Rearm Europe Oggi e domani i voti in Parlamento: tensioni sulla risoluzione Pd. La leader: «La linea é quella uscita dalla direzione». M5S e Avs nettamente contrari al piano di von der Leyen. Possibili voti incrociati con la sinistra Pd. I riformisti tentati dallo strappo. Decaro frena: «Elly autorevole, non serve il congresso»
«Nessun arretramento sulla linea del no al piano von der Leyen sul riarmo». Dopo una giornata di contatti frenetici tra le anime del partito, i dem arrivano al voto di oggi in Senato (domani alla Camera) sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del consiglio Ue del 20 e 21 marzo mettendo nel conto ulteriori divisioni.
SCHLEIN, DOPO I 10 VOTI favorevoli a Strasburgo della settimana scorsa (11 gli astenuti) ha deciso di tirare dritto per la sua strada. E così la risoluzione che oggi il Pd presenterà a palazzo Madama, a quanto si apprende, non conterrà passi indietro. «Non c’è da fare nessuna sintesi, la linea è quella uscita dalla direzione ed è un secco no al riarmo dei singoli stati europei», spiega un esponente dell’area Schlein. Il lavoro di mediazione delle ultime ore è stato più politico che di merito.
«Cerchiamo la massima unità possibile», spiega un altro esponente vicino alla segretaria. Mettendo nel conto che, in Parlamento, ci possano essere dei voti in dissenso rispetto alla linea ufficiale. Anche se i numeri di Camera e Senato non fanno pensare a un pareggio tra favorevoli e contrari alla linea Schlein, ma ad una netta maggioranza a favore della segretaria. Che ha dato mandato ai capigruppo Boccia e Braga, e al responsabile esteri Peppe Provenzano, di mettere giù un testo non ambiguo, poco democristiano, in cui il no al piano di riarmo da 800 miliardi della commissione Ue sia piuttosto esplicito.
STAMATTINA IL TESTO SARÀ sottoposto alla riunione congiunta di deputati e senatori, prima che Meloni prenda la parola a palazzo Madama alle 14.30. In quella sede si capirà quanto sarà ampia l’area del dissenso. «Il Pd vuole un’Europa federale e un sistema di difesa comune, ma dice no al piano di riarmo degli Stati nazionali», ha chiarito Francesco Boccia ieri sera ai tg. Secondo Schlein il mandato ricevuto dalla direzione di fine febbraio è molto chiaro: la sua relazione fu votata all’unanimità, ma molti della minoranza non presero parte al voto.
OLTRE AI DUE CAPIGRUPPO e a Provenzano, ieri pomeriggio il testo è stato esaminato da una squadra che comprende anche Alessandro Alfieri (coordinatore della minoranza riformista), Enzo Amendola e Stefano Graziano. La discussione si è incagliata ed è stata interrotta proprio sul giudizio sul piano di riarmo: la prima formulazione sulla necessità di una «modifica radicale» sarebbe stata attenuata su richiesta della minoranza, senza però cambiare il senso della risoluzione che chiede di cambiare il progetto di riarmo nazionale in direzione di una difesa e di una politica estera comuni dell’Ue.
Un piccolo segnale di apertura che però non cambia le carte in tavola: Schlein, a differenza del grosso della minoranza a partire da Paolo Gentiloni e Pina Picierno, vuole che il no al piano di riarmo sia chiaro. Ed è disposta a sfidare i riformisti fino alla conta in aula. Che non ci sarà oggi al Senato, visto che sarà messa al voto solo la risoluzione della maggioranza di centrodestra su cui tutti i dem dovrebbero votare no.
Ma che arriverò domani alla Camera. Dove si voteranno tutte le mozioni, comprese quelle del M5S, di Avs, e dei centristi. E i dem si potrebbero spaccare anche su quelle delle altre opposizioni, con l’ala sinistra disponibile a votare parte di quelle di contiani e rossoverdi e la destra interna più sensibile alle ragioni di Calenda (che ripresenterà la risoluzione approvata giorni fa a Strasburgo) e Renzi.
IL TESTO DEL M5S È MOLTO netto, chiede al governo di «sostituire integralmente il piano di riarmo europeo» con investimenti su sanità, istruzione, welfare e occupazione. E di «interrompere immediatamente la fornitura di materiali d’armamento» a Kiev. Più vicine le posizioni tra Pd e Avs. «Ribadiremo con forza la nostra contrarietà al riarmo nazionale», spiega il capogruppo in Senato pepe De Cristofaro. «La proposta von der Leyen è profondamente sbagliata e pericolosa: spendere 800 miliardi di euro in nuove armi significa uccidere l’Europa così come è stata pensata dai padri fondatori». Tutti e tre i partiti di opposizione dicono all’utilizzo dei fondi di coesione Ue per il riarmo.
SUL FRONTE PD, L’ESITO del voto in Parlamento sarà dirimente per capire se ci sarà una accelerazione dello scontro interno, fino a un congresso anticipato o a un referendum tra gli iscritti sulla politica estera. Ieri Picierno, dalla pagine del Foglio ha bombardato il Nazareno: «Arrivano decisioni dall’alto senza che ci si confronti: l’uomo solo, anzi la donna sola al comando non è un modello che va bene al Pd». Per poi correggere il tiro in serata e spiegare che «nel Pd continuiamo a lavorare per l’unità, il mio impegno è assolutamente teso nella direzione di comporre posizioni complementari. E’ la fatica che abbiamo sempre fatto nella costruzione del Pd».
Antonio Decaro, europarlamentare e in pole position per la corsa a governatore della Puglia, più volte evocato in questi giorni come candidato anti-Schlein al prossimo congresso, getta acqua sul fuoco: «C’è una segretaria autorevole ed è pienamente titolata a terminare il suo mandato. Né l’Italia né il Pd in questo momento hanno bisogno di un nostro congresso: dobbiamo lavorare, uniti, per costruire un progetto di governo credibile e alternativo alle destre».