Il sangue ora scorre in Iran: attentato al cimitero di Kerman, oltre 100 morti tra la folla che ricordava il generale pasdaran Soleimani. Nessuna rivendicazione, ma Teheran guarda già a Tel Aviv. Dal Libano, Hezbollah prova a frenare la corsa alla guerra regionale
LIBANO/GAZA. Il leader sciita Nasrallah elogia Saleh Aruri assassinato a Beirut da un drone israeliano, ma prova a non ampiare il conflitto. Sciopero generale nei Territori palestinesi occupati
Gaza. Bambino recuperato dalle macerie a Nusseirat - Ap
È andata come previsto alla vigilia. Commentando ieri dal suo bunker in Libano l’assassinio attribuito a un drone israeliano del numero due di Hamas, Saleh Aruri, avvenuto a Dahayeh martedì sera alla periferia meridionale di Beirut, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah nel suo atteso discorso di ieri non ha deviato dalla linea adottata negli ultimi tre mesi di evitare una guerra aperta con Israele. Rivolgendosi a una folla di sostenitori riuniti per l’anniversario dell’omicidio (compiuto dagli Usa) del generale iraniano Qassem Soleimani della Forza Quds, Nasrallah a un certo punto ha spiegato che, quando Hezbollah ha aperto «il fronte in Libano, lo ha fatto a sostegno del popolo oppresso a Gaza».
Questa azione, ha proseguito, «ha tenuto in considerazione la nostra visione strategica, la necessità di sostenere Gaza e le difficoltà in Libano». In sostanza Hezbollah è pronto alla guerra, se Israele attaccherà si troverà di fronte una forza formidabile ma non intende portare il Libano in una guerra che avrebbe conseguenze incalcolabili. «Le nostre battaglie non avranno limiti né controllo», ha affermato il leader del movimento sciita che poi ha aggirato la questione che si era aperta martedì sera di un attacco israeliano che ha violato la sovranità del Libano e avvenuto in un’area di Beirut dove Hezbollah mantiene le sue strutture civili (quelle militari in gran parte sono a sud).
Piuttosto Nasrallah, che ha elogiato la figura di Saleh Aruri, un suo interlocutore abituale, si è dilungato sui successi che avrebbe raggiunto la «resistenza» a sostegno della causa
Commenta (0 Commenti)MEDIO ORIENTE. Saleh Aruri era il riferimento delle Brigate Qassam. Tel Aviv vieta ai ministri di parlarne
Rafah, famiglie in fila per la vaccinazione dei bambini - Ap/Fatima Shbair
Di fronte all’assassinio ieri a Dahiyeh, alla periferia di Beirut, di uno dei massimi leader di Hamas, Saleh Aruri, e di altre cinque persone tra cui due comandanti militari del movimento islamico palestinese, qualcuno ora sospetta che il ritiro, cominciato nei giorni scorsi, di una parte dei reparti corazzati israeliani da Gaza, descritto come un cambio di strategia militare, sia avvenuto in vista di una possibile escalation al nord con Hezbollah.
TRUPPE TIRATE fuori da Gaza per un prossimo impiego contro il Libano. Si capirà nelle prossime ore se davvero ci sarà un conflitto vero e non più solo di attrito al confine tra Israele e Hezbollah come quello abbiamo visto da quando è cominciata l’offensiva a Gaza. Ieri sera si è riunito il gabinetto di guerra guidato da Benyamin Netanyahu e in Galilea è stato proclamato lo stato di massima allerta. Da Beirut sono giunte voci di una presunta intenzione di Hezbollah di lanciare razzi su Tel Aviv. In passato il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva avvertito: «Se attacchi Dahiyeh, bombarderemo Tel Aviv».
Oggi parla Nasrallah, il Libano trattiere il respiro
Si vedrà. Quello che è certo è che ieri Israele non ha ucciso un leader qualsiasi di Hamas. Aruri, 58 anni, non era solo il numero 2 del movimento islamico all’estero e
Leggi tutto: Israele arriva a Beirut, assassinato il n. 2 di Hamas - di Michele Giorgio, GERUSALEMME
Commenta (0 Commenti)IL CASO. Parte l’«assegno di inclusione» che sostituisce il «reddito di cittadinanza»: taglio di 1 miliardo mentre la povertà continua a crescere. Il Workfare di Meloni: tagliare il sussidio e spingere a un lavoro che non c’è. La denuncia dell'Inca e della Cgil Firenze: "Senza sussidio per formazione e lavoro da 3 mesi. Il governo fa cassa sui più vulnerabili"
Manifestazione per un reddito minimo garantito - LaPresse
L’inizio del nuovo anno ha segnato un’altra tappa della guerra ai poveri di chi già nel 2021 ha definito il «reddito di cittadinanza» come un «metadone di stato». Ieri è ufficialmente partita la terza «riforma» delle politiche di contrasto della povertà in pochi anni. Dopo il «Rei» del 2017 e il «reddito» del 2019, l’«assegno di inclusione» appena entrato in vigore ha irrigidito i criteri workfaristi già contenuti nel precedente «reddito di cittadinanza», peggiorandoli. Quest’ultima transizione è avvenuta in due tempi. Il primo è iniziato a settembre 2023, quando è stato istituito un sussidio per un’altra categoria di poveri: gli «occupabili». È il «supporto per la formazione e il lavoro». Almeno 240 mila ex beneficiari del «reddito di cittadinanza» definiti «occupabili» hanno perso il sussidio. E sono stati costretti a cercarsi un corso di formazione in cambio di 350 euro (200 in meno rispetto alla media del «reddito»). Non è però detto che ci siano riusciti, come sta emergendo da molte testimonianze.
SECONDO I PRIMI DATI sull’assegno di inclusione, dal 18 dicembre in totale avrebbero aderito 145 mila persone: 65 mila sono riuscite a presentare domanda online, 80 mila tramite i patronati. Quanto agli «occupabili», prima di Natale risultavano 114 mila domande per il «Supporto formazione lavoro», solo 70 mila ricevevano prima il «reddito di cittadinanza». Alla domanda dove siano finiti gli altri 170 mila ai quali è stato tolto il sussidio la ministra del lavoro Calderone ha sostenuto che
Leggi tutto: Reddito a ostacoli, la nuova guerra ai poveri - di Roberto Ciccarelli
Commenta (0 Commenti)Gaza senza tregua, sale il conto delle vittime civili sotto i bombardamenti. A rifornire gli arsenali israeliani ci pensa Biden, che bypassa il Congresso inviando altre armi e munizioni. 100 i reporter uccisi dal 7 ottobre
GAZA SOTTO ATTACCO. Nuovo pacchetto di armi in arrivo dalla Casa Bianca che scavalca il Congresso. Raid anche in Siria e Libano, guerra sempre più larga
Il 2023 si chiude con l’invasione israeliana di Gaza che ha fatto 21.672 morti, 165 dei quali tra venerdì e sabato, e 56.165 feriti, oltre ai circa 1.400 israeliani, tra civili e militari, rimasti uccisi il 7 ottobre nell’attacco di Hamas e nei mesi successivi. Il 2024 che comincia domani potrebbe portare all’escalation della guerra in Medio oriente. La Siria ieri ha accusato Israele di aver attaccato l’aeroporto militare di Nairab, vicino ad Aleppo. E la tv Al Mayadeen ha aggiunto che i raid aerei sono stati quattro.
L’aviazione israeliana, che giorni fa aveva ucciso a Damasco, Ravi Mousavi, uno dei comandanti più importanti della Guardia rivoluzionaria iraniana, ormai attacca ovunque, dal Libano alla Siria, obiettivi e milizie affiliate a Teheran. Venerdì sera, jet non identificati (ma tutti sanno che erano israeliani) hanno colpito un convoglio di otto camion, distruggendone quattro, e tre edifici usati da gruppi sostenuti dall’Iran nella città siriana di Albukamal lungo un valico di frontiera strategico con l’Iraq. Un comandante locale delle Forze di mobilitazione popolare irachene (Hashd Shaabi) ha riferito che quattro persone sono state uccise.
Al confine tra Libano e Israele non si può più parlare di guerra a bassa intensità. Le forze israeliane martellano il sud del Libano. Ieri in particolare il
Leggi tutto: Israele colpisce ovunque, le bombe le fornisce Biden - di Michele Giorgio, GERUSALEMME
Commenta (0 Commenti)STRISCIA SOTTO ATTACCO. Gli attacchi concentrati al centro e al sud. Israele: distrutta la casa segreta di Sinwar. L'ultradestra fa saltare la riunione del gabinetto di guerra israeliano
Gaza. Sfollati in fuga dall'offensiva israeliana - Ap
Sono sempre loro, gli sfollati, le vittime principali dell’invasione israeliana di Gaza, dei bombardamenti e delle stragi. Uomini, donne e bambini innocenti sbattuti da un punto all’altro della Striscia alla ricerca di una salvezza che non è garantita. Anche ieri decine di migliaia di sfollati si sono avviati a piedi, i più fortunati su carretti, verso l’ovest e il sud di Gaza, per sfuggire alla nuova offensiva di carri armati israeliani e sotto raid aerei che hanno raso al suolo case seppellendo al loro interno famiglie intere. Come nel campo profughi di Nuseirat, dove sono stati uccisi 35 membri, tra cui alcuni bambini, delle famiglie Jabr, Saidem e Hour. Poche ore prima 11 palestinesi della famiglia Ammour erano morti sotto le bombe a Fakhari (Khan Yunis). A Rafah i giornalisti locali sulla scena di un attacco che ha distrutto un edificio, hanno raccontato di aver visto la testa di un bambino sepolto ma vivo sporgere dalle macerie. Un soccorritore gli ha protetto la testa con una mano, mentre altri tentavano di spaccare una lastra di cemento per liberarlo.
Israele sta chiudendo l’anno con nuovi assalti nella zona centrale e meridionale di Gaza, innescando nuovi esodi mentre dilagano fame e malattie tra i due milioni di abitanti di Gaza. La settimana scorsa aveva dato la disponibilità a far entrare dall’Egitto 200 camion di aiuti al giorno ma giovedì solo 76 sono riusciti ad attraversare il valico di Rafah. Nelle ultime 48 ore, i reparti corazzati si sono fatti strada a cannonate all’interno di Bureij con intensi combattimenti in corso con Hamas nella periferia orientale del campo profughi, così come a
Leggi tutto: Fuga e sudari, la quotidianità di Gaza - di Michele Giorgio, GERUSALEMME
Commenta (0 Commenti)ISRAELE. Trenta giorni di pena, rinnovabili. È il primo caso di refusenik dal 7 ottobre. Fuori dalla base di Tel Hashomer lancia il suo messaggio: «L’attacco criminale contro Gaza non riparerà il terribile massacro compiuto da Hamas. La violenza non risolverà la violenza»
L'obiettore di coscienza israeliano Tal Mitnick
Il video di Tal Mitnick di fronte alla base militare di Tel Hashomer, a poca distanza dalla Striscia di Gaza, è stato pubblicato martedì. Il 18enne spiega in pochi secondi perché sta per entrare in prigione, a scontare una pena di 30 giorni (rinnovabile): obiezione di coscienza, non intende vestire l’uniforme dell’esercito israeliano, d’obbligo nel paese (tre anni di leva per gli uomini, due per le donne). Dal 7 ottobre è l’unico obiettore di coscienza.
«Credo che il massacro non possa risolvere un massacro – dice – L’attacco criminale contro Gaza non riparerà il terribile massacro compiuto da Hamas. La violenza non risolverà la violenza. Ed è per questo che rifiuto».
A pubblicare il video è Mesarvot, rete di sostegno dei refusenik, gli obiettori di coscienza. Perché non è vero che in Israele tutti indossano l’uniforme, di modi per non farlo ce ne sono: se gli ultraortodossi sono esentati per motivi religiosi, tante e tanti giovani ricorrono a certificati medici che ne attestano l’impossibilità.
Pochissimi rifiutano per dichiarati motivi politici (è illegale in Israele seppure lo preveda il diritto internazionale) e che accettano non solo la cella ma una vita da pariah in una
Leggi tutto: L’obiezione di Mitnick: «Rifiuto l’uniforme israeliana» - di Chiara Cruciati
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