INTERVISTA. Il filosofo italiano, autore tra l'altro di "Potere costituente" e di "Assemblea" (con Michael Hardt), vive da quarant'anni a Parigi e interviene nel dibattito sulla sinistra e le elezioni legislative in Francia: "C’è qualcosa di nuovo oggi in questo paese che riempie un vuoto della mediazione sociale. Per ora si può dire che questo è l’esito della convergenza delle lotte e dei movimenti e si dà nella forma di un doppio potere che mette in profonda discussione la costituzione della Quinta repubblica"
Antonio Negri
«Alle elezioni legislative in Francia nessuno si aspettava che potesse darsi un tale aumento dei voti fascisti al partito di Marine Le Pen – sostiene Toni Negri, 89 anni, filosofo e uomo politico da Parigi dove vive da quarant’anni – La Nouvelle Union populaire écologique et sociale (Nupes) è riuscita a modificare la vecchia stratificazione di classe, a ricostruire una sinistra attraverso un processo nato in maniera autonoma e
nonostante il sistema elettorale».
Quali implicazioni comporta questa affermazione impressionante del Rassemblement National?
È un brutto fantasma che riappare davanti ai nostri occhi ed è una conseguenza della rottura del patto repubblicano che escludeva i fascisti da qualsiasi alleanza. Questo patto ha tenuto nel 2002 quando il socialista Jospin fu escluso dal ballottaggio e Chirac prese la stragrande parte dei voti contro Le Pen padre. Nel 2022 il patto è stato usato da Macron per prendere i voti della sinistra e ottenere la conferma da presidente, ma è saltato alle legislative di domenica scorsa. Circa il 30 per cento dei ballotaggi tra Le Pen e Nupes ha visto la vittoria dei fascisti. Questa è una responsabilità dei macronisti.
L’elettorato francese appare spaccato in tre blocchi (quattro con l’astensionismo). In questo quadro l’odio per la sinistra giustifica, agli occhi dei neoliberali, una simile crescita dei lepenisti?
Questo accade appena una vera sinistra riappare e costituisce un impedimento alle politiche del capitale finanziario fatte da Macron. La distruzione di una sinistra è l’anima del suo progetto anche a costo di alimentare, come ha fatto in cinque anni, politiche securitarie e identitarie che favoriscono il consolidamento di una destra fascista. Non è una novità, è una legge della storia e della lotta di classe.
Qual è il futuro del macronismo?
Macron è diventato muto, non riesce più ad essere inteso dalla società. Prendiamo l’età pensionabile che lui vorrebbe portare a 65 anni. Sembrava che la Cfdt (la Cisl italiana) lo seguisse. Ma anch’essa oggi si oppone. Macron ha sempre cercato di tagliare ogni sostegno sindacale e civile alle lotte sociali. Cinque anni fa ha determinato il dissolvimento dei socialisti, oggi le conseguenze si vedono nel fatto che ogni suo progetto politico troverà difficilmente un sostegno durevole. Si parla già di uno scioglimento dell’assemblea nazionale.
Come mai in Francia non si è dato lo scenario italiano, quello di un paese senza sinistra, programmato già a partire dagli anni Novanta?
Perché in Francia non si sono mai sopite le lotte sociali, si sono date in maniera continua e senza interruzione.
La Nupes è un’operazione duratura, capace di radicarsi nei territori, oppure si frantumerà?
Non credo che il fatto che si costituiscano vari gruppi all’assemblea (socialisti, ecologisti, comunisti e France Insoumise) comporti un rischio di dissolvimento della Nupes. Indubbiamente subirà violentissime pressioni perché il capitale finanziario sviluppa un enorme odio contro la moltitudine organizzata. Eppure c’è qualcosa di nuovo oggi in Francia che riempie un vuoto della mediazione sociale fortissimo. Non so se vivrà a lungo, ma al momento si può dire che questo è l’esito della convergenza delle lotte e dei movimenti e si dà nella forma di un doppio potere che mette in profonda discussione la costituzione della Quinta repubblica.
In che modo Jean-Luc Mélenchon ha fatto tesoro dell’ampio fronte sociale anti-Macron, a cominciare dai gilet gialli?
Nel 2017 il movimento dei gilet gialli è maturato sul terreno di classe e ha innovato profondamente la politica. Ha creato una forma di protesta aperta composta da singolarità che si uniscono in un progetto. È un approccio che può dissolvere un’identità settaria e creare una singolarità comunitaria. Macron ha massacrato il movimento con la sua polizia. Poi tutto si è fermato con la pandemia. Mélenchon ha colto il significato di quel processo, pensa a una forma politica che mantenga la ricchezza delle differenze e che su questo la Quinta repubblica è superabile.
Mélenchon è stato definito un «populista di sinistra». Cosa pensa di questa definizione?
A me sembra che questa sia più un’accusa dei suoi avversari che non coincide del tutto con quello che Mélenchon effettivamente è. Più che altro è innegabile la presenza nel suo discorso di elementi di socialismo nazionale o repubblicano alla francese. In ogni caso credo che ci sia stato un cambio nella sua cultura politica e in quella della France Insoumise. Lo si vede dall’atteggiamento che hanno rispetto ai movimenti e alle altre sinistre o sull’Europa politica. Credo che molto abbia influito il Brexit. Quello che è sicuro però è che la Nupes non è una forza che si pone fuori dal patto repubblicano antifascista come hanno detto i macronisti. Da parte loro è stata veramente una grande schifezza.