Il Sipri certifica l'incremento esponenziale degli investimenti bellici nel mondo: siamo arrivati a 2.240 miliardi di dollari. L'analisi di Francesco Vignarca
Il 2022 è un anno da record per la spesa in armi dei governi di tutto il mondo: 2.240 miliardi di dollari, pari a un aumento del 3,7% in termini reali rispetto all’anno precedente. Sono i numeri che emergono dal rapporto del Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute. A renderli noti la Rete italiana pace e disarmo, il cui coordinatore, Francesco Vignarca, ci spiega che si stanno rafforzando numerose tendenze, a livello globale come anche nello specifico dei singoli Stati.
“A livello globale l'accelerazione dell’aumento della spesa in armamenti è stata evidente con la guerra in Ucraina, ma la crescita negli ultimi anni è stata continua, tanto che dal 2000 siamo giunti a un 35% in più rispetto alla fine della guerra fredda – dice Vignar
ca -. Gli Stati Uniti oggi ricoprono quasi il 40% della spesa globale, raggiungendo gli 877 miliardi di dollari, e per la guerra in Ucraina, potendoselo permettere, hanno stanziato il doppio della spesa militare italiana”.
Un'altra tendenza che è andata rafforzandosi è quella cinese: “Per il ventottesimo anno consecutivo Pechino ha incrementato il budget, sfruttando la crisi economica, e ora sta sfiorando i 300 miliardi, anche se si tratta comunque di un terzo rispetto a quello degli Usa”. Evidente rialzo, come prevedibile, anche per la Russia, con un +9,2% nell’ultimo anno, raggiungendo gli 86,4 miliardi di dollari e la posizione di terzo Stato al mondo. L’Ucraina è entrata per la prima volta nella top 15, all’11esimo posto, dato l’enorme aumento del 640% della propria spesa militare.
Il coordinatore della Rete italiana pace e disarmo punta poi l’attenzione sulla spesa militare della Nato, pari a 1.232 miliardi di dollari, ”molto di più dei 380 di Cina e Russia insieme”, questo per sottolineare che “siamo di fronte a una disparità davanti alla quale si sgretolano le retoriche secondo cui dobbiamo armarci più degli altri, ma è da tempo che siamo molto più armati. I beneficiari delle scelte in materia sono e rimangono le industrie belliche, che incrementano esponenzialmente i loro guadagni".
Se si guarda all’Italia, il dato fornito dal Sipri “segnala una riduzione della spesa militare che invece non è riscontrabile nei dati di dettaglio, sempre in crescita, elaborati dall’Osservatorio Milex. Vignarca spiega che “i dati forniti dal ministero della Difesa italiano non permettono un conteggio preciso, perché, ad esempio, per anni i pezzi di acquisto militare sono stati fatti anche con fondi del ministero dello Sviluppo economico (l’attuale dicastero delle Imprese e del made in Italy, ndr), e, se questo non si sa, i dati diventano sottostimati. Inoltre si fa fatica a conoscere i dati sulle pensioni del comparto militare, o sulle partecipazioni internazionali”.
Per l’Europa si parla di un altro record: “Nel 2022 la spesa in armamenti è aumentata del 13%, il più grande incremento annuale nell’area nel periodo successivo alla Guerra fredda. Partendo dal dato europeo, è necessario sottolineare la necessità di fare un’analisi sui numeri forniti dal Sipri, come fa ogni anno la nostra Rete - dice Vignarca -, e da questa analisi emerge che negli ultimi 10 anni non solamente gli investimenti bellici sono cresciuti in termini assoluti, ma si sono spostati maggiormente sull’acquisto di armi”, che è solo una delle voci di spesa insieme a quelle che riguardano la logistica, gli stipendi dei militari, l’intelligence e molto altro. “Se nel 2011 la spesa per acquisti ricopriva il 23% - conclude - ora i dati la danno sopra il 28%. A dimostrazione che chi ci guadagna è l’industria bellica”.
I dati dell’Istituto di ricerca svedese confermano quindi le preoccupazioni evidenziate dalla dichiarazione congiunta della Campagna internazionale contro le spese militari, diffusa durante le Giornate di mobilitazione globale concentrate quest’anno sul rapporto tra gli investimenti nella difesa e quelli per affrontare la crisi climatica. Rete italiana pace e disarmo torna a ricordare che l’aumento continuo delle spese militari “è incoerente con gli sforzi per raggiungere gli obiettivi essenziali di emissioni e aggraverà, non arginerà, l’emergenza climatica. La guerra e i conflitti armati non portano solo morte e distruzione, ma anche devastazione dell’ambiente e distruzione del clima”