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Dal documento della Cei alle singole prese di posizione: della riforma Calderoli non piace l’idea di dividere il Paese e alimentare così le disuguaglianze

Remo Casilli/Sintesi Remo Casilli/Sintesi

Anche il mondo cattolico dice no all’Autonomia differenziata. Nel dibattito sulla legge Calderoli sono infatti entrati anche esponenti della Chiesa che in questi mesi, anche recentemente, hanno ribadito la necessità di valori e principi della Costituzione italiana che andrebbero persi in un nuovo assetto nazionale, diviso e differenziato.

“L’autonomia differenziata deve essere realizzata nel rispetto della solidarietà nazionale, evitando che si creino nuove fratture sociali ed economiche”. È una frase – contenuta nel documento che la Conferenza episcopale italiana (Cei) pubblicato a maggio – che riassume la preoccupazione principale dei vescovi italiani, che vedono nel progetto di autonomia una possibile minaccia all'equità e alla coesione sociale.

IL DOCUMENTO DELLA CEI

Il documento della Cei sull’Autonomia differenziata rappresenta una riflessione approfondita sulle implicazioni sociali e morali della riforma voluta dal governo Meloni. Ma, dalla lettura del testo, emerge come il mondo cattolico ritenga di fondamentale importanza l’unità del Paese, mettendo in guardia i decisori politici e i cittadini rispetto al rischio di accrescere le disuguaglianze tra le diverse regioni.

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Il documento inoltre invita a considerare il bene comune come principio cardine in qualsiasi modifica dell'assetto istituzionale del Paese così come viene richiamato il principio della giustizia sociale contro il prevalere degli interessi particolari.

La Conferenza Episcopale Italiana e diversi esponenti cattolici sono infatti entrati nel merito della riforma e nel dibattito politico sviluppatosi anche grazie alla raccolta firme per il Referendum contro il progetto di riforma che, lo ricordiamo, ha raggiunto in pochissimo tempo il numero necessario.

MONSIGNOR SAVINO: UN PERICOLO MORTALE

Oltre al documento ufficiale della Cei, diversi rappresentanti del mondo cattolico hanno espresso le proprie opinioni sull'autonomia differenziata. Tra loro Monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente della Cei, si è espresso più volte criticamente sull’Autonomia differenziata, manifestando preoccupazioni riguardo agli effetti che potrebbe avere sull'unità e l’equità del Paese. Per Savino si rischia di accentuare le disuguaglianze territoriali, creando un'Italia a più velocità, dove le regioni più ricche potrebbero beneficiare a scapito di quelle meno sviluppate.

Nell’intervista pubblicata su La Repubblica il 28 agosto scorso, Monsignor Francesco Savino ha ribadito la sua forte opposizione all'autonomia differenziata descrivendola come “un pericolo mortale” per l’unità nazionale e un processo che accentuerebbe le disuguaglianze regionali. Savino ha sottolineato come questa riforma potrebbe impoverire ulteriormente il Sud Italia, creando una “secessione dei ricchi”, un far west tra le regioni, a discapito del bene comune nazionale.

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“Il Sud ha capito che la riforma è un cavallo di Troia per creare due Italie: una prospera e l’altra abbandonata a sé stessa” ha detto il vice presidente della Cei. Il rischio per Savino è creare “altra povertà, altro spopolamento, le differenze col nord si accentueranno” e per evitarlo servirebbe “un nuovo Risorgimento” che, in qualche modo, per il vescovo può partire con “questa raccolta firme” che “segna una presa di coscienza”.

ACLI: no al feudalesimo competitivo

“A chi in questi giorni lamenta una inopportuna ingerenza della Chiesa cattolica sull’argomento – commenta Antonio Russo vice presidente nazionale Acli e componente Consiglio Direttivo del Comitato per il sì al referendum per l’abrogazione della legge sulla autonomia differenziata – suggeriamo la lettura dei documenti attraverso i quali, dall’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, la Conferenza Episcopale Italiana e i Vescovi delle Chiese particolari hanno dato il loro contributo a un dibattito ‘spesso strozzato’ da interessi trasversali e di parte”.

“Se rimaniamo ai giorni nostri – prosegue Russo – è ancora vivo l’appello partito dalle Settimane Sociali della Chiesa italiana di Trieste, e anche l’analisi che abbiamo fatto come ACLI con la presentazione della ricerca sulla povertà delle Aree interne del Paese. Ed è certo comprensibile il nervosismo da parte di chi come il ministro Salvini, l’On. Calderoli e il Presidente della Regione Veneto Zaia vedono crescere di giorno in giorno il fronte di organizzazioni cattoliche e laiche, di sindacati, di partiti e, soprattutto, di italiane e italiani che in poche settimane hanno apposto oltre 500mila firme per l’abrogazione della legge 86/2024”.

“Sarà la nostra incapacità di leggere il disegno strategico e la portata storica della riforma dello Stato che la maggioranza di governo ha voluto introdurre con l’autonomia differenziata, ma facciamo nostre le preoccupazioni di  monsignor Savino – specifica il vice Presidente nazionale Acli – Anche in questa circostanza, si dimostra che senza un’idea di comunità nazionale e di Stato, movimenti o partiti politici, al massimo scrivono programmi infarciti di amor patrio e di esaltazione dell’italianità che svelano, alla prova dei fatti, un irrefrenabile bisogno di dividere. Il tema delle autonomie territoriali non ha mai spaventato i cattolici e le forze politiche democratiche e liberali. Lo si affronta però seguendo i principi di solidarietà e sussidiarietà che la legge 86/2024 ignora alla radice. Peccato per chi credeva di aver già incassato un risultato storico”.

“Dopo la valutazione della Consulta sulla ammissibilità del referendum, la parola passerà ai cittadini. Capiremo se anche loro –conclude – non hanno ben compreso quanto benessere produrrà la riforma a regime sulla vita del Paese o se, sceglieranno ancora per l’Italia unita che rifiuta il ritorno a un feudalesimo competitivo in cui la prima nemica sarà la regione che confina con la tua. Se i Pastori della Chiesa cattolica sono, come io credo, anche quelli più vicini al popolo, consiglierei sommessamente di ascoltarli”.

AZIONE CATTOLICA AMBROSIANA: SERVE SOLIDARIETà NAZIONALE

Sulla stessa lunghezza d’onda l’Azione Cattolica Ambrosiana. In un comunicato, ha sottolineato come questo processo potrebbe accentuare le disuguaglianze tra le regioni italiane, specialmente a scapito delle aree più deboli e svantaggiate del Paese. L’organizzazione ha evidenziato la necessità di garantire che l’autonomia differenziata sia accompagnata da misure che preservino la coesione sociale e l’uguaglianza tra i cittadini, indipendentemente dalla regione di appartenenza. L’Azione Cattolica Ambrosiana ha anche richiamato l’attenzione sull’importanza di mantenere un forte senso di solidarietà nazionale, affinché l'autonomia regionale non diventi uno strumento di frammentazione ma, piuttosto, di rafforzamento della responsabilità collettiva per il bene comune.

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Prudenza e responsabilità dunque, per il rispetto del bene comune e per lottare, tutti insieme, cattolici e laici, contro le disuguaglianze sociali. Per non perdere di vista l’interesse generale del Paese.