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L'80° anniversario dell'eccidio Dopo il forfait in agosto a Stazzema il governo invia i ministri forzisti Tajani e Bernini

Sergio Mattarella incontra Frank-Walter Steinmeier foto LaPresse Sergio Mattarella incontra Frank-Walter Steinmeier – foto LaPresse

Oggi a Monte Sole e Marzabotto si celebra l’80 esimo anniversario dell’eccidio che Ss e fascisti perpetrarono tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 sulle colline a pochi chilometri da Bologna. Ci sarà Sergio Mattarella con il collega tedesco Frank-Walter Steinmeier: nel 2002 furono Carlo Azeglio Ciampi e Johannes Rau ad abbracciarsi sotto le querce di Monte Sole, un gesto di memoria e di riconciliazione per la più grave strage di civili della seconda guerra mondiale su territorio italiano. Incontreranno i parenti di alcune delle 770 vittime di quella violenza cieca contro civili inermi, alcuni trucidati dentro la chiesetta di Casaglia di cui ora restano solo le rovine. Poi visiteranno il sacrario, infine i discorsi ufficiali nella piazza di Marzabotto. La giornata si aprirà con jna messa officiata dal presidente della Cei Matteo Zuppi. Mattarella e Steinmeier, entrambi al secondo mandato, sono ormai amici, e hanno passato tre giorni sempre insieme durante la visita del capo dello Stato in Germania. E insieme partiranno domani da Colonia per raggiungere Bologna e poi Marzabotto. Steinmeier si è detto «grato» per l’invito e si appresta a venire in Italia con «profonda umiltà».

Il governo, last minute, fa sapere che ci sarà. Non si ripeterà quanto accaduto a Stazzema a inizio agosto, tra mille polemiche, quando l’esecutivo di Giergia Meloni non inviò neppure un sottosegretario all’80 esimo anniversario di quell’eccidio. Ci sarà il ministro degli Esteri e leader di Fi Antonio Tajani, che volerà dalla Germania a Bologna insieme al Cepo dello Stato che ha accompagnato durante la visita di Stato. E ci sarà anche la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, sempre di Fi, bolognese. Presenze che fino a ieri pomeriggio non erano state comunicate, lasciando il dubbio che il governo Meloni volesse ignorare anche questo importante anniversario. E invece, complice la moral suasion del Quirinale, questo sgarbo è stato evitato. Non è un caso che il governo sia rappresentato da due esponenti di Forza Italia, mentre quelli di Fdi e Lega si siano tenuti a distanza, a partire dai sottosegretari bolognesi Galeazzo Bignami e la salviniana Lucia Borgonzoni .

Il ruolo del Colle è stato determinante per superare rancori, ferite e pregiudizi, per poter parlare da qualche anno di compiuta riconciliazione italo-tedesca. Nel 2013 i presidenti Giorgio Napolitano e Joachim Gauck resero omaggio a Sant’Anna di Stazzema, commemorando le 560 vittime della strage nazista del 12 agosto 1944. Per Mattarella la memoria è un pilastro fondamentale: il giorno stesso dell’elezione al Quirinale il suo primo atto ufficiale fu una visita alle Fosse Ardeatine a Roma. Ci tornò poi con Steinmeier nel maggio del 2017. In agosto, nel suo messaggio al sindaco di Stazzema, il presidente ricordò che in quei luoghi «la repubblica ha le sue radici» e che Stazzema, come Marzabotto, compongono un «sacrario europeo del dolore» da cui nasce la democrazia

Germania. La direzione del Gruppo ha prevalentemente ignorato importanti tendenze del mercato e non ha effettuato investimenti. Ora si è aperto il dibattito, cui partecipano politici e sindacati, su come salvare la casa d’auto. Anche con aiuti pubblici

Volkswagen, i problemi di mobilità sono problemi di classe Modellini giocattolo del Maggiolino Volkswagen, in basso una protesta nello stabilimento di Wolfsburg - Ap

La Volkswagen (VW) è in profonda crisi. Si annuncia la chiusura di alcuni impianti. Nel 2023, la multinazionale aveva ancora enormi riserve accumulate e registrava un utile netto di 16 miliardi. Di questi, 4,5 miliardi sono stati distribuiti nel 2024. Sebbene fattori come l’aumento dei costi dell’energia abbiano giocato un ruolo nella crisi, la direzione del Gruppo ha prevalentemente ignorato importanti tendenze del mercato e non ha effettuato investimenti che sarebbero stati importanti.

Non solo, ma soprattutto per il mercato centrale di VW, la Cina, manca nella gamma un’auto elettrica economica. Chi si lascia sfuggire tali sviluppi non deve sorprendersi se risulta poi fortemente penalizzato dal punto di vista economico. Le leggi della concorrenza sono implacabili. Alla luce della situazione attuale, tuttavia, sono le enormi distribuzioni di profitti a far scuotere la testa.

VW ha ora annunciato riduzioni dei costi e un duro programma di austerità. Per i dipendenti, in particolare, non è un buon segno il fatto che il Gruppo abbia annullato diversi accordi salariali aziendali che prevedevano, tra l’altro, la garanzia del posto di lavoro fino al 2029. La direzione vuole ora rinegoziare le retribuzioni di operai e dirigenti. L’azienda potrebbe procedere a licenziamenti per ragioni aziendali già a partire dal 2025.

Oltre ai dipendenti, tutto questo sta spingendo anche i politici e i sindacati a intervenire, con le loro idee, nel dibattito su come salvare la VW. Per il Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW), gruppo conservatore di sinistra, scissionista del Partito della Sinistra tedesca, fondato da Sahra Wagenknecht qualche mese fa, l’intera situazione è piuttosto imbarazzante, poiché negli ultimi mesi i suoi politici si sono ripetutamente espressi a favore di un ritorno ai motori a combustione, invece di sostenere la necessaria svolta verso la mobilità elettrica. I sindacati e il consiglio di fabbrica stanno cercando di trovare soluzioni socialmente accettabili. Si discuterà anche di aiuti pubblici.

Nulla di tutto ciò è sbagliato in linea di principio. Ma il partito Die Linke, il partito socialista democratico nel sistema partitico tedesco, dovrebbe andare oltre e riconoscere, ad esempio, che un’azienda guidata dai dipendenti avrebbe gestito i profitti del passato in modo più responsabile e investito in modo più sostenibile nel proprio futuro.

Oltretutto la cogestione e le quote rilevanti di VW detenute dallo Stato federale della Bassa Sassonia conferiscono al Gruppo una posizione speciale nel panorama industriale tedesco. Ad esempio, l’elevato livello di partecipazione statale in Bassa Sassonia consente di esercitare un’influenza significativa sulla politica aziendale di VW. Qui si dovrebbero porre ulteriori questioni, ad esempio la proposta di una socializzazione di ampio respiro che andrebbe finalmente portata avanti nel dibattito con fiducia e sicurezza di sé.

Sarebbe anche opportuno per una sinistra politica collegare strettamente la crisi del VW con l’imminente transizione della mobilità sociale. Non si tratta solo di mobilità elettrica, soprattutto se deve essere sociale. Perché i problemi di mobilità sono problemi di classe. Le persone più povere nelle aree urbane e rurali dipendono da una rete di trasporti pubblici strutturata e funzionale. Nelle aree rurali è molto più difficile garantirla, a causa delle diverse densità di popolazione. Deve essere ben finanziata sia nelle aree urbane che in quelle rurali. E sono necessarie anche ricerca, sviluppo e produzione che creino la tecnologia, i veicoli e le infrastrutture che servono non solo per il trasporto privato, ma anche per il trasporto pubblico.

In definitiva la crisi del Gruppo potrebbe essere una leva per portare avanti un “cambio di corsia” socio-ecologico. Per raggiungere questo obiettivo, VW dovrebbe essere ritenuta responsabile e i politici dovrebbero creare le condizioni quadro necessarie per il cambiamento.

*L’autore è consulente per la formazione politica presso la Rosa-Luxemburg-Stiftung di Berlino. Ha gentilmente accettato di scrivere una versione per i lettori italiani del suo articolo pubblicato dal quotidiano della sinistra tedesca Nd 

 

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FRANCIA. Estrema destra al 33%, blocco di sinistra al 28% 306 le sfide “triangolari”. Ma non tutto è perduto. Il Fronte popolare fa un passo indietro quando utile. Tra i centristi invece ci sono dubbi. I Républicains, in netto declino, non danno nessuna indicazione di voto. La coalizione del presidente, Ensemble, in testa solo in 68 circoscrizioni

Emmanuel Macron

L’estrema destra è alle porte del potere in Francia. Ma è ancora possibile evitare il peggio, la maggioranza assoluta al Rassemblement National. Bisogna aspettare oggi alle 18, per vederci più chiaro sugli schieramenti per il secondo turno di domenica 7 luglio, dopo la conferma del terremoto politico che sta scuotendo la Francia con i risultati del primo turno.

Ieri c’erano già più di 170 “desistenze” al secondo turno dei candidati nelle 306 sfide “triangolari” possibili. L’alta affluenza alle urne ha permesso molte “triangolari”, cioè oltre ai primi due candidati arrivati in testa un terzo ha la possibilità di presentarsi (ci sono persino 5 quadrangolari).

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