Approda a Bari la motovedetta con a bordo altri 43 migranti costretti a inutili peripezie. Meloni cerca di uscire con ogni mezzo dal labirinto, perché ha giurato che i centri «funzioneranno». Altrimenti sarà colpa dei giudici. Avanti con forzature, fake news e propaganda
Finché la barca va Doveva essere una normale direzione nazionale, si è trasformata nella nascita del «Grande Partito della Nazione»
Doveva essere una normale direzione nazionale, si è trasformata nella nascita del «Grande Partito della Nazione». Almeno stando ai toni quasi messianici utilizzati, in scia alla moda trumpiana. Nel centro congressi a pochi passi da Piazza di Spagna, a Roma, affittato da Fratelli d’Italia, si riuniscono deputati e senatori meloniani, più la pattuglia dei ministri. Ci sono quello alla Difesa e fondatore del partito, Guido Crosetto, la titolare del Lavoro Elvira Calderone, il neo ministro delle Politiche Ue Tommaso Foti, quello allo Sport Andrea Abodi e quello delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, il responsabile della Protezione civile Nello Musumeci e poi Giovanni Donzelli, Lucio Malan, Edmondo Cirielli. L’ordine di scuderia era di restituire compattezza.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA ha aperto i lavori con un insolito ruolo di primo piano rispetto agli ultimi mesi, quando era stato messo in ombra a causa delle gaffe e delle vicende personali. Li ha chiusi Arianna Meloni, responsabile della segreteria politica e del tesseramento FdI, che di Lollobrigida era la compagna e della premier è sorella. Il rapporto tra le due è sempre stato solido, ora è diventato mistico: «Ho l’onore di essere la sorella di Giorgia Meloni, una grande donna a cui ho visto fare in questa nuova fase un salto 10 volte più alto di tutti questi durissimi anni: ha messo gli italiani prima della sua famiglia e di sé stessa».
PER QUANTIFICARNE la grandezza, descrive la «traversata nel deserto» e il «salto nel buio» compiuti e fa riferimento all’unico libro che la destra di Colle Oppio ha letto con certezza e usa come feticcio: Il signore degli Anelli di Tolkien. La premier è «il nostro Frodo e noi siamo la Compagnia dell’anello – arringa Arianna Meloni -. L’anello è pesante, dobbiamo aiutarla nella fatica di portarlo senza mai indossarlo: ognuno è chiamato a fare la propria parte».
La «parte» è quella di resistere al resto del mondo, tenere la linea, qualunque essa sia: su Elmasry, sulla magistratura «politicizzata» che indagherebbe ad orologeria la premier, sul piano Albania smontato dai giudici «di sinistra». E poi diffondere i sondaggi che li vedono in testa, negare problemi, adombrare complotti, rivendicare traguardi, avanzare compatti.
La redazione consiglia:
Di Franco: «L’economia è ferma e il governo finora ha vissuto di rendita»GIORGIA MELONI è tentata di andare a elezioni anticipate per dare una prova di forza e respingere definitivamente gli infingardi. Così, se all’ordine del giorno c’erano la
discussione sui primi due anni di governo e altri temi come la sicurezza delle forze di polizia e il Sud, le quattro ore di direzione nazionale sono servite più che altro a fare quadrato e ostentare fiducia totale nella guida. «Abbiamo fatto il bilancio straordinario di due anni di governo – racconta Urso – l’Italia è il punto di riferimento per gli Stati uniti in Ue, per l’Africa e di chiunque in Europa voglia cambiare davvero. Giorgia Meloni è il leader che ciascuno vuole accanto».
CIASCUNO HA UN TEMA. Crosetto tenta di mettere una pietra sopra il rimpatrio di Elmasry, un «pericoloso criminale libico» (così definito da Piantedosi) che la Corte penale internazionale aveva chiesto all’Italia di trattenere: «Chi governa deve fare qualunque cosa giusta per difendere la nazione». L’europarlamentare Carlo Fidanza ripete il mantra della «magistratura che persegue obiettivi politici, che utilizza il proprio potere per cercare di arginare un’azione di governo che ha una legittimazione popolare forte». Musumeci interviene sul sondaggio fra gli iscritti al partito per chiedere un parere su eventuali «manifestazioni pubbliche per difendere l’autonomia della politica dalle interferenze di alcuni magistrati»: «Le piazze appartengono al nostro codice genetico» ma aggiunge di augurarsi «che torni il dialogo sereno».
LA PREMIER, come annunciato, non si è presentata alla riunione del suo partito. Possibile volesse evitare, come successo a Doha, Daniela Santanchè che invece è arrivata con il ritardo che di solito si consentono le dive. Spavalda, ha scavalcato il muro di giornalisti che l’attendevano, si è seduta nelle prime file e poi ha lasciato la sala in anticipo.
NESSUNO L’HA CITATA dal palco e lei non ha preso la parola, unica esponente del governo a non intervenire. Paradossalmente, le inchieste in cui sono coinvolti adesso altri esponenti del governo sul caso Elmasry, in primis Giorgia Meloni, supportano la sua determinazione. La tanto attesa decisione sulla sede del processo è arrivata (rimarrà a Milano), ma parole nette dalla premier no. Se il solido amico della ministra del Turismo, Ignazio La Russa, ha lasciato intendere nei giorni scorsi di aspettare le sue dimissioni, adesso le necessità sono altre. E lo dimostrano le parole di Donzelli: «La fiducia di Fdi per il lavoro di Santanchè non è mai venuta meno». Santanchè ringrazia, incassa e rilancia sui social postando una foto di gruppo dalla direzione nazionale con la frase: «Orgogliosi del percorso che stiamo facendo».