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Alluvione La presidente della regione replica agli attacchi della destra: «Mattarella mi ha chiamato, Meloni no». Rientra l’allarme sui dispersi. Priolo: «Attendiamo con impazienza che sia approvato il piano della ricostruzione»

Traversara, frazione del Comune di Bagnacavallo, devastato dalla rottura del fiume Lamone Traversara, frazione del Comune di Bagnacavallo, devastato dalla rottura del fiume Lamone foto LaPresse

Dopo la terza alluvione in due anni in Emilia-Romagna, e con le elezioni regionali in programma il 17 e 18 novembre, si è subito acceso lo scontro politico. Per il governo Meloni, il cataclisma sembra un’occasione da sfruttare per racimolare voti e tentare di strappare il territorio al centrosinistra. Il ministro Musumeci e il viceministro Bignami hanno lanciato le loro accuse in una conferenza stampa convocata mentre in alcune città si stavano ancora soccorrendo le persone sui tetti. Secondo loro, la giunta Bonaccini non avrebbe speso tutti i fondi stanziati dal governo, né fatto un adeguato lavoro di prevenzione in seguito al grave evento di maggio 2023.

IERI LA PRESIDENTE facente funzioni della regione Irene Priolo ha ridimensionato le cifre fornite dal governo e ha affermato che tutti gli oltre 400 interventi previsti sono in corso o completati, per un importo complessivo che supera il miliardo di euro. «Ci eravamo illusi che, almeno stavolta, la destra non facesse becero sciacallaggio. Non è passata la notte che hanno invece già replicato il film dell’anno scorso, diffondendo fake news e moltiplicando attacchi a uso e consumo elettorale», ha detto Priolo, che ha lanciato una frecciata alla premier: «Meloni non mi ha chiamato, ma Mattarella sì, e lo ringrazio tanto».

L’ex governatore Bonaccini, oggi europarlamentare, ha aggiunto che «attaccare i nostri sindaci e amministratori mentre l’emergenza è in corso significa non avere rispetto né delle comunità alluvionate, né delle istituzioni. Se a farlo sono il ministro Musumeci e il viceministro Bignami per il governo, che dovrebbe assicurare sostegno e leale collaborazione, allora siamo precipitati nel punto più basso del senso istituzionale».

DURANTE LA CONFERENZA, Musumeci-Bignami non hanno citato le Marche, colpite negli stessi giorni da frane e allagamenti, ma amministrate dalla destra. E in Emilia-Romagna il governo non è esente da responsabilità, avendo accentrato la struttura commissariale a Roma e affidata a chi non conosce la regione né la visita. Anche le procedure per ottenere i risarcimenti sono state molto complicate, portando tanti alluvionati a rinunciare in partenza.

Ma per i cittadini che in queste ore stanno spalando il fango nelle loro case, più che giocare allo scaricabarile, è fondamentale discutere su come evitare un’altra catastrofe. Il 3 maggio 2023 un’intensa precipitazione provocò la prima alluvione a Faenza, e due settimane dopo, un’altra perturbazione si abbatté su un suolo già compromesso e pieno come una spugna.

Le conseguenze furono apocalittiche: 21 fiumi esondati, allagamenti in 37 comuni, 250 frane, 17 morti e 20.000 sfollati.

Tre giorni fa, in 24 ore è caduta quasi più acqua che nell’intero maggio 2023. Alla fine dell’estate il suolo era più asciutto e le allerte hanno funzionato; perciò gli allagamenti sono stati violenti ma meno estesi, gli sfollati mille e nessuna vittima (i due dispersi a Bagnacavallo sono stati smentiti). Ma se fra 15 giorni dovesse arrivare un altro ciclone Boris, le conseguenze potrebbero essere drammatiche.

A QUESTO PROPOSITO, Priolo ha affermato che «tutti gli interventi programmati sin qui dal commissario e realizzati da regione, enti locali e consorzi avevano l’obiettivo di ripristinare le infrastrutture esistenti (argini, canali, strade). Ma per reggere eventi di questa portata, come ci hanno indicato tutti gli esperti, occorrono interventi strutturali di più ampio respiro. Sono quelli individuati dal piano della ricostruzione che abbiamo concordato col commissario e che attendiamo con impazienza che sia approvato. Per realizzarlo serviranno molti miliardi

di euro e ci aspettiamo che stavolta il governo non rispedisca al mittente queste richieste sacrosante».

LA MITIGAZIONE DELLA CRISI climatica e l’adattamento agli eventi estremi dovranno essere la priorità di chi governerà l’Emilia-Romagna. La regione è ogni anno ai primi posti nella classifica Ispra per il consumo di suolo, che significa maggiore cemento e impossibilità di assorbire acqua; e i fiumi sono stati deviati e costretti in argini artificiali senza spazio per esondare, con interi quartieri al loro fianco, dove non si dovrebbe costruire.

Anche gli alberi e la vegetazione spontanea vengono tagliati in nome dell’ordine e della pulizia, privando il terreno delle radici che lo rendono meno franoso. Lo scenario è complesso: il riscaldamento dell’Adriatico fa accumulare energia in atmosfera e rende i cicloni più violenti, e la pesante subsidenza aggrava l’innalzamento del mare in corso per lo scioglimento dei ghiacciai.

L’inquinamento e la cementificazione sono le prime cause da interrompere, e ai fiumi va restituito il loro spazio, per evitare conseguenze più gravi. Che è purtroppo una chimera, con una premier che ha annunciato battaglia al Green Deal