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Centrosinistra Il «lodo Franceschini» fa discutere: no di Prodi, dubbi nel Pd, sì dal M5S. De Cristofaro (Avs): «Al di là di accorgimenti tecnici, occorre un accordo politico»

«Per colpire uniti serve un’alleanza» Giuseppe Conte, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni – Ansa

Mentre la destra avanza per strappi e forzature, oltre che alzando l’asticella dello scontro con il potere giudiziario, dalle parti delle opposizioni aleggia ancora la «proposta Franceschini». L’idea è stata articolata sulle pagine di questo giornale dal politologo Antonio Floridia e poi ripresa dall’ex segretario dem. Ruota attorno alla possibilità che le forze che si oppongono alla destra raggiungano un accordo elettorale per non perdere in partenza i collegi uninominali ma non si presentino come alleanza organica.

L’ATTUALE LEGGE elettorale non prevede la possibilità di voti disgiunti e quindi di praticare la tattica della desistenza. Si potrebbero però definire prima a tavolino le candidature uninominali e poi lasciare che gli elettori si esprimano barrando il simbolo sul lato proporzionale. Ieri sull’ipotesi si è espresso, parlando con Repubblica, Romano Prodi. Il quale non è parso entusiasta. «Potrebbe essere l’ultima spiaggia alla vigilia del voto – ha detto il fondatore dell’Ulivo – Ma se partiamo dall’idea che non ci si può mettere d’accordo su un programma, mi pare difficile vincere le elezioni». In altri termini, l’ex presidente del consiglio considera prematuro, per non dire sospetto, che a più di due anni dal voto già si debba dare per smarrita la strada che condurrebbe ad una coalizione di centrosinistra con un programma riconoscibile.

IL LODO FRANCESCHINI ufficialmente non è stato commentato dalle parti del Pd, il cui gruppo dirigente fin dall’inizio si è dato l’obiettivo di tessere l’alleanza per sconfiggere Giorgia Meloni. Va anche detto che senza l’onere di una squadra definita e agganciata a un accordo, Elly Schlein si troverebbe svincolata dall’ossessione di trovare la figura del «federatore» e potrebbe condurre la battaglia alla destra sulla scorta dei numeri, che la danno come segretaria della prima forza d’opposizione. Insomma, se il marchingegno dovesse funzionare e mettere le destre in minoranza, sarebbe Schlein a dare le carte per il governo. L’idea di marciare divisi è stata accolta dal M5S, che in questo modo avrebbe le mani libere per la campagna elettorale e per dare corpo all’indicazione uscita dall’assemblea costituente: quella che disegna la linea sì «progressista» ma anche «indipendente». In questo schema, Giuseppe Conte è convinto d massimizzare i consensi. Siccome la politica disegna alchimie non lineari, vale la pena di sottolineare che l’avvocato in questo caso si trova perfettamente in sintonia con Matteo Renzi.

LA TERZA FORZA d’opposizione, data ormai stabilmente dai sondaggi nazionali sopra il 6%, è Alleanza Verdi Sinistra. Il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, uno dei soci della compagine, ha detto chiaramente di considerare un errore l’abbandono di ogni prospettiva di coalizione. Dalla parte di Sinistra italiana non sono arrivate parole esplicite. Il mood, nel partito di Nicola Fratoianni, è simile a quello esplicitato da Bonelli. Ragionando con il manifesto, il capogruppo al senato Peppe De Cristofaro introduce un’altra variabile: la possibilità, che circola da qualche giorno, di una nuova legge elettorale. «Se la legge dovesse cambiare in senso proporzionale puro la proposta di Franceschini avrebbe senso – dice – Però non credo che ciò avvenga. E allora si può anche pensare a qualche accorgimento tecnico, ma servirebbe comunque un’alleanza organica, con un nucleo poltico. Sarebbe una scelta di chiarezza nei confronti degli elettori». L’idea che circola in Si è che, con questa legge elettorale, in casi estremi, e in collegi marginali, si potrebbe anche pensare ad accordi ad hoc per non regalare le quote uninominali alla destra. Ciò non toglie, si sostiene, che un accordo tout court tra Pd, M5S e Avs debba essere l’infrastruttura di base per battere le destre. E se anche dovesse passare il «porcellum corretto» (ma la corte costituzionale aveva bocciato la mancanza di preferenze e la mancanza della soglia per il premio di maggioranza) ci si troverebbe ad un meccanismo simile a quello maggioritario delle regionali. Non ci sarebbero le quote uninominali a confondere le acque, ma servirebbe comunque una coalizione