27 gennaio Auschwitz non è un territorio polacco. È un territorio dell’umanità. La presenza del criminale Netanyahu sarebbe un’offesa non solo ai sopravvissuti ma alle vittime della Shoah, che vedrebbero profanata la loro memoria
Auschwitz, il premier israeliano Netanyahu di fronte a una mappa dei campi di sterminio di ebrei durante l'Olocausto – Ap/Czarek Sokolowski
Benjamin Netanyahu, capo del governo israeliano, ha sulla coscienza lo sterminio dal 7 ottobre del 2023, secondo le cifre ufficiali, di circa 47mila palestinesi, in gran parte civili. Secondo le stime della prestigiosa rivista scientifica Lancet, calcolate sulle rilevazioni fino al 30 giugno 2024 e sulla loro proiezione, la stima attuale sale fino a circa 70mila.
In questi calcoli non sono presenti le menomazioni fisiche e mentali permanenti né le vittime che si annunciano per denutrizione, freddo, mancanza di cure mediche e chirurgiche dovute alla distruzione di ospedali e all’uccisione o all’arresto di medici e infermieri, nonché all’interdizione verso le organizzazioni internazionali di assistenza. Nell’inferno di Gaza, il computo della vita e della morte rimane esercizio improbabile.
UNA COMMISSIONE speciale delle Nazioni unite ha sintetizzato la situazione a Gaza il 14 novembre scorso affermando che le politiche e le pratiche di Israele sono «coerenti con le caratteristiche del genocidio» ed elencando dettagliatamente i fatti accertati che giustificano questa affermazione.
A sua volta il 21 novembre la Corte penale internazionale dell’Aja, cui aderiscono la totalità dei paesi europei e la maggioranza di quelli extraeuropei, ha emesso un mandato internazionale di cattura per Netanyahu e il suo ex ministro della difesa Gallant, sotto l’accusa di aver commesso e di continuare a commettere questi crimini.
La redazione consiglia:
«Ora Netanyahu è ufficialmente un ricercato»L’invito rivolto dal governo polacco a Netanyahu a commemorare ad Auschwitz la liberazione di quel luogo, teatro e simbolo del genocidio ebraico, costituisce un’offesa a quella parte del popolo di Israele che ha condannato le sue azioni come criminali, oltre che consapevolmente esiziali rispetto all’imperativo di salvare i propri congiunti e concittadini, ancora ostaggi di Hamas. Rappresenta un affronto per quella larga parte degli ebrei della diaspora che si sono uniti a questa condanna considerandola come una forma di «suicidio» di Israele, della sua reputazione e della sua identità.
E per quella gran parte dell’opinione pubblica mondiale che si è unita alla condanna in nome dei diritti umani più elementari. Anche e soprattutto gli studenti (italiani, europei, americani) che sono stati insultati come antisemiti ed esposti al dileggio come ignoranti quando reclamavano l’interruzione dei rapporti accademici con Israele su materie con possibili ricadute militari.
Ma in tutto questo c’è qualcosa di più drammatico e di irreversibile. Auschwitz non è un territorio polacco. È un territorio dell’umanità. Non è solo patrimonio ebraico, ma patrimonio dell’umanità.
LA PRESENZA del criminale Netanyahu ad Auschwitz sarebbe un’offesa non solo ai sopravvissuti ma alle vittime della Shoah, che vedrebbero profanata la loro memoria. Per questo l’Europa ha intimato alla Polonia di fermarsi. Per questo il papa ha alzato ripetutamente la sua voce forte e chiara.
La presenza di Netanyahu ad Auschwitz toglierebbe al luogo ogni sacralità. Segnerebbe – uso consapevolmente l’espressione abusata – una svolta epocale. Ossia la fine di un’epoca di cui la memoria di Auschwitz è stata uno dei paradigmi centrali, quello sintetizzato nel motto: mai più. Netanyahu nel luogo simbolo della Shoah? Non in mio nome. È questo che devono gridare i governi e i popoli se vogliono scongiurare una catastrofe di civiltà ormai alle porte, per non dire già consumata.