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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza poteva rappresentare l'occasione per agire sulla mitigazione e favorire il cambiamento del sistema. Ma l'auspicato scatto in questa direzione non c'è stato

 Foto: worldfuturecouncil.org

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l Piano nazionale di ripresa e resilienza poteva rappresentare l’occasione per agire sulla mitigazione e accelerare la transizione da un sistema energetico basato sulle fonti fossili a uno basato su efficienza energetica ed energie rinnovabili. L’auspicato scatto in questa direzione, tuttavia, non c’è stato. Gli eventi drammatici sempre più frequenti, segnali di un Paese che sembra si stia “sgretolando”, fanno parlare periodicamente di eventi naturali estremi spesso con effetti disastrosi e dai forti impatti sui territori interessati.

La fragilità del nostro territorio è cosa nota, così come gli effetti che sul territorio provoca il cambiamento climatico. Si tratta ormai di un'emergenza per la vita sul pianeta, che impatta su frequenza e intensità di alcuni eventi atmosferici e aggrava le condizioni di rischio dei fenomeni di dissesto idrogeologico e idraulico, con conseguenti frane, alluvioni, allagamenti. Provoca ondate di calore, siccità, desertificazioni, altro argomento di drammatica attualità, con gravi impatti sulla salute e sull'economia.

Come mostrano anche i più recenti eventi, l’Italia è un territorio particolarmente esposto ai rischi climatici, e il quadro che emerge è preoccupante: aumento delle temperature e riduzione delle precipitazioni medie annue, con ondate di calore e prolungata siccità che moltiplicano il rischio incendi e diminuiscono la quantità di acqua disponibile; aumento di frequenza e intensità delle precipitazioni intense e scioglimento di ghiacciai che intensificano il rischio idrogeologico; incrementi di mortalità, soprattutto negli ambienti urbani, per malattie causate dal legame fra innalzamento delle temperature e concentrazioni di ozono e polveri sottili.

Si continua ad affrontare come emergenza, tuttavia, un tema e un problema, quello degli effetti del cambiamento climatico, in realtà ormai alla conoscenza di tutti, rispetto al quale mancano adeguate verifiche, modelli di valutazione dei rischi, azioni concrete necessarie per rendere resiliente il nostro Paese, limitare i rischi da eventi estremi, prevenirne o minimizzarne gli effetti, riducendo perdita di vite umane e costi. Un'emergenza che impone di agire con rapidità e radicalità sia in termini di mitigazione che di adattamento, riorganizzando l'azione pubblica attorno ad alcuni concetti chiave che superino quelli di emergenza, episodicità, frammentazione.

La Cgil da tempo ha espresso le sue rivendicazioni, da ultimo nella piattaforma con Cisl e Uil sulla giusta transizione, per garantire il passaggio verso un nuovo modello di sviluppo sostenibile, ponendo la necessità e l’urgenza di piani, misure e risorse specifiche che consentano anche di attuare la trasformazione senza che ci siano impatti negativi per i lavoratori e le fasce più deboli della popolazione.

In questa direzione, il Pnrr poteva rappresentare l’occasione per agire sulla mitigazione e accelerare la transizione da un sistema energetico basato sulle fonti fossili a uno basato su efficienza energetica ed energie rinnovabili. L’auspicato scatto, tuttavia, non c’è stato. Sono stati previsti alcuni interventi, ma volti all’immediato, non risolutivi e con risorse non adeguate a monitorare e manutenere in modo efficace il territorio dai rischi naturali. Contraddicendo la necessità di una strategia e una pianificazione multidimensionale, a livello temporale e spaziale.

Oggi si torna a parlare di prevenzione, ma dopo l’ennesimo evento disastroso che ha prodotto perdita di vite umane. L'azione per la mitigazione del cambiamento climatico è prioritaria per limitare i rischi da eventi estremi. Occorre accelerare la decarbonizzazione di tutti i settori dell'economia, rispettare i nuovi target europei di riduzione del 55% delle emissioni al 2030 rispetto al 1990 e di neutralità climatica al 2050, e l'obiettivo di contenere l'incremento della temperatura globale entro 1,5 gradi.

Allo stesso tempo dobbiamo anticipare gli effetti attuali e attesi del cambiamento climatico per prevenirne o minimizzarne gli effetti, riducendo al minimo i danni ambientali, la perdita di vite umane e i costi economici conseguenti al cambiamento climatico, mettendo in atto misure, improntate alla sostenibilità, di tipo tecnologico, basate sugli ecosistemi e finalizzate a determinare cambiamenti comportamentali.

Deve essere quindi approvato il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che definisca le azioni concrete e le risorse adeguate a rendere resiliente il nostro Paese. Non abbiamo tempo. È necessario agire adesso e con azioni ex ante, lungimiranti e risolutive, rispetto a una prassi consolidata che vede quasi esclusivamente poco efficaci azioni ex post.

Simona Fabiani è responsabile delle politiche per il clima, il territorio e l'ambiente, trasformazione green e giusta transizione della Cgil
Laura Mariani è responsabile dell’Ufficio Politiche abitative e dello sviluppo urbano della Cgil