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L'ultima frontiera. Se gli elettori democratici, di sinistra, quelli che hanno schiantato il Pd al 18 per cento, quelli parcheggiati con i 5Stelle del 32 per cento, votassero la nuova lista, lo sbarramento verrebbe superato di slancio

Oggi si vota, con lo spettro della Lega primo partito in Italia e in Europa, affiancato a Le Pen e perno dell’asse nazionalista nel Mediterraneo. L’appuntamento con le urne coinvolge poco meno di 400 milioni di persone, chiamate a una scelta importante, anche se le elezioni europee sono tra le meno frequentate dai cittadini: in genere il livello di astensione è alto e sono sempre state considerate un mega sondaggio sugli umori politici che attraversano il Vecchio Continente. Finora.

Gli appelli al voto, a non restare a casa, si rivolgono per lo più a un’area sparpagliata, disillusa, tentata dall’astensione. Il manifesto ne ha pubblicato uno, firmato da centinaia di uomini e donne che appartengono ad una storia comune (come Rossana Rossanda, Luciana Castellina, Lidia Menapace), a sostegno di La Sinistra, la lista che in pratica, dopo l’Altra Europa per Tsipras, rimette insieme una parte della diaspora di Rifondazione comunista.

Archiviata l’esperienza di Liberi e Uguali, un altro tentativo di ricomporre spezzoni dell’area a sinistra del Partito democratico, come principale artefice Sinistra Italiana. Si poteva allargare e unire di più, Possibile, Potere al Popolo, i Verdi, probabilmente.

Guardiamo con qualche apprensione allo sbarramento del 4 per cento (voluto a suo tempo dal Pd e Fi, a scanso di fastidiose compagnie). Soprattutto perché La Sinistra è una forza piccola. Nelle ultime settimane ha raccolto consensi, e se l’impresa riuscirà, con l’obiettivo di ritrovarsi nel gruppo europeo del Gue, questa lista potrà rappresentare battaglie e idee sulla pace, sul lavoro, sull’integrazione, sui diritti umani, sull’ambiente, sulla democrazia degli Stati uniti d’Europa. Per recuperare il sogno originario, e avere un ruolo significativo nel contrastare lo strapotere delle potenze imperiali, che trovano miopi vassalli nei partiti sovranisti. La spada di Damocle della dispersione dei voti è un ricatto pesante, come se le minoranze non avessero diritto di rappresentanza.

Se gli elettori democratici, di sinistra, quelli che hanno schiantato il Pd al 18 per cento, quelli parcheggiati con i 5Stelle del 32 per cento, votassero la nuova lista, lo sbarramento verrebbe superato di slancio.

E La Sinistra in Europa potrebbe uscire dalla marginalità delle forze alternative italiane, costruendo un fronte credibile, affidabile, ampio, insieme agli amici e ai compagni spagnoli, tedeschi, francesi, greci… . E potrebbe dare un contributo di ri-costruzione europea.

La Sinistra candida alcuni assidui collaboratori del manifesto (come il nostro Sandro Medici, Piero Bevilacqua, Luigi Pandolfi, Ginevra Bompiani), nomi e competenze al servizio di una battaglia da condurre in Italia e in Europa, per avere più diritti sociali, più libertà, più uguaglianza. Per essere inclusivi e in grado di rispondere in modo costruttivo e non violento ai fenomeni migratori. Pensare di farlo chiudendo porti, alzando muri (noi, invece, i muri li abbattiamo con la campagna iorompo.it di sostegno al giornale), è propaganda, pericolosa, aggrava il problema da ogni punto di vista.

Non hanno bisogno di appelli invece gli elettori che seguono i capipopolo gialloverdi, due leader divoratori delle luci della ribalta, grazie all’appiattimento, quando non è stato servilismo, mediatico (soprattutto televisivo). Hanno dilagato con un’overdose totalizzante, come si addice a un regimetto.

E manterranno vivo il loro protagonismo scenografico/politico, anche dopo i risultati elettorali, quando le famiglie europee dei popolari e dei socialisti conteranno, secondo le previsioni dei sondaggi, i voti persi per fare maggioranza nel parlamento di Strasburgo. Dove peserà anche la misura della distanza tra i due grandi gruppi. Il domani europeo è dunque molto incerto.

Più chiaro è invece lo scontro con chi in questi ultimi dieci mesi ha sgovernato il Paese, alimentando un clima di intolleranza, di divisione, di odio, di paura.

Costringendo l’Italia a comportamenti e scelte di stampo razzista. Creando una situazione di incertezza economica, che in autunno si farà sentire con virulenza.

Negando, almeno in parte, le radici della nostra democrazia, della Costituzione e della Resistenza.

Su tutti questi aspetti non mancano contraddizioni, come testimoniano le sceneggiate quotidiane tra M5S e Lega. E in queste contraddizioni la sinistra, l’area democratica, deve saper accentuare le differenze, reali, non fermandosi al teatrino politico dei leader. Tra l’altro, nell’offrire l’autosufficienza come alternativa di governo, il Partito democratico risulta poco credibile per il suo stesso elettore.

Ovvero la tentazione continuista di un Pd diversamente renziano, con i gruppi parlamentari che tirano nella vecchia direzione, nonostante qualche generoso contributo da sinistra.

Per il M5S seguire la Lega delle tangenti e dell’odio verso gli immigrati, della stretta «legge e ordine», del proibizionismo sulle droghe, della vandea antiabortista e omofoba equivale a un lento suicidio, e soprattutto ci regalerà il trionfo di un senso comune rabbioso, violento, disposto a scambiare sicurezza contro libertà.

Una deriva che non piove dal cielo ma affonda le radici nel terremoto del 4 marzo.

Il risultato del voto di oggi potrà accentuare le divaricazioni nella maggioranza, conteranno i numeri. Non per determinare una crisi di governo, assai poco probabile, ma per capire come cambieranno i rapporti di forza, e le linee di frattura

.

Ma se i duellanti pensano di mantenere l’Italia in uno stato di fibrillazione, si sbagliano. E di grosso. Perché oltre il voto c’è il Paese. Con i suoi problemi.

Basta andare in un centro di assistenza sociale per avere un’idea più precisa dei bisogni, delle sofferenze, dell’inadeguatezza del welfare. Inizia a farsi sentire e vedere un’opposizione sociale, c’è un antifascismo che ha ritrovato vigore, e c’è una lista di sinistra che chiede un voto di fiducia e incoraggiamento per non essere marginale nella lotta politica in Italia e in Europa.