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Sulla vicenda del licenziamento di una lavoratrice da parte della cooperativa Agrintesa di Faenza, contro la quale il sindacato ha fatto ricorso perché basato su una palese discriminazione, vi proponiamo una breve rassegna stampa e una presa di posizione della lista L'Altra Faenza.

Da “Il Resto del Carlino” cronaca di Faenza del 21 .11.2015
Sindacalista licenziata, ricorso contro Agrintesa
LA FLAI Cgil di Ravenna ha presentato ricorso contro la cooperativa faentina Agrintesa per condotta antisindacale. 11 sindacato interviene riguardo al licenziamento di una lavoratrice, impegnata nella stessa Flai e candidata alle elezioni per il rinnovo della Rsu.
«L'azione legale ­ sostiene la Flai Cgil ­ si basa su una palese discriminazione perpetuata da Agrintesa ai danni della lavoratrice. La donna e stata licenziata per rappresaglia, in quanto intende candidarsi nuovamente per le prossime elezione per il rinnovo della Rappresentanza sindacale
unitaria». Per il segretario pro­vinciale della Flai Raffaele Vici­ domini, «il licenziamento della donna e solo l'ultimo di una Se­rie di atti perpetrati ai suoi danni fin dalla sua prima elezione nella Rsu». «Agrintesa riferisce il sindacato ­ ha motivato il licenziamento con l'indisponibilità del­ la lavoratrice, legata da un rapporto di avventiziato agricolo, a effettuare alcune giornate di lavoro. L'impossibilita a recarsi al lavoro, dovuta tra l'altro a una delicata situazione familiare, era stata ampiamente giustificata».
Per la Flai «non può essere solo una coincidenza il fatto che il giorno in cui la donna si e recata al lavoro, Agrintesa le ha conte­stato di non avere svolto corretta mente il suo compito e per questo e stata sospesa in via cautelare e poi licenziata in tronco.

Da “La Voce di Romagna” cronaca di Faenza del 21.11.2015
Operaia licenziata Via al ricorso contro la coop faentina Agrintesa 
La Flai Cgil di Ravenna ha presentato ricorso contro la coop faentina Agrintesa per condotta antisindacale: "L'azione legale ­ spiega in una nota ii sindacato ­ si basa su una palese discriminazione perpetuata da Agrintesa ai danni della lavoratrice che e componente della Rsu dal 2006. La donna e stata licenziata per rappresaglia, in quanto intende candidarsi nuovamente per le prossime e­ lezione per ii rinnovo della Rappresentanza sindacale". "Reputiamo ii licenziamento illegittimo, immotivato e discriminatorio ­ commenta ii segretario provinciale delta Flai Cgil, Raffaele Vicidomini ­ per cui ci siamo rivolti alle vie legali per tutelare, innanzitutto, la lavoratrice e tutti i lavoratori che intendono esercitare attività sindaca­ le senza che questi subiscano ritorsioni". Secondo la Cgil, "il licenziamento della donna è solo l'ultimo di una serie di atti persecutori perpetrati ai suoi danni. Agrintesa motive il licenziamento per l'indisponibilità della lavoratrice, legata da un rapporto di avventiziato agricolo, a effettuare alcune giornate di lavoro. L'impossibilità a recarsi al lavoro, dovuta tra l'altro a una delicata situazione familiare, era stata ampiamente giustificata. E non pub essere solo una coincidenza il fatto che il giorno in cui la donna si e recata al lavoro, Agrintesa le ha contestato di non avere svolto correttamente il suo compito e per questo e stata sospesa e poi licenziata in tronco.

Da “Il Corriere di Romagna” del 21.11.2015
Agrintesa, Il sindacato annuncia ricorso: «Lavoratrice licenziata ingiustamente» L'azienda replica «Lei è stata scorretta» 
FAENZA. La Flai Cgil ha presentato ricorso contro la cooperativa faentina Agrintesa per condotta antisindacale. L'azione legale si baserebbe su una ventilata «discriminazione perpetuata da Agrintesa ai danni di una lavoratrice che è componente della Rsu dal 2006». La donna sarebbe stata licenziata «per rappresaglia, in quanto intende candidarsi nuovamente per le prossime elezione per il rinnovo della Rappresentanza sindacale unitaria.
Siamo di fronte a un licenziamento discriminatorio ­ commenta il segretario provinciale della Flai Cgil, Raffaele Vicidomini ­. Reputiamo il licenziamento illegittimo e immotivato per cui ci siamo rivolti alle vie legali per tutelare, innanzitutto, la lavoratrice e tutti i lavoratori che intendono esercitare attività sindacale senza che questi subiscano ritorsioni o discriminazioni».
Agrintesa motiva il licenziamento per l'indisponibilità della lavoratrice, legata da un rapporto di avventiziato agricolo, a effettuare alcune giornate di lavoro. «L'impossibilita a recarsi al lavoro, dovuta tra l'altro a una delicata situazione familiare, era stata ampiamente giustificata ­ aggiunge Vicidomini ­. La decisione di Agrintesa non trova giustificazioni ed evidenzia ulteriormente le criticità, sotto il profilo dei diritti, che il mondo del lavoro sta vivendo. • Anche per questo, la Flai Cgil metterà in campo tutte le azioni necessarie a tutela della lavoratrice», «La signora si e resa responsabile di comporta­ menti non corretti rispetto all'aspetto contrattuale della disciplina lavorativa ­ dichiara in proposito il direttore del personale di Agrintesa, Franca Camporesi ­.
Se in quei giorni non poteva venire a lavorare, era sufficiente che mandasse una giustificazione, un'azione questa che non ha mai compiuto. Da qui prima la sanzione disciplinare e poi il licenziamento. Agrintesa e un'azienda storica e solida, con oltre 2.000 dipendenti. Non ci permetteremmo mai di mettere in atto azioni antisindacali».

 

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Marco Revelli da "Il Manifesto" del 19.11.2015

Ma anche perché la guerra è entrata nella testa dei nostri governanti, nell’agenda e nel lessico delle istituzioni europee, ne ha colonizzato l’immaginario e i protocolli, il linguaggio dei leader e gli ordini del giorno delle assemblee parlamentari.
Il socialista Francois Hollande — il presidente della Francia repubblicana, un tempo emblema delle libertà politiche e dei diritti dell’uomo — che parla con le parole di Marine Le Pen è il simbolo, tragico, di questa metamorfosi regressiva. Il governo “de gauche” francese, che si propone di modificare la Costituzione fino a intaccare le regole sacre dei diritti individuali e addirittura a ipotizzare il ritorno alla pratica primordiale della «proscrizione» — della cancellazione della cittadinanza per i reprobi che «non ne sono degni» trasformandoli in “eslege” -; e poi, appellandosi all’art. 42.7 dei Trattati, trascina l’Europa intera nella sua guerra — in un formale «stato di guerra» -, non rivela solo il compiuto fallimento del socialismo europeo, diventato col tempo non solo altro da sé ma l’opposto di se stesso. Mette in mostra anche uno «stato dell’Unione» ormai gravemente degenerato, incapace di tener fede nemmeno alla più elementare delle sue promesse originarie: tutelare la pace. Difendere i diritti. E intanto si rialzano muri e si chiudono confini contro le prime vittime di questa guerra di massa. Tutto questo la dice davvero lunga sul percorso a ritroso condotto in questi anni di crisi e di resa. E sull’urgenza che, a livello continentale, nasca e si consolidi una sinistra autorevole in grado di colmare quel vuoto. Una sinistra con le carte in regola — e senza scheletri negli armadi, bombe sulla coscienza e operazioni neo-coloniali nel curriculum — per parlare di pace, di giustizia sociale internazionale, di diritti (degli ultimi) e di doveri (dei primi).
I segni dell’emergere di una sinistra nuova, capace di emanciparsi dalla crisi delle socialdemocrazie novecentesche e di ritornare a contare nello scenario inedito attuale sono d’altra parte già visibili, soprattutto sull’asse mediterraneo, dalla Grecia, naturalmente — dove la riconferma del mandato a Tsipras con un voto plebiscitario fa di Syriza un punto fermo di contraddizione e di resistenza nel contesto europeo -, al Portogallo come alla Spagna. E anche in Italia, finalmente, le cose si sono messe in movimento. Il documento Noi ci siamo. Lanciamo la sfida, elaborato e condiviso da tutte le principali componenti di un’articolata area di sinistra — da Sel al Prc, da Futuro a sinistra a Possibile e ad Act, fino a Cofferati e Ranieri e, naturalmente a L’Altra Europa che per questa soluzione si è spesa senza risparmio -, indica finalmente una data, la metà di gennaio, per dare inizio al processo costituente con un appuntamento partecipato e di massa. E contemporaneamente offre una piattaforma politica di analisi e di prospettiva chiara e condivisa in una serie di punti qualificanti: la fine conclamata del centro-sinistra, la constatata natura degradata del Pd oggi incompatibile nel suo quadro dirigente con qualsiasi prospettiva di sinistra, la necessità di costruire, in fretta, un’alternativa autonoma, non minoritaria né testimoniale, competitiva e credibile.
Nello stesso tempo si lavora nelle città che andranno al voto nelle prossime amministrative: è di sabato scorso la formalizzazione, a Torino, di una candidatura forte,

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Governare è rischioso poiché implica di fare i conti con l’esistente, col rischio di soccombere. Ma l’alternativa non può essere rinunciare a governare, sarebbe rinunciare alla politica . Al radicalismo teorico appartiene anche il calcolo delle forze, delle energie e delle alleanze necessarie. Non le velleità maggioritarie
di Carlo Galli
Merita una risposta articolata la serie di questioni poste lo scorso 13 novembre da Paolo Favilli su questo giornale. Iniziamo dalla più facile: la “cosa rossa”. Termine che mi infastidisce molto non per l’aggettivo ma per il sostantivo: non credo infatti opportuno che un soggetto (politico) sia reificato (reso cosa, oggetto); che ciò che deve essere determinato sia indeterminato; che ciò che deve avere una forma sia relegato nell’informità. C’è nel termine “cosa rossa” il sapore di un’indecisione, di un’imprecisione, di un velleitarismo inconcludente, che lo rendono caro a chi ci è avversario, a chi non vuole fare neppure la fatica di raccogliere e decifrare la sfida di pensiero e di proposta che il soggetto “sinistra” vuole lanciare nella politica italiana. È un termine che nel dibattito pubblico risulta irridente e liquidatorio, che allude a un conato e non a un successo, a passate sconfitte e non a possibili affermazioni, a una minoritaria litigiosità e non a una azione concorde e plurale. Utilizzarlo è accettare di essere definiti da altri, da chi ci è ostile. Il nuovo soggetto politico — per ora un gruppo parlamentare — ha un nome e un cognome, “Sinistra italiana”, che sono un programma, non una Cosa.
Un’ulteriore questione è la asserita scarsa congruenza fra l’analisi della fase, contenuta in un mio breve testo, e, se capisco bene, un documento del Comitato Politico Nazionale e di un altro documento, istitutivo del soggetto “Sinistra italiana”, fatto circolare nei territori. Potrei rispondere — e sarebbe la verità — che il mio testo impegna solo me stesso; mentre gli altri due non sono di mia mano, e impegnano ripetitivamente i firmatari e l’intero gruppo di Sinistra italiana. Ma sarebbe una risposta formalistica: infatti, al di là di usi terminologici un po’ diversi e delle diverse autorialità, destinazioni e fruizioni, mi pare si possa dire

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Il documento Noi ci siamo…, ad esempio, risulta essere piuttosto generico e assai debolmente analitico
Carlo Galli non intende partecipare alla costruzione di una «cosa rossa»

di Paolo Favilli da "il Manifesto" del 13.11.2015

In questi ultimi giorni la nostra parte (sinistra? «cosa rossa?») ha registrato due positivi segnali: la firma dei rappresentanti di tutta l’area impegnata nella costruzione del nuovo soggetto politico «di sinistra» sotto un documento comune intitolato Noi ci siamo, lanciamo la sfida e la nascita del gruppo parlamentare di Sinistra italiana. Certamente ambedue questi avvenimenti possono essere soggetti a critica per il ritardo — colpevole e dai rischi esiziali — con cui siamo arrivati a questo primo passo.
E per il fatto che nella loro manifestazione appaiono evidenti «eredità di sconfitte, arretramenti, traversie e divisioni che hanno creato sfiducia e lacerato relazioni» (Carra, il manifesto, 7 novembre).
Il documento Noi ci siamo…, ad esempio, risulta essere piuttosto generico e assai debolmente analitico; nello stesso tempo, però, contiene anche impegnative discriminanti che, se prese sul serio dai contraenti — e devono essere prese sul serio — saranno certamente portatrici di una stagione politica veramente nuova per la nostra parte. Sarebbero gravissime le responsabilità di chi facesse fallire il processo per il prevalere delle logiche che hanno portato a «sconfitte, arretramenti, traversie, divisioni».
Anche nei modi della formazione del gruppo parlamentare di «Sinistra italiana», del resto, sono presenti tracce di quelle antiche (e recenti) vicissitudini. In particolare la scarsa propensione ad andare alla radice dell’attuale fase politica di cui gli assestamenti in corso restano fenomeni di superficie. Da ciò la ripetizione di logore litanie sulla necessità di tenersi a distanza da tutte le sfumature del «rosso» in quanto inesorabilmente «vecchie» ed affette da congenito «settarismo minoraritario». Coerentemente il colore del simbolo scelto per il nuovo gruppo parlamentare è l’arancione.
Comprendo assai bene le ragioni di tale atteggiamento in coloro che solo di recente hanno abbandonato il Pd ed in coloro che a suo tempo avevano scommesso sul centrosinistra «buono» di Bersani. Ma il compito assai difficile che tali componenti del processo in corso si sono date necessita di un salto di qualità analitico, ed insieme di un senso forte delle responsabilità assunte, in grado di relegare nella sfera del contingente, e di un contingente ormai alle spalle, tutti i tatticismi. Quelli sì davvero vecchi, oltre che deleteri.
Condivido il fastidio per l’espressione «cosa rossa». Il termine «cosa» ci tormenta dai tempi delle continue metamorfosi del Pds, ma l’ idiosincrasia

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IA Faenza, a cinque mesi dalle elezioni comunali, un'affollata assemblea sancisce la nascita dell'Associazione "L'Altra Faenza" che mantiene unita e rilancia la sinistra plurale che aveva presentato la lista omonima.
A Roma nasce alla Camera dei Deputati il nuovo gruppo parlamentare "Sinistra italiana"; intanto continua sulle colonne del Manifesto il dibattito sul futuro della sinistra.
Crescono i nuovi interlocutori e sembra accellerare il processo di ricomposizione e di innovazione della proposta politica.
Segnaliamo un articolo di Paolo Favilli, una risposta di Carlo Galli e un intervento di Marco Revelli. Buona lettura!

la redazione

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Oggi a Torino è morto a 88 anni Luciano Gallino. Sociologo ed economista, docente universitario, è stato uno degli intellettuali più sensibili ai bisogni ed ai diritti dei lavoratori. Uomo di sinistra, fino all'ultimo non ha mai fatto mancare la sua voce critica. La sua sensibilità e la sue analisi rigorose ci mancheranno. In numerose occasioni abbiamo riprodotto sul nostro sito i suoi preziosi interventi: Uno Tsipras per l'Italia 
La differenza visibile tra destra e sinistra
Lo ricordiamo mettendo qui in rete un suo recente articolo, apparso su "Repubblica" del 4 maggio 2015

La Troika e i diritti umani.

di Luciano Gallino

"La gestione delle crisi nell'Unione Europea ha condotto a massicce violazioni di diritti umani. Inoltre il modo in cui le crisi sono state gestite ha esposto una serie di buchi neri quando si tratta di individuare le responsabilità per la violazione di diritti umani", lo ha scritto di recente una giurista del Centro per lo Studio dei Diritti umani della London School of Economics, Margot E. Salomon.

Il suo saggio e uno dei più approfonditi finora apparsi sul tema, dopo quello del 2014 di Andreas Fischer Lescano, docente a Brema ("Diritti umani ai tempi delle politiche di austerità"). I tagli a sanità, pensioni, stipendi, diritti del lavoro, istruzione, servizi pubblici imposti da Commissione Europea, Fmi e Bce a Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia e altri paesi hanno inflitto gravi privazioni a milioni di persone. E' sempre più evidente che le istituzioni Ue e il Fmi non avevano il diritto di compiere azioni del genere. Non soltanto: si può sostenere che compiendole hanno violato dozzine di articoli di patti, trattati, carte e convenzioni sottoscritti da esse medesime, a cominciare dal Trattato fondativo dell'Unione.

Vediamo qualche caso. Tra i diritti legalmente sanciti dalla Carta Sociale Europea (versione riveduta del 1996) figurano i seguenti: «Tutti i lavoratori hanno diritto a un' equa retribuzione che assicuri a loro e alle loro famiglie un livello di vita soddisfacente» (art. 4); «I bambini e gli adolescenti hanno diritto a una speciale tutela contro i pericoli fisici e morali cui sono esposti» (art. 7); «Ogni persona ha diritto di usufruire di tutte le misure che le consentano di godere del migliore stato di salute ottenibile» (art. 11); «Tutti i lavoratori e i loro aventi diritto hanno diritto alla sicurezza sociale» (art. 12); «Ogni persona sprovvista di ri­sorse sufficienti ha diritto all' assistenza sociale e medica» (art. 13); «Ogni persona anziana ha diritto ad una protezione sociale» (art. 23); «Tutti i lavoratori hanno diritto ad una tutela in caso di licenziamento» (art, 24); «Ogni persona ha diritto alla protezione dalla povertà e dall' emarginazione sociale» (art. 30).
Si potrebbe continuare citando articoli analoghi del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (New York 1966); della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea; di una mezza dozzina almeno di Convenzioni del­ l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, dal 1948 in avanti. Per finire magari con l'articolo 7 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale,

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