Però attraverso i nominati garantisce loro l’asservimento del Parlamento
di Alessandro Messina
Adesso che è diventato legge, avendola imposta con 8 fiducie sia alla Camera che al Senato (caso unico per leggi elettorali nella storia della Repubblica), tutti i padrini del rosatellum, cioè i contraenti del patto politico che l’ha generata, si sbracciano a dire che non è perfetta, che non è quella che avrebbero voluto loro, che è un compromesso, anzi l’unico compromesso possibile.
Renzi non può certamente provare questa affermazione perché ha obbligato il governo Gentiloni (parole, gravissime, di Napolitano, come metterle in discussione?) a impedire con la fiducia qualunque emendamento o miglioria a questa legge. Insomma l’unico compromesso possibile perché altri non se ne volevano!
È stata approvata al Senato con un’ampia maggioranza (213, ne bastavano politicamente 161 e in pratica anche molti meno) il ché è un bene per una legge elettorale ma anche perché in tal modo se ne assume la responsabilità, per il contenuto e per il metodo, l’intera classe politica rappresentativa dell’establishment.
Si può certamente osservare come l’ampio schieramento che la sostiene rende del tutto paradossale l’utilizzo della fiducia che è stata ottenuta, in realtà, con l’inserimento dei verdiniani già stabilmente organici ai governi Gentiloni e Renzi, ma mai esplicitamente riconosciuti, e da ultimo anche con la presenza decisiva in aula per sostenere il governo (mettendolo al riparo dalla mancanza del numero legale) di una pattuglia di leghisti e forzisti.
Si prefigura così una vera e propria nuova (?) maggioranza per la prossima legislatura?
Renzi dice che il rosatellum non è la legge che vorrebbe; ne ha proposte o sparate tante che dobbiamo credergli anche se non si sa bene quale sia il suo ideale.
Tuttavia ce lo ricordiamo bene quale legge ha imposto a sua volta al Parlamento con il voto di fiducia, affermando che quella legge ce la avrebbero invidiata tutti in Europa. Era l’italicum! Peccato che la Corte Costituzionale (composta fra l’altro in modo prevalente da giudici indicati dal Pd) l’abbia giudicata contraria ai principi costituzionali ed in buona parte abrogata! Ma anche il Berlusconi (per bocca di Romani) si affretta a far
sapere che no, non è l’ideale, ma è il miglior compromesso.
Ma anche qui lo sappiamo bene qual era l’ideale berlusconiano in tema di sistemi elettorali: quello che confezionò insieme all’astuto Calderoni, suo compare anche in questa occasione, che fra non molto (ci scommetto) ci farà sapere che si tratta di una nuova porcata. Eh sì amici cari il porcellum è la legge di Berlusconi e della Lega, quella che si approvarono in famiglia con il voto della loro sola maggioranza in via di estinzione in coda alla legislatura. Peccato davvero che la Corte Costituzionale anche quella legge l’ha giudicata (sia pur dopo troppi anni ….) totalmente incostituzionale.
Ecco, abbiamo capito quali sono le leggi elettorali ideali per i nostri campioni del compromesso “rosatellum”: quelle in contrasto con i principi della Costituzione!
Ma se per responsabili di reati gravi (e ad es quelli contro la pubblica amministrazione) si commina spesso come pena accessoria l’interdizione dai pubblici uffici, per quelli che provano a violare la Costituzione non c’è una misura cautelare che li obblighi a stare lontani dalle tentazioni legislative in materia elettorale? Se non altro per evitare la “reiterazione del reato”: rosatellum bis!
Commenta (0 Commenti)Pubblichiamo di seguito il documento letto da Tomaso Montanari e Anna Falcone nella conferenza stampa che si è tenuta oggi nella sala della Stampa Romana che fa il punto della situazione politica in seguito alle vicende di questi giorni e rilancia con forza l’inizio del percorso per un’alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza.
1.
Crediamo che davvero non si possa più aspettare, e lo diciamo con umiltà e con il massimo rispetto per ogni percorso politico: il momento è ora. Perché «guasto è il mondo, preda / di mali che si susseguono, dove la ricchezza si accumula / e gli uomini vanno in rovina» (Oliver Goldsmith, The Deserted Village).
Di fronte all’ennesima legge elettorale-truffa, a un dibattito mediatico-politico concentrato su leadership e personalismi, invece che sulle soluzioni ai problemi delle persone e sulla costruzione di una nuova visione di società e di Paese, una parte importante di cittadini ed elettori si sta chiedendo se andare o no a votare alle prossime elezioni politiche. Perché rischia di trovarsi dinnanzi all’ennesimo Parlamento di nominati non scelti dagli elettori. Perché manca nell’offerta politica un progetto veramente innovativo capace di rappresentare chi non ha voce; di contrastare la precarietà in cui vivono i più, e la quasi totalità delle giovani generazioni; di proporre, oltre alla protesta, un nuovo modello sociale più giusto, inclusivo, solidale. Un progetto capace di rovesciare «la scandalosa realtà di questo mondo» (papa Francesco).
Per cambiare veramente lo stato delle cose non basta il professionismo politico che c’è, occorre qualcosa di veramente nuovo: un progetto unitario più grande e ambizioso dei singoli pezzi, un progetto che vada oltre le prossime elezioni e abbia come denominatore comune il contrasto alle politiche neoliberiste che in questi anni hanno decapitato diritti, futuro e ruolo della sovranità popolare e delle istituzioni democratiche.
Dopo la lunga stagione dei governi e delle politiche nell’interesse dei pochi contro i bisogni e i desideri dei molti è giunto il tempo di immaginare una politica e un governo nell’interesse della maggioranza delle persone. Un mezzo, insomma: e non un fine.
È per questo che consideriamo chiusa la stagione del centro-sinistra: perché è giunto il tempo di rovesciare il tavolo delle diseguaglianze, non di venirci a patti. E per far questo serve costruire la Sinistra che
Riavvicinare le persone alla politica,
partendo dai bisogni e dai valori della sinistra.
Il 30 settembre si terrà a Ravenna la prima iniziativa pubblica in provincia
del movimento di Tomaso Montanari e Anna Falcone.
Alleanza Popolare per la Democrazia e l'Uguaglianza della provincia di Ravenna ha organizzato un incontro di presentazione e di partecipazione sabato 30 settembre alle ore 15,30 presso la sala D'Attorre a Ravenna.
Sono invitati tutti i cittadini interessati a dare un nuovo volto alla politica di sinistra, tutte le associazioni disponibili alla creazione di una forza unitaria ed incisiva e tutte le forze politiche coscienti della necessità di una riorganizzazione dal basso.
Il 04 dicembre 2016 ha rappresentato, con la vittoria del no al referendum costituzionale, l'apice della consapevolezza e della forza che tutti insieme abbiamo un grande terreno comune su cui lavorare se abbandoniamo logiche individualiste e divisive.
Al Brancaccio di Roma, il 18 giugno 2017, è stato fondato il seme di questo lavoro di interazione e partecipazione di tutti attraverso l'adesione all'appello lanciato da Falcone e Montanari: si può dare nuova voce e nuova incisività alla sinistra, soprattutto attraverso coloro che non si sentono attualmente rappresentati, ma che vivono i propri ideali come concreta problematica del nostro paese. Lavoro, Ambiente, Migrazione, Povertà, Istruzione, Ricerca, sono solo alcuni dei temi che ci contraddistinguono e che, senza retorica, trovano il loro faro ideale nell'applicazione della nostra costituzione.
Sabato 30 settembre alla sala D'Attorre di Ravenna in via Ponte Marino presso Casa Melandri troveranno spazio tutti coloro che hanno intenzione di interagire dopo una breve introduzione esplicativa del chi siamo e cosa siamo e dopo tre brevi interventi di esperti sul temi centrali per il nostro territorio: Ambiente, Lavoro e Povertà.
Sarà un momento sia conoscitivo che partecipativo per avvicinare tutti all'idea di una sinistra unita, concreta e partecipata per decidere poi come proseguire in questo percorso.
Alleanza Popolare per la Democrazia e l'Uguaglianza di Ravenna
Sabato 30 settembre la prima assemblea pubblica provinciale
Lettera aperta alle cittadine e ai cittadini della provincia di Ravenna Per la democrazia e l'uguaglianza.
C'è un futuro in Italia per una forza politica che metta al centro difesa e attuazione della Costituzione?
Chi siamo?
Siamo donne e uomini che sentono con forza la responsabilità che deriva loro dalla cittadinanza repubblicana.
La nostra storia è diversa per genere, generazione, cultura.
Eppure - a proposito di cittadinanza responsabile - da anni ci siamo sempre ritrovat* e insieme abbiamo agito per difendere la Costituzione e nel chiedere con forza di attuarla.
Nei referendum del 2006 e del 2016, fermando stravolgimenti costituzionali a nostro avviso assai pericolosi. Non solo. Abbiamo lavorato in modo continuativo perché una cultura costituzionale e una politica con questa coerente - assai debole nel nostro paese - si radicasse sempre più nella
pubblica opinione della nostra provincia, la provincia di Ravenna. Sono passati molti mesi dal 4 dicembre 2016. La scadenza elettorale che porterà ad un nuovo Parlamento si avvicina. E non sappiamo ancora con quale legge elettorale andremo a votare. C'era da sperare che, almeno in questa occasione, e dopo il 4 dicembre, chi abita partiti e Istituzioni avesse tenuto conto della forte discontinuità segnata dal 4 dicembre. In realtà, molti "sommovimenti" sono in corso. Pochi, forse, nel segno del "nostro"4 dicembre.
Abbiamo allora sentito il bisogno di incontrarci - l'incontro informale è avvenuto pochi giorni fa - per riflettere insieme, per interrogarci, per individuare soluzioni. Non si tratta di drammatizzare il momento che stiamo vivendo. Si tratta di analizzare e di capire quali sono le cause profonde
della crisi della nostra democrazia. Ci sono stati altri momenti drammatici nella storia repubblicana, fra strategie della tensione e terrorismi di vario segno. Ma partiti di massa, con forza consistente, e fedeli – almeno alla lettera - alla Costituzione e alla Repubblica parlamentare, senza dimenticare una pubblica opinione attiva, partecipe e nettamente antifascista, hanno impedito alla Repubblica - nella lunga notte fra anni Settanta e anni Ottanta - di farsi travolgere.
Ora gli argini sono pieni da falle.
Movimenti neofascisti, razzisti, xenofobi, di forza crescente, anche nei Consigli comunali e nella società, si stanno diffondendo e radicando, come in altre parti d'Europa. Inoltre, abbiamo una preoccupata convinzione. Ci saranno forze che, nel nuovo Parlamento, vorranno di nuovo mettere mano alla Costituzione. Grandi poteri, internazionali e nazionali, lo chiedono. E sono poteri forti, visibili, che parlano chiaro, e che vedono nelle Costituzioni del secondo dopoguerra ostacoli all'onda neoliberista e illiberale.
Su tutto questo abbiamo condotto una prolungata e seria riflessione e ci siamo trovati d'accordo su alcune questioni, a nostro avviso cruciali.
Per noi la Costituzione è - in primis - democrazia, libertà, uguaglianza, giustizia sociale. Sappiamo che non tutt* - fra coloro che hanno votato NO il 4 dicembre - hanno queste priorità. Che sono - però - le nostre priorità culturali, civili, politiche. Molti votanti NO - il 4 dicembre - non votano, da anni, quando si tratta di eleggere Parlamento o Consigli locali e regionali. Ma il 4 dicembre sono andati a votare. Fra questi, moltissim*, come noi, mettono al primo posto democrazia, libertà, uguaglianza, giustizia sociale. Siamo convinti che solo UNA forza di sinistra - da tempo dispersa e divisa - possa portare in Parlamento questi valori, per noi irrinunciabili.
Quale sinistra? Pensiamo ad una sinistra capace di parlare un linguaggio nuovo e di farsi promotrice di un modello di sviluppo e di società profondamente diverso da quello attuale, che ponga le sue basi sulla difesa e attuazione della Costituzione e che abbia al centro libertà, democrazia, uguaglianza.
Esistono forze che - senza cancellare memoria e giudizi assai negativi sugli errori passati - possono dare vita a un nuovo inizio, come chiede l'Appello, steso da Anna Falcone e Tomaso Montanari, che ha promosso l'assemblea al teatro del Brancaccio? Pensiamo che ci siano. Forze che segnino una netta discontinuità rispetto alle politiche sociali e "costituzionali" degli ultimi governi, compresi quelli guidati dal PD.
Abbiamo quindi condiviso l'itinerario che qui indichiamo.
Ci ritroveremo a breve, per valutare come aprire, anche in provincia di Ravenna - in alcune realtà percorsi simili sono già partiti - un processo che vada in questa direzione. Ci metteremo in contatto con realtà regionali e nazionali per valutare insieme forme e modalità.
L'obiettivo è di promuovere a Ravenna un incontro pubblico, del tutto aperto alla cittadinanza, ad associazioni, a movimenti, a partiti, che, come noi, sentano l'esigenza di arrivare a una programma e a una lista unitaria di sinistra rinnovata, che possa portare in Parlamento una rappresentanza che
metta al centro difesa e attuazione della Costituzione, declinata nei termini indicati. Un soggetto, plurale, ma unitario, che avvii i suoi primi passi per portare queste istanze in Parlamento.
Una sola lista per avviare un percorso chiaro e trasparente. Che dia fondata speranza di autonomia, che sia ricca di robusta cultura storica e politica, e di serietà al di là di ogni dubbio di chi si propone per essere la nostra rappresentanza parlamentare.
Operazioni di altro segno, fotocopie di negative esperienze passate, non avrebbero il nostro consenso e appoggio.
Daremo vita quindi ad una pubblica assemblea, che dia inizio anche alla individuazione di scelte di programma coerenti con l'uguaglianza, per la dignità del lavoro e per salari che la rendano possibile, per la ridistribuzione del lavoro, per la progressività fiscale sui redditi e i grandi patrimoni, per la scuola e la sanità di tutt*, la casa per tutt*, per un'Italia dei beni comuni, a partire dall'ambiente, dai beni storici e artistici, che sono la grande ricchezza e bellezza che la nostra storia ci ha consegnato.
Per far vivere questo processo, occorre costruire una rinnovata e forte partecipazione. La sola che può valorizzare ed estendere le esperienze positive ed unitarie, che sono esistite ed esistono.
Per questo riteniamo necessario che ognun* , a partire dai propri ambiti e dai propri territori, lavori per riannodare i fili di tante esperienze, em per dare il proprio contributo di idee. E di forte - indispensabile - energia.
Anticipiamo quindi queste informazioni come invito a chi vorrà raggiungerci in questo percorso, per avere una comune base d'intesa.
Per concludere.
Può esistere un democrazia senza popolo? E' quella - svuotata della grande ricchezza civile e politica contenuta nella nostra Costituzione - che stiamo vivendo da molti anni a questa parte, come scrive con grande chiarezza Carlo Galli in Democrazia senza popolo. Cronache dal Parlamento sulla crisi italiana ( Feltrinelli 2017).
Può esserci democrazia se la cittadinanza, e gli intellettuali, di fronte alle aggressioni alla democrazia ammutoliscono, perché privati della libertà, o perché non dicono più la "verità" che vedono, una volta saliti sul carro del vincitore di turno? Tomaso Montanari spiega - in Cassandra
Muta. Intellettuali e potere nell'Italia senza verità ( Edizioni GruppoAbele 2017) - come una democrazia che abbia un popolo che rinuncia a esprimersi o intellettuali insinceri, sia su una pericolosa china.
Due libri preziosi per stare con gli occhi aperti in questo che si annuncia come difficilissimo passaggio storico, dopo il quale comincerà, comunque, un'altra storia.
Intendiamo quindi promuovere, in contemporanea con molte altre città in Italia, nell'ultimo fine settimana di settembre, un incontro pubblico per allargare il più possibile questa nostra riflessione, che avrà valore se diventerà un grande e popolare interrogarci.
Antonella Baccarini, Faenza
Vittorio Bardi, Faenza
Mauro Conti, Ravenna
Marinella Isacco, Ravenna
Stefano Kegljevic, Ravenna
Marina Mannucci, Ravenna
Massimo Manzoli, Ravenna
Gian Luigi Melandri, Bagnacavallo
Alessandro Messina, Faenza
Ivan Missiroli, Faenza
Ivan Morini, Ravenna
Piera Nobili, Ravenna
Maria Paola Patuelli, Ravenna
Giovanni Piccinelli, Cervia
Ravenna, 5 agosto 2017
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Capisco che Pisapia è un personaggio mediatico costruito essenzialmente da Repubblica per un'operazione politica (costringere Renzi ad una politica di alleanze ANCHE a sinistra) che è fallita prima ancora di nascere. Renzi non è scemo! (anche se ogni tanto mi vengono dei dubbi).
Capisco che, fallita questa ipotesi, lo sponsor cerca di utilizzare l'ex sindaco per un'altra operazione: distruggere ogni possibilità di un'affermazione significativa della sinistra riducendo Bersani a cespuglio.
Capisco che la ricostruzione di Repubblica dell'incontro milanese alla festa "metropolitana" dell'Unità (?) con la Boschi è straordinariamente tendenzioso ed artefatto. Parlavano l'uno dopo l'altro e tutti sanno che il minimo di fair play richiede di salutarsi e scambiare qualche battuta.
MA. Ma quando su domanda "Avete fatto pace?" gli fanno dichiarare: "Non abbiamo mai litigato" (gli altri giornali attribuiscono alla Boschi questa frase) e l'articolista dello sponsor titola "Abbraccio Boschi – Pisapia: Mai litigato", io credo che Pisapia dovrebbe precisare con l'opinione pubblica. E spiego perché: anch'io non ho mai litigato con Boschi, innanzitutto perché mi sono ben guardato dal partecipare (ovviamente non ero nemmeno invitato) alle iniziative di propaganda alle quali ha presenziato a Faenza e dintorni, ed anche se avessi partecipato ad un dibattito con Boschi non ci avrei "litigato", ma mi sarei confrontato civilmente, nonostante la Boschi non avesse nemmeno risposto al documento di Zagrebelsky sulle riforme costituzionali.
Ma quello che l'opinione pubblica intende è altro. Quello che sanno alcuni milioni di elettori (parlo solo di quelli di sinistra) che spesso alle elezioni politiche, poi amministrative sempre più numerosi si sono astenuti, ma al referendum andarono a votare e votarono No, è che non vogliono più avere niente a che fare con il mondo della Boschi fatto di interessi più o meno occulti, di potere delle e sulle banche (non parlo del genitore ma dei suoi interventi sulle scelte di governo sul sistema bancario) di quell'"odore stantio di massoneria" del quale parlò il De Bortoli (a proposito della denuncia contro di lui si è persa ogni traccia), dell'arroganza, della superficialità e dell'incompetenza con cui mise mano alla nostra Costituzione, ecco con tutto quel mondo lì non vogliono più avere niente a che fare.
Sono questi o no il grosso degli elettori che si devono recuperare ad una prospettiva di sinistra?
Perché se non è così, se altri sono gli obiettivi (quali?) diciamo che quel gesto e quell'articolo possono sembrare una provocazione. Il giorno prima su molti giornali si diffondono retroscena per i quali Giuliano Pisapia porrebbe il veto all'unità con Montanari e Falcone e quelli del Brancaccio (SI compresa); il giorno dopo "abbraccio con Boschi", che cosa si vuole? Che a furor di popolo del No si levi un rigetto generale all'alleanza con Pisapia? Si vuole cioè risparmiarsi la fatica e l'onere politico (con relativi costi da pagare) di un veto posto a sinistra, nei confronti di chi una battaglia politica l'ha condotta e vinta e solo grazie a quella vittoria oggi la sinistra ha una chance?
Caro Giuliano Pisapia, so che sei una brava persona e quello che hai fatto a Milano è stato per unanime giudizio un lavoro egregio di aggregazione e di mobilitazione civica, ma oggi un tuo intervento rapido ed efficace è indispensabile, prima che nell'animo di milioni di persone si sedimenti quel sospetto. Non ho canali di contatto diretto, né se ne trovano in rete, ma spero che qualcuno ti faccia pervenire questa mia preghiera.
Infine una annotazione: una lista, due liste. Badate ho l'impressione che molti, troppi, ragionino soltanto in termini di soglia di sbarramento da superare. Non è così: quella che oggi è in ballo è la prospettiva di una nuova forza politica che sappia superare gli errori, le debolezze le incapacità ed i limiti personali che hanno portato al disastro della sinistra.
Sapete come sarebbero 2 liste? Si dovrebbero far la guerra l'una con l'altra, necessariamente, pescando nella stessa fascia di elettorato; non è questione di fair play. Gli uni si vedrebbero rinfacciare ogni giorno le colpe storiche, i fallimenti, le esitazioni, le ambiguità, spesso le complicità con Renzi e con il suo disastroso progetto di potere, gli altri subirebbero l'accusa di minoritarismo, di funzione di pura testimonianza, di rimozione del problema del governo, di ideologismo e di lontananza dai problemi delle persone, di mancanza di soluzioni praticabili.
Quanti elettori già astenuti perché schifati dalla politica di Renzi, quanti delusi dai 5 stelle, quanti nostalgici dell'Ulivo pensate di poter conquistare?
Se non bastano le buone, ottime, ragioni per un percorso di unità, per quelli più cinici (eufemismo) forse comincia essere utile anche fare questi calcoli.
Giuliano Pisapia, batti un colpo, perché il tempo è scaduto senza che nemmeno tu te ne accorgessi!
Alessandro Messina
Commenta (0 Commenti)Il Forum “C’è vita a sinistra” (il manifesto, 8 luglio) ha avuto il merito di mettere finalmente di fronte alcuni interpreti potenziali della costruzione di una lista di sinistra e forse, obiettivo ancor più ambizioso, di un processo unitario, facendoli interloquire direttamente.
Cosa che prima era avvenuta solo a distanza e in modo separato. Il guaio è che con qualche variante è ancora quello che sta accadendo ora.
Le chance «da uno a dieci» di avere una «lista si sinistra capace di raccogliere il consenso di quei milioni di ex elettori che non votano più» – la domanda iniziale del Forum – sembrano assottigliarsi. C’è bisogno del classico colpo di reni e sarebbe bene avvenisse prima della cesura estiva, tracciando fin d’ora un road map che ci metta al sicuro da indecisioni e tentennamenti autunnali, che sarebbero letali.
I singoli hanno le loro responsabilità, passate e presenti, anche per quella sorta di irrigidimento autodifensivo generato da debolezza, ma sarebbe ingeneroso e fuorviante fermarsi a questo. Il nodo da sciogliere è che cosa si vuole ottenere con una presentazione elettorale. Va detto con nettezza che la posta in gioco non è il governo del paese. Dirlo con onestà non allontanerebbe voti. Anzi. Un obiettivo di simile natura è completamente fuori dalla portata di ciò che esiste a sinistra.
Non è poi così banale affermarlo, dal momento che dietro la ripetitività della formula del cosiddetto nuovo centrosinistra, si cela l’ambizione se non la convinzione della possibilità di ricoprire ruoli di governo seppure in forma subordinata. Un senso di responsabilità completamente travisato. Anche quando ce ne si rende conto, poi lo si nega nel passaggio successivo.
Ad esempio, D’Alema – persona attenta con le parole – afferma nel forum che la domanda è “volete o no che ci sia la sinistra?” Giustissimo, è esattamente questo l’interrogativo che dovremmo porre al nostro potenziale elettorato. Riguarda sia una lista che un eventuale soggetto politico. E’ un interrogativo che segna un’epoca, proprio perché la risposta è tutt’altro che scontata. Quindi ci si dovrebbe presentare a un simile appuntamento con l’intelligenza dell’umiltà che non significa affatto la dismissione di ruoli e responsabilità ma la loro giusta riconsiderazione alla luce delle attuali condizioni.
Ma poi lo stesso D’Alema ripropone il centrosinistra, la “bandiera gettata nel fango” da Renzi, negando quindi l’assunto iniziale. Invece qui bisogna scegliere. O si lavora per ricostruire una sinistra, di cui il passaggio elettorale può essere un primo atto, oppure ci si prepara ad essere come l’intendenza che segue e a un più che probabile fiasco elettorale. Obiettivo, esiti e credibilità della lista vanno assieme. Se non è chiaro il primo non si ottengono gli altri e viceversa. D’altro canto in questi dieci giorni – guardando per ora solo lo scenario nazionale, ma con la consapevolezza che agiamo in un ambito europeo interdipendente chiamato anch’esso tra meno di due anni a elezioni – alcune cose si sono venute chiarendo.
Se qualcuno avesse avuto qualche dubbio sulla vocazione centrista con sguardo fisso a destra del Pd – ed è la definizione più tenera – se li è potuti togliere. Basti pensare alla vergogna della rinuncia allo ius soli o alla stessa ipotesi di agitare la carta dell’allontanamento del fiscal compact per abbassare le tasse anziché per rilanciare la spesa sociale e per investimenti, malgrado si sia coscienti, o si dovrebbe esserlo, che gli effetti reflattivi della prima scelta sono ben inferiori alla seconda. Mentre la repentina conversione destrorsa del M5Stelle libera forze in attesa di una credibile rappresentanza che non andrebbero deluse.
La stessa rinuncia di Pisapia a candidarsi alle elezioni – un episodio in sé minore – è sintomatica di una irrisolta identità e autonomia. Era già chiara la differenza fra il Brancaccio e Piazza Santi Apostoli. Il primo era percorso dalla domanda “cosa proponiamo?”, la seconda da “chi siamo?”.
Questioni di per sé non confliggenti, ma che necessitano un ordine di percorso (crono)logico-politico per essere risolte. Per questa ragione conviene partire dal Brancaccio e necessita una maggiore e tempestiva presa di responsabilità da parte di chi vi ha dato vita e vi ha partecipato.
I tempi sono brevissimi e impietosi. A quell’appuntamento sono seguite assemblee di territorio e altre ne seguiranno. Così pure approfondimenti tematici. Come si vede una scelta ben diversa da quella di improbabili primarie non si capisce fra chi, con chi e per cosa, alla ricerca del nuovo o del perduto leader.
L’esperienza di altri paesi europei ci dice che non esiste un’unica formula o un modello di percorso per dare o ridare vita a una sinistra. Ma un principio di base, sì. Un principio che rifiuta di essere confuso con un generico e indistinto populismo, considerando quest’ultimo come un terreno di lotta fra destra e sinistra.
Sul tema dei migranti questo è di una chiarezza solare. Ed è il legame dialettico, cioè non monodirezionale, con persone e figure sociali, diffuse e/o organizzate, portatrici di pensiero, di idee, di bisogni, di diritti.
Solo questo può evitare la frantumazione sia del giorno prima come del giorno dopo la scadenza elettorale.
Certo ci vuole coraggio. E il coraggio non ama modelli né continuismi: è sempre originale.
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