comune di essere costruttori di Pace e mettere fine a una guerra, causata dalla grave invasione russa, di cui la prima vittima è il popolo ucraino. Un conflitto armato che torna nel cuore dell’Europa e che si aggiunge a quelli in corso da tempo in Africa, Medio Oriente e America Latina. Tanto che Lei ha giustamente detto che siamo nel pieno di una “terza guerra mondiale combattuta a pezzi”. Dall’inizio di questo drammatico conflitto, si rincorrono dichiarazioni e minacce di ricorso all’arma nucleare e quando si supera questo limite non ci sono guerre giuste o sbagliate perché è in gioco il futuro della vita sul pianeta.
Siamo contrari alle politiche di riarmo perché è il momento di investire sulla pace, sulla diplomazia e sulla qualità della vita. È il momento che tutti si operino per far tacere le armi, per un cessate il fuoco almeno nel periodo di natale cattolico e quello ortodosso finalizzato a conquistare un negoziato. È il momento di rilanciare l’appello promosso nel 1955 da Einstein e Russel, anche da lei ripreso nella prima settimana del conflitto, che chiedeva a tutti i governi del mondo di rinunciare alla guerra e “trovare i mezzi pacifici per la soluzione di tutte le controversie”.
Accoglienza e solidarietà
Guerre, crisi ambientale, carestie, ingiustizie sociali colpiscono in primo luogo i Paesi più poveri costringendo tante persone, a lasciare le proprie terre. Fuggono sperando in un futuro migliore. Noi, insieme a tante associazioni laiche e cattoliche, abbiamo portato aiuti – medicinali e viveri – e abbiamo contribuito a dare vita ai corridoi umanitari in Ucraina per aiutare tante persone a fuggire da quella guerra. Noi non guardiamo il colore della pelle, la forma degli occhi di donne, uomini, bambini che fuggono dalla violenza e dalla fame del mondo. L’accoglienza e la solidarietà noi cerchiamo di praticarla quotidianamente con la nostra azione, con aiuti concreti a sostegno delle persone fragili per renderle protagoniste del cambiamento della loro condizione.
In un Paese come l’Italia dove calano le nascite ed aumentano gli anziani, in cui ogni anno sono di più i giovani italiani costretti ad andare all’estero a lavorare che i migranti che si fermano nel nostro paese, non è vero che gli stranieri ci rubano il lavoro. Solidarietà ed accoglienza sono necessarie tanto più oggi, quando crescono le disuguaglianze basate, certo, sul reddito e sulle quantità di ricchezza, ma anche sulla qualità della vita, sull’accessibilità alle risorse naturali, terra, cibo, acqua, sulla possibilità di difendersi dai disastri ambientali.
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La centralità del lavoro
Il lavoro, inteso come realizzazione e dignità della persona, è stato svalorizzato dall’attuale modello economico e sociale tanto che si è poveri anche lavorando. La stessa rivoluzione tecnologica in atto potrebbe offrire migliori condizioni di vita e di lavoro investendo sull’intelligenza e l’autonomia dei lavoratori. Invece si stanno creando nuove divisioni tra chi concentra sapere e conoscenza e chi – la maggioranza – svolge funzioni e mansioni ripetitive ed alienanti.
Ed ancora nell’anno 2022 si continua a morire sul lavoro. Sono più di 1.000 le persone morte quest’anno. Ogni giorno tre persone che vanno a lavorare non rientrano più a casa la sera. Questa è una vera e propria strage che va fermata. Rimettere al centro il lavoro per costruire un nuovo modello sociale ed economico, in cui a tutte le forme di lavoro sia garantito un lavoro dignitoso, una giusta retribuzione, la libertà di espressione, la sicurezza e il riposo, le pari opportunità tra uomo e donna, l’informazione e la partecipazione alle scelte dell’impresa.
È centrale conquistare il diritto all’istruzione e alla formazione permanente, durante tutto l’arco della vita, non solo per l’aggiornamento professionale ma perché l’accesso alla cultura e alla conoscenza è un elemento fondamentale per la libertà e l’autonomia delle persone, per estendere e migliorare la qualità stessa della democrazia e della partecipazione. Centralità, quindi, della persona, la sua predominanza sull’economia, sul mercato, sul profitto sono i presupposti irrinunciabili di uno sviluppo diverso.
Non un lavoro qualunque esso sia ma stabile, finalizzato alla difesa e al risanamento del territorio, alla tutela dell’ambiente, alla mobilità collettiva e sostenibile, alla salute, alla cultura, alla conoscenza e alla formazione. Proponiamo un’idea dell’impresa in cui tutti i soggetti possono essere protagonisti attivi ed in cui prevale la responsabilità sociale. È il momento di ridistribuire al lavoro la ricchezza che produce, di tassare la rendita finanziaria e di colpire la speculazione.
Insieme per la pace e la giustizia sociale
È stato per noi importante e un fattore di grande gioia vedere insieme il 5 novembre scorso in Piazza San Giovanni a Roma le bandiere rosse della Cgil e quelle di tante associazioni cattoliche. Quella bellissima giornata ha reso evidente l’impegno comune e il percorso che possiamo fare insieme – laici e cattolici – per cambiare una società fondata sulla competizione, l’egoismo, lo sfruttamento, le tante forme di solitudine, per affermare, invece, il valore dell’eguaglianza, della differenza di genere, della fratellanza e del riconoscimento delle diversità quale fondamento dell’eguaglianza stessa. Come Lei ha detto “oggi abbiamo bisogno di costituirci in un ‘noi’ che abita la Casa comune”.