In Italia, scrive il collettivo Wu Ming, più di venti milioni di aventi diritto al voto ritengono l’attuale offerta politica inaccettabile, quando non disperante e/o nauseabonda. Dentro l’astensione ci sono riserve di energia politica che, quando tornerà in circolazione, scompaginerà il quadro fittizio che alimenta la chiacchiera politica quotidiana
Un solo esempio per far capire quanto l’astensione al 44% distorca la “fotografia” e renda i ragionamenti sulle percentuali dei votanti – anziché del corpo elettorale – del tutto sballati: alle politiche del 4 marzo 2018 il PD prese 6.161.896 voti. Alle Europee di ieri, 6.045.723. Non c’è nessun «recupero», sono oltre 116.000 voti in meno rispetto all’anno scorso. L’iperattivismo polemico di Carlo Calenda e la retorica da Madre di Tutte le Battaglie non hanno ottenuto nulla salvo un effimero superare una «soglia psicologica» che non ha corrispondenza nel reale. Per chi dice che non vanno comparate elezioni diverse, ecco il dato delle precedenti Europee: 11.203.231. In cinque anni il PD ha perso oltre cinque milioni di voti, eppure, in preda all’effetto allucinatorio da percentuali “drogate” dall’astensione, la narrazione è quella del «recupero», della «rimonta», del «cambio di passo».
Se proprio si vuole ragionare in termini di percentuali, ragionando sul 100% reale vediamo che la Lega ha il 19%, il PD il 12%, il M5S il 9,5%. Sono tutti largamente minoritari nel Paese. Rimuovere l’astensione rende ciechi e sordi a quel che si muove davvero nel corpo sociale. In Italia più di venti milioni di aventi diritto al voto ritengono l’attuale offerta politica inaccettabile, quando non disperante e/o nauseabonda. Dentro l’astensione ci sono riserve di energia politica che, quando tornerà in circolazione, scompaginerà il quadro fittizio che alimenta la chiacchiera politica quotidiana, mostrando che questi rapporti di forza tra partiti sono interni a un mondo del tutto autoreferenziale.
Ora facciamo un esempio concreto di come rimuovere l’astensione abbia prodotto un effetto abbagliante e condotto a sfracellarsi chi si era fatto abbagliare. Alle precedenti Europee il PD di Renzi prese il 40,81% del 57,22%, cioè il 23,3% reale. Ma tutti (s)ragionarono e discussero come se quello fosse «il 40% degli italiani». Renzi si convinse di avere quel consenso nel Paese, anche perché glielo ripetevano tutti gli yes-men e le yes-women di cui si era circondato. La sua politica consistette nello sfidare tutto e tutti, nel tentare ogni genere di forzatura, disse che avrebbe usato il «lanciafiamme» e quant’altro. Si rese talmente inviso nel corpo sociale reale del Paese che a un certo punto non fu più in grado di parlare in nessuna piazza, dovette annullare frotte di comizi, scappare dal retro ecc. Era la stagione di #Renziscappa.
La mappa di #Renziscappa, 2014-2016. Clicca per vedere la storymap.
Vi fu chi fece notare che quelle contestazioni erano un sintomo di qualcosa, che bisognava porvi attenzione. La risposta, invariabile, era: «Sono episodi che non dicono niente, Renzi ha il 40%, resterà al governo per 20 anni». Intanto, però, il dissenso montava e convinceva milioni di persone a tornare a votare per votargli contro nel referendum costituzionale del 2016. A quel referendum votarono oltre cinque milioni di persone in più rispetto alle Europee, e il Sì fu sconfitto con sei milioni di voti di distacco, tondi tondi.
Vale anche in senso inverso, e un esempio lo abbiamo avuto proprio ieri: l’astensione ha causato un vero e proprio tracollo del M5S. Cinque milioni in meno rispetto alle politiche dell’anno scorso. Il M5S aveva intercettato una parte dell’astensione e anche di spinta dal basso di movimenti sociali, ma ha ben presto dimostrato la propria inconsistenza, deludendo oltremisura, e molti che l’avevano votato se ne sono andati, plausibilmente senza dare il voto a nessun altro.
Questo per dire che:
1. Qualunque discorso sul consenso politico nel Paese che non tenga conto della «variabile impazzita» – nel senso di imprevedibile – rappresentata dalle energie “congelate” nell’astensione, e dunque dal flusso alternato voto/non-voto, è un discorso campato in aria.
2. Le piazze, le contestazioni, le manifestazioni di dissenso contano eccome, sovente
Leggi tutto: Sui veri risultati elettorali - del collettivo Wu Ming
Commenta (0 Commenti)Nel secondo terremoto politico in un anno, la sinistra è finita sotto le macerie. Il responso delle urne punisce severamente la lista a sinistra del Pd, che abbiamo sostenuto con convinzione e scarse speranze. Non bisognava essere facili profeti per temere di sbattere contro il muro del 4%, ma a quel muro non ci si è nemmeno avvicinati.
Il confronto con i verdi e le sinistre europee è impietoso. Mentre negli altri paesi l’onda verde sta assumendo i connotati del partito di massa, come in Germania, e le stesse sinistre, pur se in pesante arretramento, tuttavia sono al 5,6, 10 per cento, in Italia il 2,2% dei Verdi e l’1,7% di La Sinistra, ci relegano a fanalino di coda in Europa.
Nel paese c’è un’area larga e impegnata, di realtà sociali e ambientaliste più vasta di quel milione di voti che Verdi e La Sinistra hanno raggiunto, perdendo entrambi. E lo spettacolo delle divisioni non ha giovato. I verdi sono andati leggermente meglio ma sarebbe utile prendessero qualche lezione da francesi e tedeschi.
A parziale giustificazione del tonfo della sinistra può essere portato il fatto che ormai il paese passa da un terremoto all’altro. Con un sistema mediatico implacabile, votato al plebiscito, alimentato da investimenti massicci sulla comunicazione, Salvini docet. Esserne tagliati fuori, riuscire qualche volta a diventare la notizia, come nel caso della Mare Ionio sull’immigrazione, non infrange la regola di una disconnessione culturale e politica.
Nemmeno un anno è trascorso dall’onda anomala che a marzo 2018 aveva portato il Movimento di Di Maio al 32% e che oggi, maggio 2019, lo precipita al 17% spostandosi impetuosamente verso il 34% della Lega.
Se l’Italia ha votato meno, finendo a fondo classifica anche sulla partecipazione, da dove sono venuti i 3 milioni di voti conquistati da Salvini? Da tutto il paese, purtroppo anche da Riace, da Lampedusa, già in passato governata da una sindaca leghista, dal Piemonte e dall’Umbria, dal Nord e dal Sud, quel Sud dove i 5Stelle perdono 2 milioni di voti facendo il pieno dell’astensione, dissanguandosi con un forte travaso a favore della Lega.
L’analisi dei flussi, il giorno dopo, chiarisce i contorni delle linee di frattura, la dinamica dei travasi e, fondamentale, dirada molta nebbia con il conto puro e semplice dei voti assoluti. Il Pd ne perde per strada circa 100mila. Sul Partito democratico grava
Leggi tutto: Errare è umano perseverare è diabolico - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)Italia. Nella visione del governo la guerra è da tempo diventata «umanitaria» e l’accoglienza umanitaria è tout-court «criminale». Quando dovrebbe essere evidente che chi apre i porti ai mercanti di armi e li chiude al soccorso umanitario e all’accoglienza, distrugge la civiltà, cancella il futuro e prepara il campo aperto dell’odio
Se volete avere una rappresentazione tangibile e concreta della natura del governo in carica, quello del «contratto» tra sovranismo razzista della Lega e populismo giustizialista del M5S, guardate il Belpaese da nord a sud, nei suoi due porti di Genova e di Lampedusa.
Da una parte, nella capitale ligure, è attraccata la nave saudita Bahri Yanbu, tradizionalmente carica di armamenti; dall’altra nell’estrema isola siciliana rimaneva fino a 48 ore fa confinata al largo la Sea Watch, la nave di soccorso umanitario ai profughi. Porti aperti, per decisione del governo italiano, ai carichi di armi per un paese in guerra come l’Arabia saudita e per il conflitto sanguinoso in Yemen; porti chiusi, sempre per decisione del governo italiano e in particolare del ministro dell’odio Matteo Salvini, invece per i carichi di esseri umani disperati.
Ma per entrambi, ecco la novità, di fronte ai silenzi, alle ambiguità, alla tracotanza del governo che ora si rimpalla le responsabilità, in crisi con se stesso e con la coscienza della società civile italiana, sul fronte dei porti è scesa in campo la protesta. Di chi a Genova, attivisti e sindacalisti, non vuole più contribuire ad insanguinare il mondo con i traffici di armi e blocca una nave la Bahri Yanbu di fatto militare – appartiene infatti alla società saudita che gestisce il monopolio della logistica militare di Riyadh.
A Lampedusa è scesa in strada una lenzuolata di civiltà che vuole accogliere invece che respingere chi fugge disperato dalle troppe nostre guerre e dalla miseria prodotta dal nostro modello di rapina delle risorse energetiche, in Africa e non solo.
È una sintonia di avvenimenti con la quale irrompe nell’Italietta ripiegata
Leggi tutto: Porti aperti alle armi, chiusi agli umani - di Tommaso di Francesco
Commenta (0 Commenti)L'ultima frontiera. Se gli elettori democratici, di sinistra, quelli che hanno schiantato il Pd al 18 per cento, quelli parcheggiati con i 5Stelle del 32 per cento, votassero la nuova lista, lo sbarramento verrebbe superato di slancio
Oggi si vota, con lo spettro della Lega primo partito in Italia e in Europa, affiancato a Le Pen e perno dell’asse nazionalista nel Mediterraneo. L’appuntamento con le urne coinvolge poco meno di 400 milioni di persone, chiamate a una scelta importante, anche se le elezioni europee sono tra le meno frequentate dai cittadini: in genere il livello di astensione è alto e sono sempre state considerate un mega sondaggio sugli umori politici che attraversano il Vecchio Continente. Finora.
Gli appelli al voto, a non restare a casa, si rivolgono per lo più a un’area sparpagliata, disillusa, tentata dall’astensione. Il manifesto ne ha pubblicato uno, firmato da centinaia di uomini e donne che appartengono ad una storia comune (come Rossana Rossanda, Luciana Castellina, Lidia Menapace), a sostegno di La Sinistra, la lista che in pratica, dopo l’Altra Europa per Tsipras, rimette insieme una parte della diaspora di Rifondazione comunista.
Archiviata l’esperienza di Liberi e Uguali, un altro tentativo di ricomporre spezzoni dell’area a sinistra del Partito democratico, come principale artefice Sinistra Italiana. Si poteva allargare e unire di più, Possibile, Potere al Popolo, i Verdi, probabilmente.
Guardiamo con qualche apprensione allo sbarramento del 4 per cento (voluto a suo tempo dal Pd e Fi, a scanso di fastidiose compagnie). Soprattutto perché La Sinistra è una forza piccola. Nelle ultime settimane ha raccolto consensi, e se l’impresa riuscirà, con l’obiettivo di ritrovarsi nel gruppo europeo del Gue, questa lista potrà rappresentare battaglie e idee sulla pace, sul lavoro, sull’integrazione, sui diritti umani, sull’ambiente, sulla democrazia degli Stati uniti d’Europa. Per recuperare il sogno originario, e avere un ruolo significativo nel contrastare lo strapotere delle potenze imperiali, che trovano miopi vassalli nei partiti sovranisti. La spada di Damocle della dispersione dei voti è un ricatto pesante, come se le minoranze non avessero diritto di rappresentanza.
Se gli elettori democratici, di sinistra, quelli che hanno schiantato il Pd al 18 per cento, quelli parcheggiati con i 5Stelle del 32 per cento, votassero la nuova lista, lo sbarramento verrebbe superato di slancio.
E La Sinistra in Europa potrebbe uscire dalla marginalità delle forze alternative italiane, costruendo un fronte credibile, affidabile, ampio, insieme agli amici e ai compagni spagnoli, tedeschi, francesi, greci… . E potrebbe dare un contributo di ri-costruzione europea.
La Sinistra candida alcuni assidui collaboratori del manifesto (come il nostro Sandro Medici, Piero Bevilacqua, Luigi Pandolfi, Ginevra Bompiani), nomi e competenze al servizio di una battaglia da condurre in Italia e in Europa, per avere più diritti sociali, più libertà, più uguaglianza. Per essere inclusivi e in grado di rispondere in modo costruttivo e non violento ai fenomeni migratori. Pensare di farlo chiudendo porti, alzando muri (noi, invece, i muri li abbattiamo con la campagna iorompo.it di sostegno al giornale), è propaganda, pericolosa, aggrava il problema da ogni punto di vista.
Non hanno bisogno di appelli invece gli elettori che seguono i capipopolo gialloverdi, due leader divoratori delle luci della ribalta, grazie all’appiattimento, quando non è stato servilismo, mediatico (soprattutto televisivo). Hanno dilagato con un’overdose totalizzante, come si addice a un regimetto.
E manterranno vivo il loro protagonismo scenografico/politico, anche dopo i risultati elettorali, quando le famiglie europee dei popolari e dei socialisti conteranno, secondo le previsioni dei sondaggi, i voti persi per fare maggioranza nel parlamento di Strasburgo. Dove peserà anche la misura della distanza tra i due grandi gruppi. Il domani europeo è dunque molto incerto.
Più chiaro è invece lo scontro con chi in questi ultimi dieci mesi ha sgovernato il Paese, alimentando un clima di intolleranza, di divisione, di odio, di paura.
Costringendo l’Italia a comportamenti e scelte di stampo razzista. Creando una situazione di incertezza economica, che in autunno si farà sentire con virulenza.
Negando, almeno in parte, le radici della nostra democrazia, della Costituzione e della Resistenza.
Su tutti questi aspetti non mancano contraddizioni, come testimoniano le sceneggiate quotidiane tra M5S e Lega. E in queste contraddizioni la sinistra, l’area democratica, deve saper accentuare le differenze, reali, non fermandosi al teatrino politico dei leader. Tra l’altro, nell’offrire l’autosufficienza come alternativa di governo, il Partito democratico risulta poco credibile per il suo stesso elettore.
Ovvero la tentazione continuista di un Pd diversamente renziano, con i gruppi parlamentari che tirano nella vecchia direzione, nonostante qualche generoso contributo da sinistra.
Per il M5S seguire la Lega delle tangenti e dell’odio verso gli immigrati, della stretta «legge e ordine», del proibizionismo sulle droghe, della vandea antiabortista e omofoba equivale a un lento suicidio, e soprattutto ci regalerà il trionfo di un senso comune rabbioso, violento, disposto a scambiare sicurezza contro libertà.
Una deriva che non piove dal cielo ma affonda le radici nel terremoto del 4 marzo.
Il risultato del voto di oggi potrà accentuare le divaricazioni nella maggioranza, conteranno i numeri. Non per determinare una crisi di governo, assai poco probabile, ma per capire come cambieranno i rapporti di forza, e le linee di frattura
.
Ma se i duellanti pensano di mantenere l’Italia in uno stato di fibrillazione, si sbagliano. E di grosso. Perché oltre il voto c’è il Paese. Con i suoi problemi.
Basta andare in un centro di assistenza sociale per avere un’idea più precisa dei bisogni, delle sofferenze, dell’inadeguatezza del welfare. Inizia a farsi sentire e vedere un’opposizione sociale, c’è un antifascismo che ha ritrovato vigore, e c’è una lista di sinistra che chiede un voto di fiducia e incoraggiamento per non essere marginale nella lotta politica in Italia e in Europa.
Commenta (0 Commenti)Lavorare per una cittadinanza sociale europea.
«Uno status di diritti che l’Unione garantisca a donne e uomini. Capace di abbattere ogni discriminazione, uniformare i livelli di servizi sociali tra i paesi e garantirne la piena esigibilità».
È il programma che una rete di associazioni ha presentato in vista delle elezioni europee.
«Noi puntiamo a un riconoscimento dei cittadini e delle cittadine europei/e che non passi attraverso la mediazione degli stati. Pretendiamo che la stessa Ue sia diretta responsabile dei diritti fondamentali (reddito, lavoro, salute, casa).
Non è sufficiente che l’Europa consenta all’Italia di fare più debito. Il bilancio comunitario deve pagare i servizi sociali, garantendo a tutti livelli uniformi», scrivono in un documento l’Associazione per il rinnovamento della sinistra, il Centro per la riforma dello Stato e il Coordinamento per la democrazia costituzionale.
Hanno aderito anche il portavoce della Rete dei numeri pari Giuseppe De Marzo e Filippo Miraglia della presidenza Arci.
«Il documento non dà indicazioni di voto – ha spiegato Vincenzo Vita, presidente dell’Ars – ma i temi che vengono proposti, da quelli femministi a quelli sul digitale all’immigrazione, sono un contributo alla costruzione di una nuova prospettiva di sinistra».
Palermo promuove la prof, «Torni subito in cattedra» - di Alfredo Marsala su "il Manifesto".
La buona scuola. Rivolta di piazza contro la sospensione della docente siciliana per il video degli alunni sulle leggi razziali.
L’orgoglio dei prof, molti con i capelli bianchi. E quello degli studenti. In centinaia sono scesi in piazza a Palermo per stringersi attorno a Rosaria Maria Dell’Aria, la professoressa di lettere sospesa per due settimane, con lo stipendio dimezzato, dall’istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III, perché colpevole, secondo l’ufficio scolastico provinciale, di non avere controllato l’elaborato di un gruppo di studenti che per la giornata della memoria: nel video, presentato poi in aula magna, i ragazzi hanno fatto un parallelismo tra le leggi razziali del ’38 e le misure del decreto sicurezza volute dal ministro Matteo Salvini, che hanno cancellato alcuni diritti acquisiti dai migranti, a cominciare dal permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Due i presidi in una giornata in cui molti docenti hanno aderito allo sciopero indetto da cobas-Anief, Confasi, Unicobas-Cub, Sur e Udir. Il primo sit-in davanti alla prefettura: qui si sono radunati gli studenti medi, lo Slai-Cobas, l’Usb, delegazioni del partito comunista. «Dalle scuole fuori la polizia», hanno urlato gli studenti, dietro allo striscione «No alla censura nelle scuole», per protesta contro il blitz della Digos al Vittorio Emanuele dopo la segnalazione fatta da qualcuno contro il video «incriminato».
«Le nostre scuole non sono caserme, la cultura non si arrende» hanno intonato i ragazzi; al loro fianco anche il sindaco Leoluca Orlando, che ha appoggiato la mobilitazione. Il gruppo si è poi spostato in via della Verdura, dove si è tenuto il secondo presidio, organizzato dai sindacati proprio davanti al Vittorio Emanuele III e al quale hanno aderito molti docenti prof provenienti da diversi istituti e licei della città, con delegazioni di esponenti della Sinistra e del Pd. Una manifestazione pacifica, con le bandiere di Cgil Cisl e Uil.
Il caso è diventato politico. Interrogazioni parlamentari sono state presentate dal Pd ma anche dal M5s, alleato della Lega, per chiedere al governo chiarezza sulla sospensione della docente, ritenuta scandalosa e spropositata.
Il sottosegretario alla Presidenza, Giancarlo Giorgetti, sostiene che il governo non c’entra nulla e che la decisione è stata presa «dalle autorità scolastiche». Stessa versione fornisce il ministro, Marco Bussetti. «Mi sono fatto mandare le carte per valutare la cosa, le ho chieste visto l’effetto che ha avuto questa decisione». Tenta di metterci una pezza il vice premier Salvini, la cui immagine compare nel video realizzato dagli studenti, rilanciato ieri mattina da Pietro Grasso, e che Leoluca Orlando ha fatto pubblicare nel sito istituzionale del comune.
Giovedì prossimo il ministro sarà a Palermo per la commemorazione della strage Falcone. «Sono sicuro, e ne sarei felice, – dice il vice premier – che ci sarà anche modo di incontrare la professoressa Rosa Maria Dell’Aria, che mi auguro possa tornare quanto prima al suo lavoro a scuola, e gli studenti di quella scuola per spiegare cosa sto facendo per la sicurezza del mio Paese e la distanza abissale tra le mie idee e progetti e le leggi razziali del periodo fascista».
Intanto gli avvocati Fabrizio La Rosa e Alessandro Luna, figlio tra l’altro della prof Rosa Maria Dell’Aria, stanno preparando il ricorso al giudice del lavoro di Palermo. «Stiamo valutando attentamente tutta la documentazione in nostro possesso – affermano i legali – entro dieci giorni depositeremo il ricorso con cui chiederemo l’illegittimità del provvedimento disciplinare». Tante le solidarietà arrivate alla prof. «Mi sento più confortata perché nonostante il dispiacere e l’amarezza che rimangono, ho sentito vicino l’affetto di amici, colleghi, studenti, i quali mi hanno manifestato la loro solidarietà come tante persone che nemmeno conosco».
La docente dice di sentirsi «frastornata dall’esplosione mediatica che mi ha messo a disagio, ma questo deriva dal mio modo di essere, dal mio carattere riservato». E sulle tante iniziative in suo favore aggiunge: «Ringrazio tutti, le manifestazioni di solidarietà non possono che farmi piacere perché sono il segno concreto di affetto e di sostegno».
Le polemiche sono roventi. Nicola Fratoianni, della Sinistra, attacca il ministro Bussetti che «non dice un parola quando un liceo organizza una visita alla sede della massoneria, però difende quegli amministratori leghisti arrestati per corruzione, negando decisamente che siamo di fronte ad una nuova Tangentopoli». «Meno male che c’è una nuova generazione di ragazzi e ragazze che si sta ribellando alla cultura dell’odio», rincara il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, secondo cui la «professoressa siciliana non ha alcuna colpa se non quella di garantire il libero pensiero dei suoi studenti». E il sindaco Orlando chiosa: «L’amministrazione comunale e tutta la città sono grate agli studenti e a chi li accompagna nel percorso di crescita; un percorso di consapevolezza e cittadinanza attiva».
Per l’Usb scuola «la decisione degli ispettori del provveditorato di Palermo è esclusivamente di natura politica: dare un segnale di compiacenza al governo e al ministro di turno, a pochi giorni dalle elezioni europee, in un momento di vacanza del posto di direttore generale dell’Usr Sicilia».