La settimana lavorativa di quattro giorni fa bene: alla salute dei lavoratori, all’ambiente e alla produttività. In Germania il sindacato dei metalmeccanici la chiede ufficialmente, in mezzo mondo si sperimenta già. Ma in Italia, vedi Schlein, guai a parlarne
GERMANIA. Per la Ig Metall la settimana corta va adottata ufficialmente. E a Berlino già si prova. La confindustria fa resistenza. Ma il tema è al centro del dibattito e accende la tv
Da ipotesi teorica a proposta concreta, con la sperimentazione pratica nelle imprese partita già 3 giorni fa. La Germania accende la settimana lavorativa di 4 giorni non più solamente come dibattito politico, dopo che Ig Metall, il maggiore sindacato europeo, ha proposto di adottarla ufficialmente per «incentivare i lavoratori rendendoli più produttivi e attrarre nel mondo del lavoro persone non più disposte a lavorare ai ritmi attuali». Succede nel primo Paese europeo per abitanti ed economia, in piena recessione, con il made in Germany che chiede 400 mila immigrati all’anno per riempire le catene di montaggio e le ore lavorate ampiamente sotto la media Ocse: i tedeschi faticano in media 1.349 ore all’anno contro le 1.872 dei greci.
EPPURE NON È un paradosso, come evidenzia l’emittente statale Deutsche Welle che ospita la discussione di interesse pubblico dando ampio risalto ai «risultati positivi» dei progetti pilota organizzati dall’Ong neozelandese 4 Day Week Global con la collaborazione di oltre 500 aziende in tutto il mondo, tra cui spicca proprio la Germania. Giovedì scorso a Berlino è stato lanciato il programma per la settimana lavorativa di 4 giorni su base volontaria che invita le imprese a candidarsi per il periodo di prova di sei mesi. Il piano è gestito dall’agenzia di consulenza tedesca Intreprenör in partnership con 4Dwg.
Sempre sulla tv pubblica emerge il parallelo sondaggio fra i lavoratori della Fondazione Hans-Böckler: restituisce il 73% a favore della settimana corta a retribuzione invariata mentre l’8% accetterebbe anche meno soldi in busta paga. Solo il 17% si dice contrario a priori a qualsiasi calo delle ore di lavoro.
Ig Metall, a scanso di equivoci, spegne gli appetiti imprenditoriali su eventuali trattative al ribasso chiedendo l’aumento di stipendio dell’8,5% insieme ai 4 giorni lavorativi. Piattaforma già pronta in Nordreno-Vestfalia e nel Land di Brema dove il prossimo novembre si aprirà la vertenza che coinvolge tutti i 68 mila metalmeccanici del Nord-Ovest della Germania. «Intanto vogliamo abbassare subito l’orario di lavoro a 32 ore settimanali con la compensazione salariale completa. Così sarà già possibile applicare la settimana di 4 giorni in molte aree» è il ragionamento del sindacato.
LA REDAZIONE CONSIGLIA:
Una sperimentazione che funziona. Dalla Gran Bretagna al Giappone
BOLLATA COME pericolosa «utopia» dalla confindustria locale guidata da Cornelius Neumann-Redlin, convinto al contrario che «la riduzione delle ore lavorative non è la risposta adeguata alle sfide del nostro tempo. I baby-boomer stanno andando in pensione, quindi in futuro dovremo lavorare di più e più a lungo per mantenere intatta l’attuale prosperità».
Il dibattito sulla Deutsche Welle si concentra anche sulle statistiche Ocse tali da far apparire paradossale la proposta del sindacato. La domanda ironica è: «Noi tedeschi siamo pigri?». A rispondere è Enzo Weber, giovane economista dell’Istituto per la ricerca sull’occupazione di Norimberga e professore all’Università di Regensburg. «Il tasso di partecipazione alla forza lavoro delle donne tedesche è significativamente più alto degli altri paesi, però metà delle donne lavorano a tempo parziale abbassando così la media annuale pro capite. I tedeschi non lavorano certo poco. Anche se i vecchi giorni di gloria della Germania come sbuffante potenza produttiva sono tramontati da tempo». Piuttosto il calo di produttività tedesca si deve alla crisi energetica: «Le ore lavorate in totale rimangono stabili ma la produzione si riduce a causa dei maggiori costi del Kilowattora».
I LAVORATORI DUNQUE non c’entrano, sottolineano alla Ig Metall preparandosi al nuovo corso con Christiane Benner, impegnata nella cruciale ristrutturazione dell’industria automobilistica nazionale e decisa ad «avere voce in capitolo anche con Tesla» che possiede la Gigafactory alle porte di Berlino. A fine ottobre Benner diventerà la prima donna a capo del sindacato. Si dovrà confrontare con gli industriali ben più riottosi dei piccoli imprenditori. «La settimana di 4 giorni potrebbe rendere più attraenti le imprese artigiane per i lavoratori qualificati» riassume Jörg Dittrich, presidente della federazione degli artigiani e delle piccole aziende