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La terra è la nostra casa, quella che ci ha accolto e protetto, che ci ha nutrito e vestito, che è stata fino ad una cinquantina di anni fa in equilibrio con i suoi abitanti, almeno per come la ricordo io che sono ormai anziana.

Forse ciò dipendeva principalmente dalle condizioni in cui vivevamo: senza le comodità di oggi, senza l'acqua in casa. Ricordo che all'angolo della via in cui abitavo, alle porte di Firenze, c'era una fontanina che forniva acqua a tutto il quartiere e tutti scendevamo dalle nostre case forniti di secchi e bottiglie per procurarci il quantitativo d'acqua necessario ai bisogni della giornata.

Inutile dire che non un goccio veniva sprecato, anch'essa veniva più volte riciclata.

Gli abiti avevano molte vite, i figli maggiori crescevano e i loro vestiti venivano passati ai più piccoli, il cappotto del babbo veniva “rivoltato” e bastava per molti altri inverni.

Il cibo veniva acquistato quasi giornalmente, anche perché i frigoriferi erano ancora rari, e proprio a nessuno veniva in mente di poter gettare del preziosissimo cibo tanto faticosamente guadagnato.

Ricordo la mia saggissima nonna che ogni giorno faceva la spesa anche per le famiglie dei suoi figli: aveva una scorta di sporte intrecciate e colorate fatte con le erbe palustri delle colline circostanti.

Ricordo la mia mamma, donna intelligente e laboriosa: aveva, come si suol dire “le mani d'oro”, con l'ago, le forbici e qualche avanzo di stoffa riusciva a fare veri e propri miracoli.

Quand'ero molto piccola il giorno più magico dell'anno era l'Epifania perché allora quello era il giorno dei regali ai bambini buoni.

Ad un certo punto è comparsa la mia prima bambolina, non credo fosse niente di speciale, non somigliava certo alle bambole di oggi che sembrano delle piccole nane vestite con abiti quasi sexi, però la mia mamma le aveva confezionato un abito meraviglioso come sapeva fare lei.

Quella bambola è durata fino a quando è servita però tutti gli anni la notte che precede l'Epifania “lei” la rivestiva con un abito nuovo.

Inoltre nella nostra sontuosa Epifania c'era anche un calzino grande e pesante del babbo pieno di caramelle, mandarini, noci e anche l'immancabile pezzo di carbone, quello vero, per segnalarci le nostre piccole marachelle.

Probabilmente quello che scrivo riguarda più i miei ricordi visti alla luce degli anni che passano, e certo la vita allora non era facile. Però bisogna “darci un taglio”. Adesso è diventata frenesia di consumi per la maggior parte inutili, siamo diventati bulimici di tutto, niente ci basta più, tutto dura il tempo di un sospiro e il tempo, il prezioso tempo, ci manca per coltivare relazioni, affetti, amicizie. Ci manca per riflettere su tutte le persone che muoiono nel mondo per mano (e per interposta persona) di coloro che ci incoraggiano e ci incitano a questo stile di vita che se non invertirà la rotta ci porterà dritti alla catastrofe.

L'appello è per i giovani: si tratta del vostro futuro e solo voi potete cambiarlo.