SCENARI. Mai come in questo frangente si sente l’urgenza di ridare al mondo del lavoro una rappresentanza politica, che manca oggi a una sinistra per essere riconosciuta come tale
L’opera "Flower Thrower" di Banksy - Ap
* È in uscita il nuovo numero di Infinitimondi Bimestrale di pensieri di Libertà, il 26/2022. Al suo interno, tra gli altri interventi, un originale dialogo tra Mario Tronti e tre giovani di Associazioni campane Antonio Avilio, Michele Grimaldi e Giovanni Sannino. Pubblichiamo una anticipazione dalla risposta di Mario Tronti ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)*
Il piglio antagonista, con incorporato un punto di vista di parte, da primi anni Sessanta, in alcuni di noi, sopravvissuti, non è spento. È il fuoco che cova sotto la cenere. È quel «fuoco nella mente» che sempre è stato alla base delle tante dimenticate insubordinazioni degli ultimi. Sta a voi, nuove generazioni, rimuovere la cenere e riaccendere questo fuoco. Perché, sarà il taglio di discorso più efficace per affrontare, nel tempo che sta per venire, l‘inevitabile caduta agli inferi di questa decadente postmodernità.
Naturalmente occorrerà con intelligenza adattarlo alle contingenze delle forme, oggettive e soggettive, radicalmente mutate.
UNA COSA È CERTA: mai come in questo frangente si sente la necessità e l’urgenza di ridare al mondo del lavoro una rappresentanza politica: esattamente quello che manca oggi a una sinistra per essere riconosciuta come tale. Bisogna ripartire dalle piazze sindacali, in primo luogo con la Cgil, allargandole alle nuove forme di lavoro, oltre che materiale, anche immateriale, a quelle insopportabili dei lavoratori precari, a quelle in difficoltà dei lavoratori autonomi, a quelle drammatiche dei lavoratori immigrati, persone in carne ed ossa sottoposte alle tante nuove situazioni di sfruttamento.
MI È CAPITATO di usare un’immagine che riprendo, perché passata come al solito sotto silenzio: richiamare in patria un popolo del lavoro in esilio, attualmente addirittura nella Babilonia della destra. Lo ripeto qui perché vedo che (in questo dialogo ndr), con parole e sensibilità diverse si consente su questo punto. Il nome di patria, in questo caso, indica un soggetto politico organizzato a sinistra che riparta da lì. Politico, non antipolitico. Raccomando: non è roba da grillismo, più o meno riverniciato in salsa stancamente progressista. È una cosa seria.
Si tratta di ricomporre, quasi dal nulla, una grande forza popolare, spendibile, credibile, direi quasi futuribile. Un impegno che ha bisogno di un tempo scandito, controllato, che va coltivato, non improvvisato. Una scommessa ben calibrata, discussa, pensata. Il Pd ha ormai un consenso abbastanza stabilizzato che io chiamo di borghesia medio-grande illuminata. È bene che lo mantenga.
Ha sofferto per la sua insufficiente capacità di coalizione. Ho chiesto al Pd di mettere al centro del suo congresso una semplice domanda: perché la povera gente vota la destra? Dalla risposta a questa domanda deriva tutto il resto, identità, classe dirigente, leadership, forma di organizzazione. Se su questo si continua a tacere, allora vuol dire che c’è bisogno, alla sinistra del Pd, di una presenza politica, di un’offerta elettorale, consistente, non minoritaria, autorevole, affidabile, che rappresenti quella parte di società che ha soprattutto nelle frammentate figure di lavoro la sua forma di vita.
È NECESSARIO SU QUESTO progetto richiamare in campo politico personalità che hanno avuto una frequentazione con il mondo del lavoro subordinato e sfruttato, e quindi da esso vengono riconosciute: dal sindacato, dai movimenti, dall’associazionismo cattolico, dal volontariato laico.
La sinistra ha una sola strada per tornare a vincere: togliere popolo alla destra, riprendersi quello che è suo proprio, la rappresentanza delle persone che una volta chiamavamo semplici.
QUESTO PER L’IMMEDIATO. Ma non fermarsi qui. C’è di fronte, accanto, sopra di noi, il mondo grande e terribile. In vorticoso mutamento. Quello ormai è il terreno decisivo. Le vicende interne alle singole nazioni appaiono come liti di cortile rispetto al grande gioco, cioè a questo ridisegnarsi geopolitico in atto degli equilibri tra blocchi di potenze. Il ritorno della guerra nel cuore dell’Europa ne è il segno eloquente. Non è un incidente della storia, è la storia stessa che torna a far valere la tragica regolarità del suo cammino. E che solo la grande politica può possedere e contrastare.
Ragazzi, leggete Kissinger, leggete Huntington, che vi dicono come stanno le cose, scegliete tra i numeri di Limes il racconto vero di cause e andamenti degli eventi, che tutti vengono da lontano, e hanno un senso più profondo di come vogliono farci credere con l’asfissiante narrazione dominante, non date retta ai giornali di regime, alle chiacchiere televisive, tutto sotto dettatura di un pensiero che pretende di essere unico in un mondo che di nuovo si divide in due. L’ Occidente euro-atlantico non si rassegna ad essere ormai quello che è, una minoranza dell’umanità che solo in virtù della sua pretesa «ragione», tra l’altro più che armata, vuole imporre le sue forme di vita al resto del mondo, popolato da miliardi di essere umani, che escono da una secolare condizione di colonialismo e imperialismo, per rivendicare un proprio autonomo riscatto.
IN MEZZO C’È QUESTA Europa, ridotta a terra dei mercati e delle monete, che ha rinunciato ad essere terra di cultura e di politica. Desolante lo spettacolo di quelle riunioni dei capi di Stato e di governo che si incontrano, si abbracciano, si sorridono, mentre tutti sappiamo che non contano un bel niente nell’immane problema dell’attuale riassetto del mondo. E stanno lì alla cuccia agli ordini del padrone americano. La fine della storia è in realtà la fine della loro storia.
CARI GIOVANI compagni, avete davanti un futuro difficile, aperto ad esiti oggi imprevedibili. Seguitelo, giudicatelo, con spirito libero e pensiero forte, soprattutto combattetelo, rovesciatelo, perché per ora quel futuro non è nelle vostre mani ma in quelle dei vostri nemici. Strappatelo da quelle mani.