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Colloquio con La Stampa del leader Cgil: “Bisogna investire, non tagliare. Senza risposte sarà sciopero generale”

“Per far tornare i conti ci sono due strade possibili: o tagli la spesa o aumenti le entrate. E loro hanno deciso di tagliare la spesa”. È molto netto il segretario generale Cgil Maurizio Landini, intervistato oggi (giovedì 10 ottobre) sul quotidiano La Stampa: “Tagliare la spesa vuol dire tagliare la sanità, la scuola, i salari e il sistema delle pensioni. Settori in cui invece bisogna investire anche con un piano straordinario di assunzioni e superando la precarietà”.

Il piano di austerità

Il leader Cgil evidenzia che “il governo ha presentato un Piano strutturale di bilancio che assume nei fatti le politiche di austerità imposte dal Patto di stabilità europeo, che per i prossimi sette anni prevede tagli ogni anno per 13 miliardi e il vincolo che la spesa pubblica non possa crescere più dell'1,5% ogni anno”.

Per Landini non è questo che serve all’Italia. “La crisi del modello industriale europeo – prosegue – e i ritardi che si sono accumulati sono proprio frutto dei tagli che ci sono stati sullo stato sociale, dei mancati investimenti, dell'aumento della precarietà e la conseguenza riduzione dei salari”.

Il segretario generale replica anche alle parole del ministro Giorgetti: “Dice che vogliono far fare sacrifici a tutti, intanto però li hanno fatti i lavoratori dipendenti e i pensionati, le donne e i giovani precari, tanto che molti di questi sono costretti ad andare a lavorare all'estero. Questa è un’austerità selettiva, che il governo attua decidendo che a pagare debbano essere sempre i soliti”.

Risorse e obiettivi

“Occorre una vera riforma fiscale, visto che l'evasione nel nostro Paese vale 90 miliardi di euro e che la tassazione sul lavoro dipendente e sulle pensioni è più alta di quella sul lavoro autonomo, della tassazione della rendita finanziaria e di quella sugli immobili”, spiega Landini: “Questa è un'ingiustizia non più accettabile, perché il fisco deve essere un elemento di patto sociale. E si fanno condoni, marchette elettorali e flat tax, che sono l'esatto contrario della giustizia sociale”.

Per Landini, invece, occorre fare “più investimenti sulla sanità pubblica, per fare le assunzioni, per ridurre le liste d'attesa e per rafforzare la sanità sul territorio”. Ma gli investimenti servono anche “per fare quelle scelte di politica industriale ed economica di cui abbiamo bisogno, perché c'è una crisi evidente del sistema manifatturiero industriale del nostro Paese”.

Riguardo la conferma del taglio del cuneo contributivo, Landini sottolinea che “questa misura, che peraltro stiamo pagando coi nostri soldi per effetto dell'aumento del gettito Irpef, delle entrate contributive e del fiscal drag, non fa aumentare i salari”.

Dopo anni di inflazione pesante, continua Landini, è questo che “noi stiamo chiedendo nel rinnovo di tutti i contratti nazionali e che il governo, come datore di lavoro, non sta facendo. I contratti pubblici sono in scadenza da tre anni, e il governo sta proponendo aumenti dello 5,7%, quando l'inflazione è stata del 17%. Il risultato è che oggi siamo di fronte a una emergenza salariale che non viene affrontata”.

Collegato lavoro e politiche industriali

“Il governo allarga la precarietà, il collegato al lavoro grida vendetta”, afferma il leader Cgil: “Dopo aver liberalizzato i contratti a termine, stanno liberalizzando il lavoro somministrato e quello stagionale. Addirittura si sono inventati che chi fa il part-time, anziché portarlo al tempo pieno, può attivare una partita Iva. Sono provvedimenti che allargano la precarietà come in nessun altro Paese europeo”.

Una logica che indebolisce anche il nostro sistema di fare impresa: “Sono 18 mesi che la produzione industriale calasta riprendendo la cassa integrazione, ci sono settori strategici come quello dell'auto che sono a rischio di esistenza in Italia e in Europa. Occorre cambiare le politiche industriali, economiche e sociali, perché mettendo in discussione l'occupazione regredisce la qualità e lo sviluppo democratico del Paese”.

Il decreto sicurezza

“È un vero e proprio attacco alla libertà delle persone”, dice Landini: “Sono norme che vanno contro la Costituzione che sancisce il diritto di esprimere le proprie idee e il diritto di manifestare in forma non violenta. Sulla base di questo nuovo decreto, esperienze come quelle della Whirlpool di Napoli, ma potrei fare un lungo elenco di vertenze, frutto di lotte durate anni, non sarebbero state possibili: dopo il primo presidio o il primo blocco stradale sarebbero tutti in galera, mentre grazie alla loro lotta i posti di lavoro sono stati salvati”.

Per Landini sono norme che “appartengono a una logica autoritaria pericolosissima, che non serve al nostro Paese e che ci riporta indietro di anni. Il decreto sicurezza, come il collegato lavoro, vanno assolutamente ritirati, così come non si deve andare avanti con l'autonomia differenziata”.

La mobilitazione

Norme, dunque, cui la Cgil ha avviato una forte mobilitazione. “In ottobre sono già in programma iniziative e scioperi che riguardano le categorie di tutti i sindacati confederali”, illustra Landini: “Penso allo sciopero dei metalmeccanici del 18, quello dei chimici del 25, quello del trasporto pubblico locale dell'8 novembre. Dal 28 al 31 ottobre si mobilitano i pensionati. Con la Uil abbiamo già proclamato una grande manifestazione nazionale il 19 ottobre a Roma per la valorizzazione del lavoro pubblico, per i salari e per la sanità pubblica”.

Ma la Cgil non intende certo fermarsi a questo. “Se non ci saranno – argomenta Landini – risposte adeguate dal governo e dalle imprese, come abbiamo proposto anche alle altre organizzazioni sindacali, pensiamo sia necessario arrivare fino allo sciopero generale”.

La pace

L’ultimo grande tema è la guerra. “Il vertiginoso aumento in corso delle spese militari in Italia, in Europa e nel mondo, è una vera follia”, conclude Landini: “L'economia di guerra impedisce di affrontare la transizione ecologica, il cambiamento climatico e l'affermazione di un nuovo sistema di valori e di diritti. Per questo il 26 ottobre insieme a tutte le reti pacifiste e associative laiche e cattoliche, manifesteremo in tante piazze d’Italia per dire basta a tutte le guerre, per rilanciare con forza la richiesta di cessare il fuoco e la convocazione di una nuova conferenza internazionale di pace”.