15 marzo I contributi sulla piazza di sabato
Manifestanti riescono sotto Palazzo Chigi sede della Presidenza del Consiglio – Mauro Scrobogna / Lapresse
Ma ci si può fidare della classe politica europea?
Ci si può fidare di una classe politica europea che negli ultimi 30 anni ha fallito clamorosamente analisi e impostazione politica su punti fondamentali dell’assetto geopolitico: dal nuovo quadro uscito dalla caduta dei regimi dell’Est alla globalizzazione ? Scambiando il tutto come un’apertura dei mercati propedeutica a una sterminata felicità collettiva, non guardandosi attorno quando scoppiarono le guerre nei Balcani, non valutando fenomeni come la crescita cinese (scambiata con quelle delle “tigri asiatiche” ipercapitaliste”) e incapace di regolare i termini concreti dello sviluppo tecnologico. I risultati del connubio popolari/socialdemocratici in salsa blairiana con l’adozione indiscriminata delle teorie liberiste mutuate direttamente dal reagan-tachterismo.
Adesso lo stesso gruppo dirigente erede dei Kohl e dei Prodi (che ancora interviene direttamente) ci chiama a un riarmo da 800 miliardi di euro che alla fine esalterà il nazionalismo (dato e non concesso che se ne possa realizzare un decimo di quanti auspicato da lor signori). Ci si può fidare, si può dar loro ancora credito?
Grazie
Franco Astengo
Diserterò la chiamata del 15 di “Repubblica”
Non parteciperò alla manifestazione di sabato, 15 marzo. “Diserterò” quell’iniziativa perché da una parte si celebrano i valori sui quali si fonderebbe l’Europa, cioè la pace e la democrazia, ma dall’altra si punta al riarmo destinando ben 800 miliardi di euro che saranno sottratti al Welfare. L’Europa ha sposato in pieno il detto latino “si vis pacem, para bellum”, cioè se vuoi la pace, prepara la guerra. Io ritengo che se vuoi la pace devi prepararla mentre questa Europa non ha fatto nulla per bloccare il conflitto in Ucraina ed ha sostenuto Israele nella sua guerra criminale contro i palestinesi. Quanto dovrà durare ancora il conflitto in Ucraina?
Quante vite si dovranno sacrificare ancora sull’altare del potere prima che si dica “basta”? Quale vantaggio può ricavare l’Ucraina dal proseguimento della guerra? Quale vantaggio possono ricavare l’Europa da una parte e la Russia dall’altra dal solco scavato fra loro stesse? Non sarebbe meglio che si proponesse, senza stancarsi, gli strumenti della diplomazia e della trattativa perché se vuoi la pace prepara la pace? Ricordiamoci che la pace si stringe tra nemici, trovando un equilibrio delle convenienze reciproche. La guerra porta solo morte, distruzione, odio, persino i vincitori hanno poco da rallegrarsi perché ci vorrà tempo per recuperare “la normalità della vita quotidiana”. Ecco perché la pace deve vincere e la guerra deve essere sconfitta.
Liliana Frascati
Ora 800 miliardi, a quando il sangue?
A meno di credere al detto secondo cui “o’ munno è comm uno so fa ‘ncap” (il mondo oggettivo non esiste e chiunque può costruirsene uno nella propria testa), la bandiera Ue con cui Serra chiede di essere in piazza il 15 marzo non può essere considerata un significante vuoto. Non lo è mai stata, non lo è oggi. La bandiera Ue veste von der Leyen mentre chiede 800 miliardi (a quando il sangue?) per il ReArm Europe. È quella della socialdemocratica danese Frederiksen col suo “spendere, spendere, spendere in Difesa”. Fino al 2% del PIL, al 3%, al 3,5%, e perché non al 5% come vuole Trump? Fino all’infinito e oltre! È quella di chi smania per un keynesismo militare: transizione non ecologica, ma a un’economia di guerra. Dal verde ecologia al verde militare il passo è breve. Dalla Francia dell’estremo centro liberista di Macron, alla Germania rosso-nera di Scholz e Merz, passando per l’Italia dell’ultradestra, tutti vagliano o iniziano a sperimentare soluzioni per la transizione dall’industria civile (a partire dall’automotive) a quella militare. La necessità e urgenza del riarmo è condivisa dalle principali famiglie politiche.
Si dividono sui dettagli. Riarmo nazionale o “difesa comune”? Cambia poco. L’“uomo Ue”, Romano Prodi, l’ha chiarito: il primo è necessario e può essere una tappa verso la seconda. Sembra di essere sbalzati al 1914, quando socialisti francesi e tedeschi – ma quelli italiani no! – votano i crediti di guerra, cedono alla guerra tra “nazioni” abbandonando quella di classe. Sventolare la bandiera Ue col “Partito di Repubblica” è fare il gioco di chi vuole il keynesismo militare. Vogliamo ritrovarci in piazza col nemico che marcia alla nostra testa? Chi porterà la bandiera della “pace” potrà salvare la propria coscienza, ma non cambiare la cifra politica. Che è già chiara: riarmo per proteggere i capitali europei nella competizione internazionale. Disertare la piazza di Serra e della bandiera Ue significa sottrarsi al bellicismo. Non per stare alla finestra, ma per costruire un’altra piazza. Che dica no al riarmo e all’economia di guerra. Sì a stanziare fondi, ma per “medici, non bombe”. Senza confusione o mezze parole. Nell’aprile 1915, sventolando bandiere rosse, centinaia di donne si unirono agli scioperanti a Prato al grido di “abbasso la guerra”. Eccoli i nostri valori, i nostri principi più belli. Portiamoli a Piazza Barberini a Roma sabato 15 alle 15:00.
Giuliano Granato, Portavoce Nazionale Potere al Popolo
Parole giuste per una piazza sbagliata. No all’economia di guerra
La piazza del 15 marzo non è la nostra piazza. Michele Serra, dalle pagine di “Repubblica”, ha chiamato ad una piazza per un’Europa libera e unita. Una piazza invocata all’indomani dell’umiliazione pubblica di Zelensky da parte di Trump, una piazza che nulla dice della necessità di Pace, una piazza che nulla dice sul piano Rearm che costerà 800 miliardi a danno della spesa sociale su scala europea. Non esiste un’astratta idea di Europa che valga più della Pace, della pacifica convivenza tra i popoli e di un’Europa dei diritti sociali e civili. L’appello all’unità dell’Europa che caratterizza la manifestazione del 15 marzo è distante dall’idea di Europa che la Cgil, non da sola, ha cercato di far vivere in questi anni.
L’idea di Europa che assieme abbiamo promosso ha attraversato le piazze italiane ed europee nelle manifestazioni per la pace e contro ogni guerra, nelle vertenze sindacali che invocavano politiche industriali e nel contrasto alle politiche liberiste.
La manifestazione del 15 marzo non promuove un’Europa diversa da quella bellicista, rappresentata dalle dichiarazioni di Ursula von der Leyen e di Macron, e che nelle scelte della Commissione Ue e del Consiglio europeo prepara l’economia alla guerra. Noi non cammineremo al fianco di chi vuole la guerra. Condividiamo la necessità di una forte e ampia mobilitazione per la Pace in raccordo con tutte le reti che da sempre sono impegnate su questo fronte.
Coordinamento nazionale Lavoro Società per una Cgil unita e plurale