SECONDO ATTO. Deve finire presto, con un cessate il fuoco permanente, ma i nostri governi qui in Italia e in Europa (e tanto meno gli Usa) non hanno il coraggio di chiederlo
Ma che sorpresa… Alla fine spunta il documento che aspettavamo: come riportava ieri il New York Times il governo israeliano da oltre un anno sapeva dei piani di Hamas persino nei dettagli (40 pagine esaustive denominate “Muro di Gerico”). Ma li hanno ignorati.
È così particolareggiato da sembrare fabbricato ex post. In sintesi: la guerra ad Hamas Netanyahu poteva farla prima ma hanno lasciato che cominciassero gli altri. E ora, come ci informa il Wall Street Journal, inizierà anche la campagna all’estero per uccidere i leader di Hamas ospitati in Qatar, Libano, Turchia, così come sono stati eliminati in questi decenni leader dei palestinesi, dei libanesi Hezbollah e ufficiali dei pasdaran iraniani. Useranno tutti i mezzi, da quelli più sofisticati ad altri tradizionalmente insidiosi: nel 1997 il Mossad, ad Amman, tentò di far fuori con il veleno il capo Hamas Khaled Meshal. «Hanno i giorni contati», aveva avvisato il premier Netanyahu il 22 novembre riferendosi a loro e anche ai tre capi di Hamas a Gaza (Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Marwari Issa).
Cosa significa questo? Che il futuro di Gaza e del Medio Oriente potrebbe essere ancora peggiore di questo tragico presente.
In mezzo alle tregue, l’offensiva israeliana ora riprende – « la guerra deve continuare», insiste il gabinetto di guerra a Tel Aviv – puntando decisamente su Gaza Sud dove sono affluiti capi e militanti di Hamas insieme a oltre un milione e mezzo di profughi dal Nord della Striscia.
Significa, scrive il Financial Times, citando fonti israeliane, che continueranno le operazioni militari – un eufemismo per dire i bombardamenti – almeno fino all’inizio del 2024, se non oltre.
Sarà una strategia «flessibile», sostengono i vertici militari di Tel Aviv, dettata da molteplici condizionamenti: l’andamento delle operazioni sul terreno, i negoziati per la liberazione degli ostaggi, le pressioni internazionali, soprattutto americane perché le altre contano ben poco.
E anche le pressioni di Washington sono accompagnate dalla usuale e mortale ambiguità: nelle ultime settimane il Pentagono ha inviato un flusso costante di armi e munizioni a Israele, cui la Casa Bianca ha promesso 14 miliardi di dollari di aiuti.
Insomma siamo alle solite: qui si prendono lupi per agnelli. «Niente ci fermerà», ha detto il premier Netanyahu, alle prese con
Leggi tutto: Netanyahu non si ferma: c’era una volta Gaza - di Alberto Negri
Commenta (0 Commenti)È fuggito dalla Germania nazista e ci è tornato come americano, è andato a Harvard e alla Casa Bianca, è stato segretario di stato di Nixon e Ford, consigliere di tutti i presidenti, potente lobbista per big della finanza, della chimica, dell’auto. Di passaggio ha fatto bombardare la Cambogia, prolungato la guerra in Vietnam, appoggiato il golpe in Cile e vari altri capolavori di realpolitik. Si è spento a cent’anni Henry Kissinger
IL SECOLO GREVE. Si è spento l’eterno segretario di Stato, «il criminale più amato dalla classe dirigente». Anche dopo essere uscito di scena con la presidenza Carter, l'influenza sua e delle sue idee è andata ben oltre la durata effettiva dei suoi mandati ufficiali
«Henry Kissinger, il criminale di guerra amato dalla classe dirigente americana, è finalmente morto». Così ha sobriamente titolato Rolling Stone l’articolo di Spencer Ackerman uscito poco dopo l’annuncio della morte del segretario di Stato più potente di tutti i tempi.
«L’infamia dell’architetto della politica estera di Nixon giace, eternamente, accanto a quella dei peggiori assassini di massa della storia. Una vergogna più profonda grava sul Paese che lo celebra», ha scritto Ackerman in un articolo ripreso e diffuso da tutta quella parte di America che lo aveva individuato come nemico sin dagli anni ’70, quando Nixon venne lo chiamò alla Casa Bianca come segretario di Stato, ruolo che ha mantenuto dal 1973 al 1976, passando attraverso due amministrazioni repubblicane, quella di Nixon e quella di Ford. A scoprirlo però era stato il primo, che lo aveva reclutato nel 1969 come consigliere alla sicurezza.
KISSINGER era ebreo, nato in Baviera nel 1923 con il nome di battesimo di Heinz Alfred, ed era fuggito dall’Olocausto con la famiglia nel 1938. Nel 1950 si laureò con lode ad Harvard, dove aveva studiato scienze politiche e dove nel 1951 e nel 1954 conseguì il master of arts e il dottorato in filosofia.
«Ad Harvard – scrive Greg Grandin su Jacobin – Kissinger durante la discussione di un seminario affermò, che non si può essere radicalmente liberi e allo stesso tempo soggetti a un requisito morale fisso (…) In altre parole, Kissinger si dichiarò ben presto a favore di ciò che la Nuova Destra moderna ha denunciato, almeno fino a poco tempo fa, come relativismo radicale: non esiste una verità assoluta». Arrivato in una posizione di potere Kissinger non si è smentito, ed è diventato una figura molto discussa per la sua realpolitik, un’idea spietata e cinica secondo cui gli stati possono perseguire i propri interessi in qualsiasi modo.
Di fatto Kissinger non hai mai smesso il ruolo di segretario di Stato. Anche dopo essere uscito di scena con la presidenza Carter, l’influenza sua e delle su
Leggi tutto: L’addio a Henry Kissinger, cent’anni di improntitudine - di Marina Catucci, NEW YORK
Commenta (0 Commenti)ISRAELE/PALESTINA. L’appello di 4mila tra intellettuali, giornalisti, artisti, diplomatici e associazioni italiane
Los Angeles, manifestazione per la pace a Gaza - Ap/Damian Dovarganes
La fragile tregua ottenuta per Gaza è il frutto di una lunga mediazione internazionale, ma servono un cessate il fuoco permanente e una vera soluzione politica per una prospettiva concreta di pace e giustizia.
Il 7 ottobre Hamas ha ucciso e rapito civili inermi nelle loro case, per strada, a un festival sottraendoli alle loro famiglie. È stato un attacco che ha colpito prevalentemente civili ebrei israeliani, tra cui bambini, anziani, attivisti storici per la pace e contro l’occupazione ma anche lavoratori migranti, palestinesi con passaporto israeliano o residenti in Israele. Sono seguite settimane di bombardamenti indiscriminati da parte del governo israeliano contro la popolazione di Gaza, con scuole ed ospedali divenuti cimiteri. Più di un milione di palestinesi è stato costretto a lasciare le proprie case per dirigersi nel sud di Gaza, che non è più un luogo sicuro.
Non ci sono corridoi umanitari adeguati, acqua, cibo, energia. In Cisgiordania è cresciuta esponenzialmente la violenza da parte di coloni armati contro la popolazione civile palestinese.
Davanti a questi orrori, l’opinione pubblica internazionale in Europa si è polarizzata, con il ritorno di gravissimi episodi di antisemitismo e islamofobia, riportandoci alla retorica dello scontro di civiltà che ha fatto danni enormi negli ultimi decenni.
La lotta contro l’antisemitismo non può essere né una mossa ipocrita per cancellare il retaggio del fascismo, né un’arma in più per reprimere il dissenso e alimentare xenofobia e pregiudizio antiarabo. Deve invece essere parte integrante della lotta contro ogni forma di razzismo.
Questa logica binaria – da una parte o dall’altra – è la trappola a cui è necessario sottrarsi in questo momento. Non si può cancellare l’orrore del 7 ottobre, ma si può fermare la strage a Gaza. Un crimine di guerra non ne cancella un altro: alimenta solo l’ingiustizia che prepara il terreno ad altra violenza.
Rivendichiamo il diritto e il dovere di guardare la guerra sempre dal punto di vista delle vittime, perché sono loro l’unica certezza di ogni conflitto.
La protezione dei civili, senza distinzione di nazionalità, residenza o religione, e degli ospedali, deve essere il primo obiettivo di un’azione diplomatica della comunità internazionale e delle forze della società civile.
Chiediamo la fine definitiva del massacro a Gaza, l’avvio di corridoi umanitari adeguati e la liberazione di tutti gli ostaggi. In Israele oltre mille palestinesi sono trattenuti in detenzione amministrativa, tra cui centinaia di minori, di cui chiediamo il rilascio. È necessaria una soluzione politica a partire dalla fine del regime di apartheid e delle politiche di colonizzazione e di occupazione militare israeliane. Non potrà mai esserci sicurezza – per i palestinesi, per gli israeliani, per nessuno di noi, – senza eguaglianza, diritti e libertà.
* * * Promotori: Emergency, Laboratorio ebraico antirazzista – LeA, Mediterranea e Assopace Palestina;
Sottoscritto da tante altre associazioni, tra cui Amnesty International Italia, Arci, Libera, Gruppo Abele, AOI, Un Ponte per, Beati i costruttori di pace, Lunaria, Associazione SenzaConfine, Articolo 21… e per ora sono circa 4.000 quelli che hanno sottoscritto, tra questi 400 personalità del mondo accademico, del mondo dello spettacolo, giornalisti e diplomatici, tra cui:
don Luigi Ciotti, Miguel Benasayag, Goffredo Fofi, Marco Damilano, Michele Serra, Pier Francesco Favino, Alessandro Bergonzoni, Carlo Ginzburg, Fiorella Mannoia, don Albino Bizzotto, Lisa Clark, Toni Servillo, Ferzan Ozpetek, Luca Zingaretti, Elio Germano, Ascanio Celestini, Greta Scarano, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Vittoria Puccini, Giorgio Diritti, Mario Martone, Alba Rohrwacher, Alice Rohrwacher, Saverio Costanzo, Caterina Guzzanti, Paola Cortellesi, Edoardo Winspeare, Enzo Traverso, Carlo Rovelli, Tommaso Di Francesco, Alessandro Gilioli, Francesca Fornario, Stefano Nazzi, Alberto Negri, Nico Piro, Andrea Capocci, Alessandro Calascibetta, Ali Rashid, Alessandro Robecchi, Giulia Blasi, Donald Sassoon, Loredana Lipperini, Annamaria Testa, Raffaele Alberto Ventura, Luciana Castellina, Nicola Lagioia, Sandro Veronesi, Christian Raimo, Maurizio Braucci, Teresa Ciabatti, Mario Ricciardi, Giorgia Serughetti, Marco Revelli, Alessandro Portelli e tantissimi altri….
* Per l’elenco completo dei firmatari, individuali e collettivi, e per sottoscrivere al seguente sito: https://cessateilfuoco.org/
L’annuncio giunge al tramonto: accordo tra Israele e Hamas, due giorni in più di pausa fino a giovedì mattina. Ossigeno per Gaza stremata, aiuti in arrivo nel nord in macerie e altri scambi di prigionieri e ostaggi. Ma Netanyahu ripete: la guerra non finisce qui
STRISCIA POSITIVA. Al tramonto l'annuncio, tregua fino giovedì mattina. Israele ottiene nuove liberazioni di ostaggi. Il popolo di Gaza respira. Ma Nord la popolazione è in ginocchio
Sfollati palestinesi lasciano il nord di Gaza - Ap
La «pausa umanitaria», come la chiamano, continuerà anche oggi e domani. Il Qatar è riuscito a convincere Israele e Hamas a prolungarla evitando che oltre due milioni di palestinesi si risvegliassero questa mattina nell’incubo di nuovi bombardamenti aerei e di altre stragi di civili. Ieri solo dopo il tramonto le due parti hanno aperto la strada al quarto scambio di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi, rispettivamente 11 (tutti del kibbutz Nir Oz) e 33, quasi tutti giovanissimi. Era attesa la liberazione anche di sei lavoratori tailandesi sequestrati il 7 ottobre.
Altri due giorni senza esplosioni e morte. I palestinesi di Gaza li useranno per recuperare le forze, per fare scorta di cibo e, alcuni, anche per andare al mare. Nei giorni scorsi padri, madri e figli, incuranti del divieto di entrare in acqua emesso dall’Esercito israeliano, hanno goduto di qualche ora di riposo in spiaggia dopo settimane trascorse in condizioni di vita estenuanti nelle tendopoli e nelle scuole, con sovraffollamento, carenza di servizi igienici e docce e lunghe code giornaliere per piccole razioni di cibo e acqua, aggravate dall’impatto psicologico dei bombardamenti e degli sfollamenti. «Accanto al mare possiamo finalmente respirare, eppure siamo così depressi. Siamo sulla spiaggia ma vogliamo piangere», ha detto Asmaa al Sultan a un’agenzia di stampa. Il pensiero della donna va ai circa 15 mila palestinesi uccisi e alle altre migliaia che sono dispersi, probabilmente morti sotto le macerie colpiti da missili e bombe sganciate dall’aviazione israeliana.
Cosa accadrà da oggi a giovedì mattina, quando scadrà la
Commenta (0 Commenti)