L'anniversario Il Capo dello Stato nel Giorno del Ricordo stoppa il revanschismo della destra e invoca la «pacificazione». Salvini e La Russa attaccano la sinistra «negazionista». Schlein: «Solo la memoria completa può consentirci di contrastare ogni forma di discriminazione e di odio che persiste anche nel presente»
«La memoria delle vittime deve essere preservata e onorata», ma «perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori». Sergio Mattarella conclude con il suo intervento le celebrazioni del Giorno del Ricordo al Quirinale.
Un discorso duro, in cui mette in fila le responsabilità del regime fascista, poi quelle del regime comunista jugoslavo e anche della sinistra italiana, rea -a suo dire – di aver trattato con «diffidenza» gli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia. Ma in cui avverte anche la destra oggi al potere a non utilizzare la tragedia delle Foibe per alimentare divisioni nel presente. Monito che viene pressoché ignorato, e prova ne è Salvini che anche ieri è tornato ad accusare «una certa sinistra che ha negato, minimizzato, giustificato».
Mattarella accoglie nel salone dei Corazzieri alcuni testimoni dell’esodo giuliano-dalmata, insieme alle più alte cariche dello Stato, a partire dalla premier Meloni. E ricorda quelle pagine di storia partendo dall’«oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave» di Istria e Dalmazia; poi «la barbara occupazione nazista» e «la dittatura comunista di Tito» che inaugurò «una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone».
Una «furia omicida» che si accanì, oltre che su esponenti del regime fascista, anche su «impiegati, intellettuali, famiglie, sacerdoti» e persino «antifascisti colpevoli soltanto di esigere rispetto nei confronti della identità delle proprie comunità». Un disegno che vide nelle Foibe il «simbolo più tetro», e che spinse oltre 300mila italiani all’esodo «per non rinunciare alla loro italianità».
Ma, una volta rientrati in Italia, trovarono «diffusa indifferenza, diffidenza, financo ostilità da parte di forze e partiti che si richiamavano, in Italia, alla stessa ideologia comunista di Tito», la denuncia del Capo dello Stato. Che ricorda come «la loro tragedia fu sottovalutata e, talvolta, persino, disconosciuta». «Troppo a lungo “foiba” e “infoibare” furono sinonimi di occultamento della storia».
«Ora è il tempo della pacificazione, della riconciliazione, della memoria condivisa», dice Mattarella, ricordando la sua visita del 2020 insieme all’ex presidente sloveno Borut Pahor prima alla Foiba di Basovizza (il Capo dello Stato definisce «squallida provocazione» l’atto vandalico di sabato scorso) e poi al monumento per i giovani sloveni fucilati dal fascismo. «Non per dimenticare, né per rivendicare. Ma per trarre dagli errori e dalle sofferenze del passato l’ulteriore spinta per un cammino comune. Perché le diversità non dividono, ma diventano ricchezze se si collabora e si pensa, insieme, nell’ottica di futuro comune».
E l’ambito in questa collaborazione deve continuare a svilupparsi, per il Capo dello Stato, è l’Unione europea e il suo allargamento. Un processo che ha assicurato settant’anni di pace e che oggi «va proseguito con coraggio e ostinazione» anche favorendo l’ingresso di nuovi Stati come Ucraina, Moldova e paesi balcanici che ancora non fanno parte dell’Ue. Un dovere, quello della diffusione dello «spirito europeo» anche verso le nuove generazioni cui spetta il compito di evitare «errori e colpe del passato, promuovendo rispetto e collaborazione».
La Russa, presente al Quirinale, ha rivendicato la paternità della destra sulla legge del 2004 che ha istituito il Giorno del Ricordo. «Se non era per Ciampi mica passava, la sinistra non lo votò», ha attaccato, omettendo che la norma passò con 502 sì, 15 contrari di Prc e Pdci e 4 astenuti). «Per troppo tempo», ha detto, «le foibe e l’esodo giuliano-dalmata sono stati cancellati dalla memoria nazionale e dai libri di scuola».
Meloni sui social ha definito gli esuli «italiani due volte, per nascita e per scelta»: la loro è «una storia che ha sconfitto la congiura del silenzio e che nessun tentativo negazionista o giustificazionista potrà mai più nascondere o cancellare».
Secondo la leader Pd Elly Schlein occorre «non attutire mai il ricordo di quel dolore e di quella sofferenza, per costruire un presente e un futuro migliori». «Ciò che è avvenuto ieri in quelle terre riguarda tutti gli italiani anche oggi: solo la conoscenza e la memoria completa possono consentirci di superare e contrastare ogni forma di discriminazione e i progetti di annullamento e sterminio, ogni forma di odio che persiste anche nel presente»