Mille sfollati, si cercano due dispersi, quattro i fiumi esondati: a poco più di un anno di distanza l’Emilia-Romagna, dall’Appennino alla pianura, è ancora travolta da una devastante alluvione. Il governo dei mancati ristori punta tutto sulla polemica politica e attacca la Regione
Dove eravamo Mille sfollati, si cercano due dispersi a Bagnacavallo, quattro i fiumi esondati. E il governo punta tutto sulla polemica politica. Il ministro Musumeci e il viceministro Bignami attaccano la Regione
Soccorsi a via Cimatti, Faenza – foto Ansa
Gli esperti dicevano che le precipitazioni avvenute a maggio 2023 in Emilia-Romagna accadono ogni due secoli. Invece si sono ripetute dopo 16 mesi, in maniera ancora più intensa. 350 millimetri di pioggia caduti in 48 ore, mentre un anno e mezzo fa furono 400 in un intero mese. Dall’Appennino alla pianura, a franare o finire sott’acqua sono gli stessi territori colpiti dalla precedente alluvione, seppure in maniera più ridotta. Ravenna, Forlì-Cesena e Bologna le province più colpite, 4 i fiumi esondati, mille gli sfollati. Il mare in burrasca ha impedito ai corsi d’acqua di scaricare e ha eroso la spiaggia nel riminese. La perturbazione si è accanita anche sulle Marche, provocando allagamenti ad Ancona e frane a San Benedetto del Tronto. Sono le conseguenze del riscaldamento globale di causa antropica, che provoca cataclismi sempre più frequenti e violenti.
SE QUESTA VOLTA ci sono stati meno danni e nessuna vittima (ma resta in dubbio il destino di due dispersi a Bagnacavallo), è perché le precipitazioni si sono abbattute su un suolo più secco e pronto ad assorbire acqua. Anche la prevenzione ha funzionato: con la memoria del drammatico evento ancora fresca, le allerte sono state diffuse, la precauzione elevata, gli ordini di evacuazione rispettati. Resta l’interrogativo sul destino di un territorio molto fragile, più esposto del resto della penisola alle conseguenze della crisi climatica, con l’aggravante di un’eccessiva cementificazione che rende il suolo impermeabile.
SE FINO A POCHI ANNI FA l’Emilia-Romagna era associata a una buona qualità della vita, oggi è percepita come un’area inquinata e antropizzata, dove non si dorme ogni volta che piove forte, e che rischia di diventare invivibile. La riflessione sull’adattamento dovrà essere la priorità di chi governerà la regione dal prossimo novembre; ma finora non è stata al centro del dibattito tra i candidati.
La situazione ha iniziato a essere critica mercoledì pomeriggio, quando stava piovendo da più di 24 ore. Le prime rotture degli argini sono avvenute tra la notte e la mattina di ieri. I fiumi Marzeno, Senio, Lamone e Montone sono esondati in più punti, allagando alcuni quartieri di Faenza, Lugo, Castelbolognese, Bagnacavallo, Casola Valsenio, Forlì e Modigliana. Un’ordinanza regionale aveva imposto la chiusura delle scuole e suggerito di evitare gli spostamenti, la circolazione ferroviaria è stata sospesa. A Traversara, nel ravennate, la forza dell’acqua ha fatto crollare i muri di alcune case e i vigili del fuoco hanno soccorso gli abitanti sui tetti. Resta l’allerta rossa per oggi: le piogge dovrebbero essere meno intense, ma si abbatteranno su un suolo ancora più debole e compromesso.
IN TUTTO CIÒ, IL GOVERNO Meloni ha deciso di fare polemica politica. Protagonisti del teatrino, il ministro della protezione civile Nello Musumeci e il viceministro alle infrastrutture Galeazzo Bignami, che hanno convocato una conferenza stampa per ricordare che «la prevenzione strutturale e infrastrutturale è di competenza delle regioni». I due hanno ripetuto spesso di «non voler fare polemica politica», salvo poi farla: «Ciò che accade quando piove in maniera abbondante è frutto di ciò che abbiamo fatto e non abbiamo fatto in tempo di pace», ha detto il ministro, ricordando che «l’Emilia-Romagna è una delle regioni più cementificate, e questo alimenta il ruscellamento dell’acqua».
Musumeci ha insinuato che la giunta Bonaccini non avrebbe speso tutto il denaro stanziato dal governo dopo l’alluvione del 2023, che «è accaduta perché negli anni precedenti non si è attrezzato il territorio», e ha detto che la regione ha ricevuto quasi 600 milioni di euro negli ultimi 10 anni per interventi ordinari contro il dissesto idrogeologico, invitandola a «fare lo sforzo di dirci come hanno speso questi soldi». Non una parola sulle cause antropiche dell’evento; ma da un governo negazionista, non c’era da aspettarsi altro.
Immediata la replica della segretaria del Pd Elly Schlein: «La destra di governo si è messa subito a fare sciacallaggio politico per fini elettorali». Raggiunto al telefono, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale, candidato in regione per il centrosinistra, si è limitato a dire di essere «concentrato nella gestione dell’emergenza. Pensavo che la conferenza stampa desse informazioni utili sulla situazione; ma quando ho capito che era stata convocata solo per fare polemica politica, ho spento la tv e mi sono rimesso al lavoro».
DOPO L’EMERGENZA, bisognerà però ripensare alla gestione del territorio. «Le riparazioni non sono più sufficienti», ha replicato De Pascale. «L’acqua ha colpito le zone dove era stata fatta un’adeguata manutenzione post-alluvione. Bisognerà affrontare il tema in modo strutturale; occorre una riflessione ampia e anche veloce». Sperando che si parta dall’ammettere gli errori del passato