Tutto pronto per il sì in parlamento all’autonomia differenziata, il prezzo pagato a Salvini per puntellare gli equilibri della destra. Si avvicina il vecchio progetto di secessione del ricco Nord, firmato dall’erede della prima Lega di Bossi e Gianfranco Miglio: il ministro Calderoli
AUTONOMIA. In parallelo con la trattazione nell’aula del senato del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata si sono svolte manifestazioni di protesta in numerose città italiane. Dalle cronache locali traiamo una […]
Roma - Presidio contro il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata - Lapresse
In parallelo con la trattazione nell’aula del senato del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata si sono svolte manifestazioni di protesta in numerose città italiane. Dalle cronache locali traiamo una valutazione generale: molte piazze, poca gente. Il bicchiere è mezzo pieno, o mezzo vuoto?
È giusto dire che sia mezzo vuoto e dobbiamo chiederci perché. Per una parte, la ragione si trova nella ormai ridotta capacità della politica di mobilitare la partecipazione popolare. È lo stesso motivo per cui vediamo che quasi metà del corpo elettorale – e in qualche caso ben oltre la metà – diserta le urne. Ma nella specie troviamo anche ragioni ulteriori, specificamente riferibili al ritardo con cui una sinistra variegata e frantumata ha preso atto della pericolosità del disegno leghista, e per qualche parte ha addirittura fatto proprie le sue lusinghe.
Chi ha partecipato alle manifestazioni è stato poi colpito da una generale assenza dei giovani. Piazze dominate dai capelli brizzolati sono un problema nel problema. Una battaglia contro l’autonomia differenziata trova il suo significato più vero nel rivolgersi a chi avvia oggi il suo percorso di vita.
Qui non si tratta di essere passatisti in cerca di un mondo che non è più. È la scelta – tra quelli possibili – di un futuro da orientare secondo i valori in cui si crede: per noi, eguaglianza, diritti, partecipazione democratica. Bisogna fare di più, nella capacità di mobilitare, spiegare, convincere.
In senato la maggioranza di destra vuole arrivare al voto finale in tempi brevissimi. Lo scenario delle riforme rimane quello della competizione tra
Leggi tutto: Progetto pericoloso, ma riflettiamo sulle piazze vuote - di Massimo Villone
Commenta (0 Commenti)Al suo primo test dopo il 2016 Donald Trump stravince come e più del previsto, stacca di 30 punti il suo clone DeSantis e ancora di più l’unica anti-trumpista del mazzo repubblicano, Nikki Haley. The Donald è tornato, ma non se n’era mai andato. E sono dolori per tutti
RIECCOLO. La sconfitta è Nikki Haley che sperava nel secondo posto, andato al governatore DeSantis
Alle primarie repubblicane dell’Iowa Donald Trump ha vinto, e ha proprio vinto tutto: non solo ha rispettato la soglia psicologica dello stare sopra il 50%, ma ha distaccato di 30 punti non la candidata che si era presentata come la sua alternativa, Nikki Haley, ma Ron De Santis, il candidato che è una sua copia che cerca di superarlo a destra. E questo risultato l’ha raggiunto facendo in tutto 7- 8 eventi in Iowa, al confronto di De Santis che negli ultimi mesi sembrava aver spostato lì la propria residenza , visto che ha passato più tempo nello stato del nord che nella soleggiata Florida.
Trump ha vinto almeno 20 dei 40 delegati dell’Iowa, con più del 50% dei voti. Si tratta del margine di vittoria più ampio nello stato dal 1988. Come se non bastasse, dopo la sua vittoria un altro candidato, Vivek Ramaswamy, ha sospeso la campagna elettorale e dato l’endorsement a Trump, consegnandogli il suo 7% di preferenze.
IN RISPOSTA alla vittoria di Trump, il presidente Joe Biden ha dichiarato: «Il punto è questo: le elezioni vedranno me e voi contro i repubblicani estremisti Maga (Make America Great Again, come da slogan di Trump ndr). Era vero ieri e sarà vero domani». In effetti questa è stata una vittoria più che annunciata e anticipata da mesi di sondaggi favorevoli che davano Trump in testa a tutti: un commentatore politico statunitense, nei giorni del voto in Iowa, ha più volte ripetuto che
Leggi tutto: «Vittoria lampo» di Trump in Iowa. Il partito è suo - di Marina Catucci, DES MOINES
Commenta (0 Commenti)Si apre in Svizzera il vertice dei super ricchi. Chiusi nell’hotel Edelweiss, cercano «stabilità» in un mondo devastato da speculazioni e disuguaglianze. Che aumentano ancora, dice una ricerca: i primi cinque miliardari del pianeta hanno raddoppiato i loro patrimoni
IL CASO. Il 54esimo forum mondiale dell’economia cerca di ristabilire la «fiducia» in un sistema frammentato che ha perso credibilità. In Svizzera 60 capi di Stato, 2800 invitati, le proteste contro il «greenwashing». Oxfam denuncia l’arricchimento dei miliardari e l’impoverimento dei salari e di intere popolazioni
Saluti dalla 54esima edizione del World Economic Forum di Davos dove prevalgono la paura, la volatilità e il timore dell’instabilità: le passioni dominanti nel capitalismo finanziario. A questi umori tendenti al tetro allude il tema che sarà discusso fino a venerdì: la «fiducia». «Ci troviamo in un mondo fratturato e a divisioni sociali sempre più profonde, che portano a un’incertezza e a un pessimismo diffusi. Dobbiamo ricostruire la fiducia» ha detto l’ottantacinquenne Klaus Schwab, già docente all’università di Ginevra, patron della kermesse svizzera diventata un’impresa di successo. Vasto programma per un capitalismo che prospera in borsa sulle altalenanti passioni tristi. Quella di Schwab è un’invocazione alla Moira, la forza superiore alla volontà degli dèi. Fosche restano le previsioni sulla globalizzazione neoliberale, la divinità celebrata dal 1971 tra queste alture svizzere dove Thomas Mann ha disegnato il paesaggio per la sua Montagna incantata.
A QUESTA SEDUTA spiritica quest’anno parteciperanno 2800 uomini e donne d’affari e sessanta capi di stato. Un kolossal tanto spettacolare, quanto ornamentale dal punto di
Leggi tutto: Alla fiera di Davos le disuguaglianze oscene del capitale - di Roberto Ciccarelli
Commenta (0 Commenti)Nella Coppa d’Asia oggi in Qatar scende in campo la nazionale di calcio palestinese. Le mancano gli atleti uccisi da Israele e anche gli stadi, usati dall’esercito di Tel Aviv come prigioni nella guerra di Gaza che compie 100 giorni. Ieri il numero dei morti è salito ancora: 23.843
GAZA/ISRAELE. Tre mesi di guerra, 23.843 palestinesi uccisi. L'Onu denuncia le condizioni orribili di Gaza. In Israele le famiglie degli ostaggi chiedono il loro rilascio. A Tel Aviv manifestazione per le dimissioni di Netanyahu
Gaza, 100 giorni dal 7 ottobre - Ap
Quando le raffiche e le esplosioni si placano e solo il ronzio dei droni rompe il silenzio delle macerie di Gaza, i pazienti in grado di camminare provano a lasciare l’ospedale Al Aqsa, nel centro della Striscia sotto attacco. È rischioso, devono attraversare una zona di guerra proclamata dall’esercito israeliano. Eppure, lo fanno perché sono disperati. Monther Abu Their è riuscito ad allontanarsi quattro giorni fa. «Dentro l’ospedale non mi sentivo sicuro, le esplosioni erano sempre più vicine. Mi sono armato di coraggio e sono uscito. Ho camminato temendo di essere colpito da una raffica. Dio mi ha protetto e sono riuscito a raggiungere senza danni un gruppo di persone», ha raccontato Abu Their a un giornalista palestinese. Nell’ospedale Al-Aqsa non c’è più energia elettrica, i generatori autonomi sono fermi e l’assistenza a feriti e ammalati è minima. «È molto rischioso per i pazienti che stanno cercando di andarsene», ha spiegato il dottor Tareq Abu Azzoum alla tv Al Jazeera «l’ospedale si trova in un’area considerata una zona di battaglia». Azzoum ha aggiunto che le forze israeliane si sono posizionate a poche centinaia di metri dalla struttura sanitaria mentre cercano di prendere il pieno controllo della superstrada Salah al-Din che attraversava tutta Gaza prima di essere distrutta in più punti dai bombardamenti aerei e dal passaggio di bulldozer e carri armati. Simile a quella dell’ospedale Al Aqsa è la situazione al Nasser di Khan Yunis. Filmati diffusi dall’agenzia Reuters mostrano pazienti sdraiati su barelle nei corridoi dell’ospedale e medici che utilizzano i telefoni cellulari per illuminare i pazienti. «Non abbiamo più posti letti. I medicinali all’interno del pronto soccorso sono insufficienti. Stiamo cercando di trovare alternative» ha avvertito il dottor Mohammed al Qidra.
Parole che contrastano con la versione del «rispetto dei civili e delle leggi umanitarie internazionali a Gaza» data dall’esercito israeliano ripetuta decine di volte in questi giorni dai
Commenta (0 Commenti)IL NODO STRETTO. Rappresaglia contro gli Houthi per gli attacchi nel Mar Rosso. Sale il prezzo del greggio
Piazze piene a Sana’a per il raid anglo-americano sullo Yemen contro gli Houthi. Gli Usa: «Difendiamo il commercio mondiale nel Mar Rosso», ma anche Israele. Che all’Aja si difende dall’accusa di genocidio. La guerra è già larga, e sempre di più nord contro sud
L'ANALISI. All'Aja il Sudafrica post-coloniale si fa portavoce del sud per un diritto globale non più solo "bianco". In Yemen al via una guerra a sostegno di Israele, e non tanto per la libertà di commercio
Soldati britannici verso il mar Rosso - Ap
«È stato il devastante j’accuse del secolo, la voce della decolonizzazione. Due ore di fatti e prove davanti alla Corte di Giustizia internazionale, dopo le quali non esiste più la scusa del “non sapevamo”. È caduta a pezzi la facciata di moralità e rettitudine che Israele e Stati uniti rivendicano; è stata fatta la Storia, indipendentemente da cosa poi decideranno i giudici, da a cosa si piegheranno».
Così Priyamvada Gopal (studi postcoloniali, Cambridge) ha commentato l’arringa sudafricana contro l’azione di Israele a Gaza. Quasi a darle ragione, le stesse grandi catene televisive, che non hanno trasmesso la diretta all’accusa, hanno poi mandato in livestream la risposta degli avvocati di Israele.
CASOMAI qualcuno nutrisse dubbi su come il processo arrivi a toccare in profondità i rapporti fra gerarchie coloniali e violenza di massa, a rappresentare il Sudafrica c’è un’avvocata irlandese, Blinne Ní Ghrálaigh, mentre la difesa di Israele è guidata da un avvocato britannico, Malcolm Shaw KC.
Laureata a Cambridge, Blinne Ní Ghrálaigh ha rappresentato la Croazia contro la Serbia e ha difeso le famiglie delle vittime del Bloody Sunday nordirlandese: ha dipinto Gaza come il primo genocidio nella Storia in cui le vittime trasmettono la loro stessa distruzione, nella speranza che il mondo possa fare qualcosa. Anche Shaw è già stato davanti alla Corte, in difesa di Serbia, Emirati arabi e Camerun: ha denunciato la distorsione di fatti e circostanze presentate dal team sudafricano.
Del resto, per quanto quest’ultimo abbia
Commenta (0 Commenti)Schlein conferma la sterzata sull’Ucraina: «Mai più deleghe in bianco al governo». I dem, ma anche Conte, chiedono di riconoscere lo stato di Palestina. Fratoianni raccoglie firme per condannare Netanyahu. A sinistra è competizione sulla pace con vista sulle europee
GUERRE. La leader Pd conferma: «Mai più deleghe al governo in politica estera». Resta il sostegno a Kiev. Il capo 5S: i leader non corrano alle europee. Gentiloni annuncia: non mi candido, torno in Italia. La segretaria dem: il partito è casa sua
Mercoledì in Parlamento «non c’è stata un’astensione del Pd sul pieno supporto sull’Ucraina. Abbiamo votato compattamente la nostra mozione che prevede un sostegno anche militare a Kiev e chiede alla Ue uno sforzo diplomatico molto più forte di quello che c’è stato finora. Ma ci siamo astenuti sul testo del governo perché non diamo più deleghe in bianco sulla politica estera a un esecutivo che non ha fatto nulla sul piano diplomatico». Elly Schlein, incontrando i giornalisti per presentare il convegno di oggi in Campidoglio per ricordare David Sassoli a due anni dalla morte, mette i puntini sulle “i” rispetto alla posizione del partito sull’Ucraina.
Il decreto che prevede il rinnovo del sostegno militare a Kiev (che arriverà in aula a fine gennaio), sarà votato dai dem, pur con alcuni dissensi individuali che già si erano manifestati l’anno scorso. Ma il punto ora è segnare una distanza dalla linea di Giorgia Meloni. «In questo anno l’unica iniziativa diplomatica del governo è stato l’annuncio di un piano fatto nella telefonata di Meloni con i due comici russi. Ma di quel piano non c’è traccia», spiega Schlein.
AL NAZARENO NON considerano i 9 voti a favore del testo della maggioranza (tra loro anche l’ex ministro Guerini) come una fronda verso la segretaria. Anche se l’ex responsabile Esteri Lia Quartapelle, ieri in un’intervista, ha usato parole dure. «Manca una posizione chiara e netta sull’Ucraina. Formalmente Schlein dice le parole che si devono dire. Ma si vede quando non ci mette il cuore». La segretaria non replica alle critiche interne e tira dritto: «La mozione del governo non si poteva votare, era uguale a
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