LA TRAGEDIA. Si indaga per omicidio stradale plurimo, il procuratore di Venezia: «Nessun segno di frenata, nessun contatto con altri mezzi, il pullman ha sbandato e poi è finito giù». Si ipotizza un malore dell'autista. Ventuno le vittime, quindici i feriti
Un odore di bruciato è la prima cosa che si avverte la mattina dopo la strage di Mestre, lì dove è accaduta, sotto il cavalcavia Vempa. C’è anche un mazzo di fiori, appoggiato a terra non troppo distante da un sacchetto di banane andate a male e bottiglie di bibite mezze piene. Gli sguardi vanno verso il punto in cui il pullman della società privata Linea ha urtato il guardrail, martedì sera, per poi fare un volo di oltre dieci metri. Il guardrail è una linea interrotta, proprio come il tragitto del mezzo che da Venezia stava riportando i villeggianti nel camping Hu di Marghera. Poco più in là, a terra, le sbarre per attaccarsi che a nulla sono servite ai passeggeri e il pulsante rosso, per prenotare la fermata, ormai carbonizzato.
«Una tragedia immane, una scena apocalittica» commenta il prefetto Michele Di Bari, per poi fare il punto della situazione, snocciolando i numeri della strage. Ventuno le vittime, tutte identificate: 9 ucraini, 4 rumeni, 3 tedeschi, un croato, 2 portoghesi, un sudafricano e un italiano, l’autista trevigiano Alberto Rizzotto. Tra loro, due minori e una coppia in viaggio di nozze, con la donna incinta al sesto mese. Quindici i feriti (undici quelli identificati) tra cui quattro ucraini, un tedesco, un francese, un croato, due spagnoli e due fratellini austriaci di 3 e 13 anni che hanno perso la mamma e il suo compagno, e una bimba ucraina di quattro anni in gravissime condizioni all’ospedale di Padova.
La dinamica dell’incidente è ancora poco chiara, l’ipotesi che va per la maggiore riguarderebbe un malore dell’autista. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio stradale plurimo colposo. Il procuratore capo della Repubblica di Venezia, Bruno Cherchi, ha fatto sapere che dei «punti fermi ci sono: «Nessun segno di frenata, nessun contatto con altri mezzi, l’autobus avrebbe sbandato sulla destra e strisciato il guardrail per circa 50 metri prima di sfondarlo e precipitare». Ed è proprio sul guardrail che torna anche Andrea, un autista della società Linea che l’indomani della strage è in servizio proprio sulla tratta del camping Hu. «Era tutto arrugginito, non avrebbe tenuto nemmeno una bicicletta, serve una protezione più alta».
Solo il 4 settembre, sul sito del comune di Venezia veniva pubblicato l’annuncio di inizio dei lavori di consolidamento del cavalcavia, per un importo di 5.718.475,92 euro, in parte finanziato dal Pnrr. «Pronti a garantire la sicurezza di chi usa le nostre strade» aveva dichiarato l’assessore ai trasporti Renato Boraso. Che ci fosse bisogno di interventi, lo ribadisce anche Andrea: «È un tratto di strada pericoloso, stiamo sempre attenti. Dal video che sta circolando, si vede che il bus rallenta, forse aveva un dubbio, bisogna andare a fondo» dice, ancora incredulo per l’accaduto. Nel passare sopra il cavalcavia stringe il volante, lo sguardo si rabbuia e probabilmente la mente corre al pensiero che, inevitabilmente in casi come questi, arriva: E se fosse successo a lui?
«Tragedie come queste fanno riflettere. Nel nostro campo ci sono insidie tutti i giorni, siamo esposti a rischi e abbiamo molte responsabilità. Eppure il nostro lavoro viene considerato nullo dal punto di vista economico e rispetto ai riposi». Lui, ad esempio, quel giorno ha attaccato alle 7 e fino alle 19. Certo, ci sono state le pause, di due ore la mattina e di un’ora il pomeriggio. Ma è davvero riposo a bordo di un bus? D’altronde, il servizio delle navette ha continuato incessantemente ad andare avanti perché i turisti si aspettano Venezia e Venezia bisogna dare. C’è stata una tragedia la sera prima? Basta un messaggio di cordoglio, il sistema del profitto non si può interrompere.
«Stiamo fuori dalle 12 alle 13 ore per coprire turni di 7 e abbiamo paghe da fame. I sindacati? Sono consapevoli della situazione ma non fanno molto. Non basta parlarne quando succede la tragedia, noi lavoriamo tutti i giorni» dice, arrivato ormai davanti all’ingresso del camping presidiato dalla polizia. «Sei una giornalista? Allora scrivi della situazione della nostra categoria». Il sindaco Brugnaro e il governatore Zaia hanno proclamato il lutto cittadino per tre giorni in tutto il Veneto