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Quindici giorni dopo aver liberato il boia libico Elmasry, oggi il governo si rassegna a informare il parlamento. Ma non parla Meloni che si nasconde dietro i ministri Piantedosi e Nordio. Pronti a dare ogni colpa alla Corte penale internazionale. E se serve a invocare il segreto di Stato

Melina Sul caos libico si ritorna a una settimana fa: Nordio e Piantedosi attesi alle Camere

Il gioco dell’oca della premier che manda avanti i ministri I ministri Nordio e Piantedosi – Ansa

La strategia del governo sul caso Elmasry non è differente dal gioco dell’oca. Sempre che di strategia si possa parlare, dato che al momento i progetti del consigliori della premier, Fazzolari, potrebbero anche autorizzare a pensare che il governo non sappia che pesci prendere.

MELONI HA INFINE deciso di mandare i ministri alla Giustizia Nordio e agli Interni Piantedosi a riferire oggi in Parlamento sul rilascio dell’uomo accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini, violenze e torture sui migranti che tentano di lasciare la Libia. Esattamente come una settimana fa. Allora l’informativa era saltata perché, secondo il governo, l’iscrizione nel registro delle notizie di reato della premier, del sottosegretario Mantovano e dei due ministri rendeva inopportuna la comunicazione alla Camere. Ma questa motivazione, dopo soli 7 giorni non è evidentemente più valida, era solo una delle tante versioni date dall’esecutivo all’impronta. «Prendiamo atto che l’opposizione dura paga perché da che ci volevano mandare Ciriani, alla fine vengono Nordio e Piantedosi ma anche che è venuto meno la ragione per cui l’altra volta non si erano presentati, quindi la motivazione era tutta politica e Meloni continua a nascondersi dietro i suoi ministri», ragiona Riccardo Magi di PiùEuropa.

IERI, DURANTE le riunioni dei capigruppo di Camera e Senato, l’opposizione aveva chiesto più tempo per le repliche e la diretta televisiva dell’informativa dei ministri. Quest’ultima, accordata subito a Palazzo Madama, a Montecitorio è stata oggetto di polemica perchè inizialmente negata per l’opposizione della Lega e di Forza Italia. Ci è voluta una missiva dei partiti di minoranza per convincere il presidente Fontana a trasmettere i lavori della Camera in diretta e colmare la differenza tra i due lati del Parlamento. Tuttavia questo non ha placato il centro sinistra, che insiste nel chiedere che sia la presidente del Consiglio a ricostruire i fatti e spiegare i motivi che hanno determinato la decisione di rimpatriare il libico a bordo in un volo di Stato.

«MELONI SCAPPA ANCORA, che vengano Nordio e Piantedosi è il minimo sindacale», dicono Pd, Avs, Iv e PiùEuropa all’unisono mentre il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, è costretto a tentare di metterci una pezza. Anzi un paio. «Non c’era nessuna volontà dilatoria, serviva solo una

piccola sospensione temporale dovuta alla necessità di approfondire quanto era successo, un fatto clamoroso – assicura Ciriani – Meloni ha ritenuto che i due ministri fossero assolutamente adeguati». Ma non basta a celare l’imbarazzo del governo Meloni, già in generale poco avvezzo ai confronti sia parlamentari che televisivi e più avvezzo alle dirette social senza domande.

«La presidente del Consiglio – nota il senatore dem Francesco Boccia- manca dal Senato da un anno e mezzo e siamo a metà legislatura». Per le opposizioni, che lunedì scorso alla riapertura dei lavori hanno boicottato la discussione sul decreto Cultura, la presenza del Guardasigilli e del titolare del Viminale non è altro che «un atto dovuto» e non è sufficiente: «Non c’è la responsabilità di un singolo ministro ma una responsabilità politica generale dell’intero governo e non è una vicenda di cavilli – spiega Peppe de Cristofaro di Avs – per questo la cosa più giusta sarebbe la presenza della Meloni in Aula».

MELONI INTANTO cerca di passare, com’è suo costume, al contrattacco approfittando dell’inchiesta della procura di Salerno sui falsi permessi di soggiorno che ha portato ai domiciliari 36 persone tra cui Nicola Salvati, tesoriere del Pd in Campania, poi sospeso dal partito. Un’indagine partita, in maniera peculiare. da un esposto della premier al procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo sull’applicazione degli ultimi decreti flussi. «L’immigrazione non può essere lasciata in balìa della criminalità», la dichiarazione di Meloni, a cui sono seguite a ruota quelle del leader della Lega, Salvini, sullo stesso tono. Il presidente del M5S Giuseppe Conte si dice incredulo e rivolgendosi direttamente alla premier, attacca: «Scappi dal Parlamento per non spiegare agli italiani perché hai rimpatriato con volo di Stato un boia e oggi te ne esci con un post così? Sei convinta che noi italiani siamo tutti idioti?».

TUTTAVIA la «strategia della disattenzione» (al cui supporto è arrivato anche l’ex ministro Marco Minniti, autore del memorandum con la Libia) a qualcosa è servito: il muro dell’opposizione, che almeno in questo frangente ha agito compatta, si è nuovamente sgretolato. «Per qualsiasi percorso di alleanza ci vuole la massima intransigenza – ha detto il capogruppo pentastellato alla Camera, Riccardo Ricciardi – Ci auguriamo che chi vuole sottoscrivere un accordo con i Cinque stelle faccia pulizia in casa propria». Non un colpo gratuito, dato che la discussione sulle regionali in Campania è ancora nel vivo. Piuttosto appare singolare lo scontro tra M5S e Pd anche in Europa con i primi che accusano i secondi di «plagio». Se la battaglia sulla vicenda del torturatore libico li vedrà ancora insieme lo si scoprirà oggi. «Una strategia comune al momento non c’è – spiega Angelo Bonelli di Europa Verde – ci aggiorneremo dopo l’informativa dei ministri, in base a quello che risponderanno». «Ma qualcosa succederà», promettono fonti dell’opposizione.