Cari amici di Oltreterra, siamo tutti coinvolti nel dramma del Coronavirus da giorni e, probabilmente, ancora per giorni saremo costretti a stare molto tempo nelle nostre case. Già da tempo, assieme agli amici della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale e a Romagna Acque - Società delle Fonti, stiamo lavorando per dare risposta alla meravigliosa provocazione di Carlo Petrini e dall’Associazione Laudato Sì affinché, nel nostro paese, venga piantato un albero per ogni persona che ci vive, senza precluderci l’opportunità di combattere il cambiamento climatico, sia a livello nazionale che internazionale, con altri progetti che potremo INSIEME, sostenere. Per il momento potete prendere informazioni nel sito www.60milionidialberi.it, sperando di poter iniziare rapidamente a dar corpo a questa meravigliosa idea.
Per avvicinarci insieme a questo evento, a cui vi chiediamo di aderire fin d’ora dichiarandolo espressamente la vostra volontà nel sito sopra riportato, vi invieremo articoli legati alla tutela della nostra “Madre Terra”, scritti da penne importanti che stanno già lavorando con noi a questo importante progetto o che, convintamente, lo sostengono.
Il primo articolo che vi giriamo in queste giornate simbolo a tutela di due dei beni fondamentali alla vita nel nostro paese, ha un titolo molto bello e un contenuto ancor più interessante. Potete leggerlo semplicemente cliccando su questo link www.lifegate.it/persone/news/foreste-biodiversita-uomini
Buona lettura e buona natura a tutti, Oltreterra vi terrà informati su tutti gli sviluppi che interessano questo tema da sempre a noi caro.
International Day for the Elimination of Racial Discrimination 21 March 2020 #mauerspringer #walljumper #teatroduemondi #casadelteatro #unteatrosenzamuri #cittadinideuropa #senzaconfini #senzaconfinideuropa #WithRefugees #stagioneteatrale1920 #teatro #mauerspringer #walljumpers #CreativeEurope #streettheatre #teatrodistrada #némurinèfrontiere #europedirectitalia #iostocoirifugiati #europe #culture
21 marzo | Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale Istituita dalle Nazioni Unite nel 1966,la data è stata scelta in ricordo del massacro di Sharpeville del 1960, la giornata più sanguinosa dell'apartheid in Sudafrica: 300 poliziotti bianchi uccisero 69 manifestanti che protestavano contro l'Urban Areas Act che imponeva ai sudafricani neri di esibire uno speciale permesso se venivano fermati nelle aree riservate ai bianchi.
"Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o perire insieme come sciocchi". [Martin Luther King, Jr. - Discorso a St Louis, 22 marzo 1964]
Nella sua intervista odierna a Repubblica, il Presidente della Camera Roberto Fico ribadisce ottimi principi. “Il Parlamento non può chiudere – afferma – … deve essere in prima linea, non può arretrare, come non arretrano medici e altre categorie”. Non solo, ma aggiunge, per motivare le proprie fondate perplessità sul voto a distanza “che l’articolo 64 della Costituzione fa riferimento alla presenza dei parlamentari ai lavori delle Camere: perché è dalla partecipazione attiva e diretta al dibattito e al confronto delle idee che scaturiscono le leggi”. Ottimo. Peccato che finora le cose stiano andando in tutt’altro modo con il beneplacito del Presidente Fico e addirittura l’unanimità dei gruppi. Infatti nel voto sullo scostamento di bilancio, questione come si sa delicatissima e centrale nel rapporto con la Ue, si è realizzato un dimezzamento, o quasi, dei membri della Camera, concordato fra tutti i gruppi. Ovvero, per evitare contatti ravvicinati, si è deciso un contingentamento degli accessi all’Aula, cosa a mio avviso del tutto incostituzionale in base alle affermazioni che lo stesso Fico oggi fa e che ho sopra riportato. Il diritto/dovere di partecipare ai lavori della camera di appartenenza e di votare è un principio essenziale per definire la funzione di ogni singolo parlamentare e questo non può essere conculcato da nessuna autorità, sia essa monocratica o collegiale. Qualcuno ha risposto a questa semplice obiezione
Prima di tutto vanno ricordati i nomi dei lavoratori. Quelli che il 13 marzo 1987 sono morti lavorando in un cantiere navale nella pialassa del Piombone, lo stesso pezzo d’acqua dove è affondata l’infame Berkan B:
Filippo Argnani,
Marcello Cacciatore,
Alessandro Centioni,
Gianni Cortini,
Massimo Foschi,
Marco Gaudenzi,
Domenico Lapolla,
Mosad Mohamed Abdel Hady,
Vincenzo Padua,
Onofrio Piegari,
Massimo Romeo,
Antonio Sansovini,
Paolo Seconi.
Tanti i ragazzi, tanti della collina, tanti al primo giorno di lavoro, tanti gli irregolari. Tutti morti.
Poi va ricordato il nome della nave dentro cui sono morti lavorando: l’Elisabetta Montanari, una nave di quasi 100 metri di lunghezza, costruita negli anni “60 del secolo scorso per trasportare quel gas di cui si sta costruendo un enorme deposito lungo il canale a poca distanza dalla pialassa del Piombone. Le lamiere del doppiofondo, destinato a contenere il gas in forma liquefatta, presentavano avanzati stati di corrosione e questo aveva richiesto il lavoro di taglio e sostituzione delle lamiere usurate, previa bonifica con eliminazione del materiale infiammabile. Voleva dire infilarsi in cunicoli tra un settore e l’altro, aspirare con pompe, rimuovere il residuo oleoso con raschietti, stracci e segatura.
Quindi è il turno del nome del cantiere, quella Mecnavi, divenuta la più importante impresa privata nel settore delle riparazioni navali con circa 70 dipendenti diretti ed una galassia di piccole imprese di contorno. I nomi di quelle con lavoratori impegnati al lavoro sulla Elisabetta Montanari: la GMR, la SIRCO, la IMI, la CEVESA, la APECO. La proprietà della Mecnavi era in capo ai fratelli Arienti, Enzo, Fabio e Gabriele. I Cicero, i Naldini, i Pasi e i Sansovini, titolari delle imprese appaltatrici.
Infine merita un ricordo il nome del vescovo che pronunciò l’omelia il giorno dei funerali: Ersilio Tonini. Un monsignore tutt’altro che di sinistra che pronunciò una delle più forti condanne del liberismo capitalistico rampante che Ravenna ricordi. «Fossero andati i genitori a visitare quei cunicoli avrebbero detto: “no, figlio mio! Meglio povero, ma con noi!” Avrebbero avvertito l’umiliazione spaventosa, la disumana umiliazione. Un ragazzo di 17-18 anni che è costretto a passare dieci ore in cunicoli dove – posso dire la parola? Non vorrei scandalizzare – dove possono vivere e camminare solo i topi! Uomini e topi! Parola dura, detta da un vescovo all’altare: eppure deve essere detta, perché mai gli uomini debbano essere ridotti a topi!… Non è vero che il mondo del lavoro è ormai del tutto in ordine. Proprio lì, si svelano ora zone di sofferenza estrema e autentica disumanità… I primi a farne le spese risultano essere i giovani, posti di fronte a un ricatto: o trascinarsi in una disoccupazione logorante, spregevoli a sé e agli altri, o mostrarsi disponibili a tutto, al lavoro nero, alle prestazioni più umilianti, al rischio di morire come topi in trappola».
Cosa resta di quel buco nero nel porto di Ravenna, il più grave incidente sul lavoro della nostra storia assieme a quello dei 13 dell’elicottero? Quasi tutte le cause restano in piedi e pronte ad agire di nuovo a provocare un nuovo “incidente” appena il caso offrirà l’occasione. C’è ancora il caporalato che intermedia la ricerca di lavoro in porto, c’è ancora il subappalto spinto alle estreme conseguenze, c’è lo sfruttamento del lavoro attraverso l’applicazione di condizioni contrattuali lontane dalla regola, c’è l’irregolare attrezzaggio per il lavoro in sicurezza fatto di pianificazione, misure, apprestamenti e presidi di salvaguardia. C’è soprattutto il modello capitalistico di spremitura della forza lavoro per l’estrazione di plusvalore, marxianamente inteso, senza riguardo alle vite e alle storie delle persone sfruttate ma solo al guadagno e alla concorrenza basata non sulla ricerca dell’eccellenza ma sulla riduzione dei costi. Ad ogni costo. Nonostante un accordo, un patto, un protocollo d’intesa siglato tra sindacati, associazioni datoriali e istituzioni, che, sulla carta, dovrebbe garantire i lavoratori da questo tipo di rischi.
Quello che manca, oramai, è l’allora fiorente settore delle riparazioni navali, trasmigrato nel tempo su altri lidi e porti. Lo dimostra il caso della Berkan B, demolita da un soggetto fuori regione, una ditta spezzina committente di un manovale a sua volta subappaltante a un cuoco.
Ma il modello può replicarsi e si replica in altri settori. Può di nuovo accadere. E, in forma meno eclatante, in numeri che passano inosservati, perché morti e feriti capitano alla spicciolata, accade. Come Ravenna in Comune torniamo allora a ricordare che giace inapplicata la richiesta approvata dal Consiglio Comunale di costituire presso la Prefettura un apposito osservatorio per la legalità e la sicurezza sul lavoro. Ma il Sindaco, così attento a stimolare il Prefetto sui temi delle trivellazioni off-shore, su questo aspetto invece non dà segni di vita da mesi e mesi.
Per questo, anche per questo, ricordiamo oggi i morti assassinati dell’Elisabetta Montanari.
Scritto da Coordinamento per la Democrazia Costituzionale Emilia-Romagna
Fermiamo la guerra in Siria – No a interventi della Nato e all'invasione della Siria da parte della Turchia Una catastrofe umanitaria e di civiltà senza precedenti Solidarietà e aiuti da parte dell’Italia e dell’Europa ai profughi e alle famiglie siriane in fuga
Al Segretario generale dell’ONU Al Presidente del Parlamento UE Alla Commissione e al Consiglio della UE Al Presidente del Consiglio Italiano
Ancora una volta centinaia di migliaia di civili siriani, donne uomini e bambini, in fuga dalle proprie case, pagano con la vita e la perdita di ogni bene lo scontro militare in atto tra Russia ,Siria, Turchia e Iran. Civili che si dirigono verso i confini della Turchia che , per ricattare l'Europa, spinge molti di loro verso la Grecia. Quest'ultimo paese lasciato irresponsabilmente solo dalla UE commette crimini contro l'umanità sparando gas lacrimogeni e granate fumogene contro i profughi siriani in fuga. A Lesbo come in Siria la nostra civiltà e la nostra Europa si mostrano incapaci di umanità e di solidarietà così come già accaduto verso i migranti annegati a decine di migliaia nel mar mediterraneo. Questo stato di cose, se non avverrà un cambiamento sostanziale, condanna ad una lenta agonia la stessa democrazia europea. Le responsabilità dirette ed indirette all’origine della nuova guerra sono molteplici e chiamano in causa i maggiori paesi occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti, e quelli medio orientali. Tuttavia la responsabilità oggi principale appare attribuibile al regime turco guidato da Erdogan, reo di crimini contro l'umanità sia in patria che in Siria, come hanno denunciato la ex rappresentante ONU per i crimini in Siria Carla Del Ponte e moltissimi difensori dei diritti umani in Europa. Erdogan, dopo aver cancellato lo Stato di Diritto in Turchia trasformando il paese in una dittatura sanguinaria alla quale l’UE ha affidato ciononostante il controllo delle proprie frontiere esterne, aver finanziato e appoggiato militarmente l’ISIS e i gruppi jiadisti negli scorsi anni e di nuovo recentemente con l'invasione del nord est della Siria contro l’esperienza democratica curda, aver sottoscritto con la Russia “l’accordo” di Sochi per impossessarsi - contro il diritto internazionale - di vaste porzioni di territorio siriano, ora scatena una nuova guerra contro la Siria (colpevole di volere riprendere il controllo del proprio territorio a Idlib occupato dalle formazione jiadiste finanziate dalla stessa Turchia).
Chiediamo quindi l’immediata cessazione delle ostilità, l’apertura di trattative sotto egida dell’ONU per giungere ad un accordo internazionale sulla Siria, un piano globale e immediato di aiuti e solidarietà da parte della UE verso i civili siriani, sia accogliendoli in Europa sia favorendo il loro ritorno in una Siria pacificata, la condanna di Erdogan da parte dell'Europa e dell'ONU , l'istituzione di un tribunale internazionale per i crimini contro l'umanità in Siria da chiunque commessi
I Coordinamenti per la Democrazia Costituzionale dell'Emilia Romagna 6 marzo 2020