Code ai seggi, tensione, uffici degli scrutini guardati a vista da polizia armata (e a volte droni e cecchini): gli Stati uniti scelgono il presidente, sarà un lavoro lungo, Musk ha già acceso la macchina del fango social. Balzo dei consumi di alcool e droghe: è l’election anxiety
Elettorale americana Elon Musk fa campagna per Donald Trump da mesi, e ora che le elezioni sono arrivate, il suo comitato di raccolta fondi, American Pac, ha lanciato un gruppo su X per segnalare i famigerati brogli alle urne. I gruppi di estrema destra diffondono i loro piani anche su altre piattaforme e minacciano di «agire» qualora Trump non vincesse le elezioni
Proud boys sostenitori di Donald Trump a Bedminster, New Jersey – Getty Images
Da mesi il miliardario Elon Musk fa campagna per Donald Trump, e ora che le elezioni sono arrivate il suo comitato di raccolta fondi, American Pac, ha lanciato un gruppo sul social che l’imprenditore ha comprato e trasformato, X, ex Twitter, per segnalare i famigerati “brogli” alle urne.
L’Election Integrity Community, questo è il nome a dir poco orwelliano che è stato scelto, conta circa 50 mila membri, ed è il luogo in cui si possono «condividere potenziali episodi di frode elettorale o irregolarità riscontrate durante il voto alle elezioni del 2024».
DURANTE TUTTA LA CAMPAGNA, le forze dell’ordine federali e i funzionari elettorali dei due schieramenti hanno parlato costantemente delle minacce che gli operatori elettorali si sono trovati ad affrontare, mentre tentavano di svolgere dei compiti basici per organizzare il processo di voto.
Ora il giorno delle elezioni è arrivato, e il Team Trump, gli attivisti conservatori, i gruppi di pressione di destra e l’uomo più ricco del mondo, stanno conducendo una campagna di pressione coordinata e su più fronti per costringere gli scrutatori a eseguire gli ordini di Trump, spingendoli a rifiutarsi di certificare il risultato delle elezioni, se dovesse essere svaforevole a The Donald.
Per fare questo il piano è semplice e sotto gli occhi di tutti, e si basa sulle accuse infondate di frode elettorale e sulle incessanti bugie del tycoon su come i democratici gli stiano rubando le elezioni da due cicli elettorali.
Con il potere di X che amplifica, questa rete di sostenitori di Trump spera di costruire la narrazione di elezioni rubate su accuse non supportate, o basate su presunte prove che sono solo dei malintesi sulle funzioni fondamentali dell’amministrazione elettorale.
La repubblicana Liz Cheney, una delle voci critiche più accese nel Gop su Trump, la settimana prima del voto aveva predetto che «X sarà un canale importante» per quanti sostengono che le elezioni siano state rubate e ha definito la piattaforma un «pozzo nero» sotto la guida di Musk.
IN EFFETTI AMERICA PAC è diventato un luogo di
Commenta (0 Commenti)Stati uniti Kamala Harris recupera in Iowa e corre subito in Pennsylvania. Donald Trump se la gioca nel Michigan degli elettori uncommitted. Musk in tribunale per il caso della «lotteria» per spostare consensi verso il Gop
La mappa elettorale degli stati Usa aggiornata a ieri, 4 novembre
Il rush finale dei democratici si gioca tutto in Pennsylvania: ieri Kamala Harris ha fatto quattro tappe nello swing state, tra cui due comizi nelle città principali, Pittsburgh e Philadelphia, dove era accompagnata dall’ormai consuetudinario cast di all star (da Lady Gaga ai The Roots e Oprah Winfrey).
L’importanza assunta dal Michigan, la possibilità che il movimento uncommitted possa aiutare la spallata repubblicana allo stato del blue wall, la dimostra invece il fatto che ieri l’ultimo comizio di Trump della campagna elettorale si è tenuto a Grand Rapids. Poche ore prima il suo vice JD Vance era salito sul palco a Flint.
Il candidato repubblicano ha fatto anche due tappe in Pennsylvania e una in North Carolina, a Raleigh – dove ha passato il suo primo rally della giornata ad attaccare Barack Obama: «Divisore in capo». La notte prima a Greensboro, sempre North Carolina, l’ex presidente era diventato virale – dopo una giornata passata a sostenere che nel 2020 non avrebbe dovuto lasciare la Casa bianca e che non gli dispiacerebbe vedere spari sui giornalisti – grazie alla panoramica ribelle di un cameraman che, mentre Trump vantava tutti i posti pieni al suo comizio, aveva inquadrato le dozzine di file di sedie libere al di sopra dell’ex presidente.
A UN GIORNO dal voto i rilevamenti delle ultime ore danno i due candidati sempre testa a testa, anche se, per
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Nella foto: Centinaia di volontari si riuniscono a Valencia per prestare aiuto dopo la devastante alluvione del 29/3o ottobre @Jose Jordan/Afp via Getty Images Oggi un Lunedì Rosso dedicato alle attese. Quella più trepidante durerà ancora poche ore. Manca infatti solo un giorno alle elezioni presidenziali americane. Gli occhi del mondo sono puntati su una tornata elettorale cruciale, quanto incerta negli esiti. Attesa è anche quella di un partito politico che è stato, nel contesto italiano, un emblema delle trasformazioni della democrazia. Il Movimento Cinque Stelle si trova infatti al bivio tra normalizzazione e disgregazione. L’attesa più drammatica però è quella che coinvolge l’umanità intera: non si può più attendere per invertire rotta sulle politiche di contenimento dell’emergenza climatica. Per iscriverti gratuitamente a tutte le newsletter del manifesto vai sul tuo profilo e gestisci le iscrizioni. https://r.sdb.ilmanifesto.it/mk/mr/sh/7nVTPdZCTJDXP4eDqveqV21bIZHLb6b/2Tc9_jujMC9T
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Due giorni alle elezioni presidenziali negli Usa. Testa a testa negli stati decisivi, il risultato si farà attendere ma Trump è già pronto a non riconoscere una vittoria di Harris. Nei tribunali e nelle piazze
Elettorale americana Testa a testa: tre stati in bilico per uno. 69 milioni di cittadini hanno votato in anticipo. I dem si affidano a Beyoncé e JLo
Urne aperte per il voto anticipato in Massachusetts – Steven Senne/Ap
Man mano che si avvicina il 5 novembre, chi è registrato a una o a entrambe le campagne elettorali sta ricevendo un numero crescente di messaggi, via email, via sms, a ondate sempre più vicine. Donald Trump più aggressivo, conciso e in maiuscolo che mai; Kamala Harris con comunicazioni lunghe e articolate, corredate da fotografie. Con più di 69 milioni di elettori che hanno già espresso il loro voto, le campagne si focalizzano ora sul convincere gli indecisi.
ENTRAMBI i candidati si rincorrono di stato in bilico in stato in bilico inanellando comizi, con la campagna democratica che continua a fare affidamento sul potere delle star. Jennifer Lopez, Beyoncé, Ricky Martin, Michelle Obama. A Las Vegas, con il candidato vice presidente Tim Walz, è arrivata Eva Longoria. Sempre più repubblicani stanno sostenendo Harris, tra cui la figlia di George W. Bush, Barbara Pierce Bush che ha dato il suo endorsement e si è unita a Liz Cheney, che fa attivamente campagna per Harris. Cheney è stata una dei soli due repubblicani nella commissione della Camera che ha indagato sulla rivolta del 6 gennaio ed è la più importante sostenitrice repubblicana di Harris. Per questo è stata definita da Trump un «falco di guerra radicale», in un’intervista con il commentatore conservatore Tucker Carlson a Glendale, in Arizona.
Non è chiaro quanto gli endorsement e la presenza delle star in realtà funzioni. Quando Barack Obama e Bill Clinton si sono rivolti alla comunità arabo americana invitandola a votare per Harris hanno avuto risultati tiepidi, mentre le contestazioni durante i comizi della candidata Dem continuano. Secondo i sondaggi del Washington Post, che si basano su una media di sondaggi nazionali e statali, la corsa è ancora incredibilmente combattuta.
HARRIS ha mantenuto il suo vantaggio a livello nazionale in Michigan, Wisconsin e Nevada, ma quello in Pennsylvania si è ridotto nell’ultima settimana. Trump è ancora in testa in Arizona, Georgia e North Carolina. Si parla comunque di percentuali di vantaggio entro il margine di errore, nell’ordine del mezzo punto, nel caso della Pennsylvania, dove Harris ha in programma di tenere il suo comizio finale, la sera del 4 novembre, a Philadelphia (Trump invece dovrebbe essere a Pittsburgh).
Come ha riassunto il content creator Hayden Clarkin in un post su Thread: «Il collegio elettorale è così divertente: cosa significa che il futuro della Nato dipende dalla contea di Erie, Pennsylvania?»
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L’insofferenza per lo stato di diritto va oltre l’assalto alle toghe. Atti parlamentari provano il tentativo del governo di uscire dalle regole europee per continuare a deportare i migranti. Arriva il conto dell’hotel in Albania per gli agenti di guardia nei campi di detenzione
Check out Fino a 9 milioni per gli agenti stanziati oltre Adriatico. L’opposizione: «Spreco nazionale». Da domani beltempo a sud di Lampedusa. Occasione per il governo di riprendere le deportazioni
L'hotel Rafaelo resort a Shengjin
A Shengjin l’hotspot è ancora vuoto ma, almeno, un paio di resort si sono riempiti. Dentro ci sono le forze di polizia italiane coinvolte nell’attuazione del protocollo Roma-Tirana per la detenzione oltre Adriatico dei richiedenti asilo. Tra l’Hotel Comfort e il Rafaelo Executive, alberghi a 4 e 5 stelle, c’è posto per 295 agenti. Le strutture appartengono alla Rafaelo Resort e dispongono di spiaggia privata, centro benessere, piscina e ristorante. Per il vitto è anche possibile, in via esclusiva, mangiare presso il Comfort Family. Al termine dei lavori di edificazione altri alloggi saranno ubicati nel Rafaelo Lake. In totale fanno 9 milioni di euro per una spesa «unitaria giornaliera onnicomprensiva di 80 euro».
NON POCO PER un paese con un costo della vita molto più basso rispetto all’Italia. La convenzione dura 12 mesi, ma non è chiaro se sia il risultato di un bando pubblico. Tutti i dettagli sono contenuti nei documenti del ministero dell’Interno, dipartimento della Pubblica sicurezza, visionati dall’agenzia LaPresse che ieri ha dato la notizia.
Sono cifre che si vanno ad aggiungere ai costi astronomici, tra 700 milioni e un miliardo di euro in cinque anni in base alle diverse stime, del progetto Albania. Progetto su cui la premier Meloni ha puntato tutto. I soldi, a giudicare dalla rivelazione, andranno versati in ogni caso, ma il Viminale fa trapelare che si tratta solo di massimali da verificare in base alle presenze effettive. Tra l’hotspot di Shengjin e i centri detentivi di Gjader, comunque, rischia di non essere recluso nessuno dal momento. Almeno il governo sembra non aver trovato vie d’uscita efficaci dal cul de sac sul tema dei paesi di origine sicuri. La classificazione – contestata dalla Corte di giustizia Ue e dai tribunali di Roma, Bologna e Catania – rappresenta il presupposto dello svolgimento dietro le sbarre dell’iter per la protezione internazionale.
«ALLE VIOLAZIONI dei diritti umani di un’operazione che la giustizia ha già bollato come illegittima si aggiunge l’enorme spreco di denaro», attacca la segretaria dem Elly Schlein. «Uno scandalo. Pur di non perdere la faccia sono disposti a continuare a perdere soldi degli italiani», dice Filiberto Zaratti, capogruppo di Avs nella commissione Affari costituzionali della Camera. «Altro che scenetta con la calcolatrice nel salotto televisivo di Bruno Vespa: Meloni ha sbagliato tutti i conti anche sui centri di detenzione per migranti d’oltre Adriatico», afferma il deputato e segretario di +Europa Riccardo Magi. Pure il leader di Italia Viva Matteo Renzi, distintosi dal resto dell’opposizione per l’idea che il problema non abbia a che fare con i diritti fondamentali ma sia solo di natura economica, ne approfitta per attaccare il governo: «Poliziotti e carabinieri servono in stazioni, periferie e strade italiane. Non nei resort albanesi al costo di milioni di euro».
Dalle parti della maggioranza nessuno commento la notizia, che ha riacceso le rivendicazioni del sindacato della polizia penitenziaria Uilpa. Il segretario Gennarino De Fazio denuncia la differenza di trattamento del corpo che rappresenta: «Per polizia resort, per penitenziaria container». Gli agenti della seconda, infatti, dormono nelle strutture prefabbricate
Leggi tutto: Progetto Albania, a Shengjin si riempiono solo i resort - di Giansandro Merli
Commenta (0 Commenti)La destra all’attacco dell’ennesimo giudice: stavolta tocca a Gattuso, del tribunale di Bologna, per il rinvio alla Corte di giustizia Ue del decreto sui paesi sicuri. Ma Meloni non riesce a trovare una via d’uscita dal pasticcio dei centri per migranti in Albania
«Paesi sicuri» È Come per la calcolatrice, impugnata da Meloni in tv con Vespa per fare chiarezza sui numeri della legge di bilancio. Ma i conti non tornano e alla fine la […]
Giorgia Meloni durante un intervento al Senato foto Ansa
È Come per la calcolatrice, impugnata da Meloni in tv con Vespa per fare chiarezza sui numeri della legge di bilancio. Ma i conti non tornano e alla fine la presidente del Consiglio ammette: «Ho fatto un casino». Anche sui migranti deportati in Albania hanno fatto un casino. Anzi, più di uno: la sfilza di decreti e protocolli ha prodotto un clamoroso fallimento. E moltiplicato le sofferenze di sedici persone, costrette a navigare di cella in cella: avessero accesso a un minimo di stato di diritto adesso potrebbero chiedere i danni.
Eppure ancora non basta, quel decreto “paesi sicuri” che avrebbe dovuto rimettere in riga i giudici, per il quale si era convocato di urgenza il Consiglio dei ministri e sfidato il Quirinale, ora sparisce. Si inabissa per evitare anche il pieno controllo parlamentare. Il governo si deve correggere, si accorge che i suoi proclami non funzionano. Ma ormai senza freni reagisce con un nuovo strappo alle regole. Non chiede scusa anzi attacca chi non si adegua al “casino”.
L’attacco è violentissimo. Colpisce anche la vita privata del giudice che ha applicato la legge che loro stessi hanno scritto. Sì, perché il collegio di Bologna, presieduto da Marco Gattuso, non ha disapplicato il decreto con dentro la lista dei “paesi sicuri” decisa al tavolo di palazzo Chigi. Eppure avrebbe potuto: la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia ricordano ai giudici ordinari di interpretare il diritto in modo costituzionalmente orientato, cioè tenendo presente che Costituzione e diritto europeo sono sovraordinati rispetto alle leggi nazionali. Un principio che nessuna “commissione speciale” della maggioranza parlamentare potrà mai sovvertire, per quanto si stia pensando persino a questo. Ma il collegio del tribunale di Bologna ha fatto invece una scelta prudente e intermedia, limitandosi a chiedere ai giudici di Lussemburgo come regolarsi, visto che il governo italiano ha tirato fuori una legge che smentisce il diritto europeo.
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In fondo è proprio quello che il governo prevedeva, quando ha fatto il decreto. Ma la logica ormai è perduta, per non dire del dovere di leale collaborazione: il governo dei bulli alza la voce e il tono delle minacce non solo per andare contro chi non si adegua ma anche per coprire i propri errori. Meloni dice che il provvedimento del giudice Gattuso è «un volantino propagandistico» però guarda caso è lei che ritira la sua legge, perché non
Leggi tutto: Governo di bulli: ho torto, ma ho ragione - di Andrea Fabozzi
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