Sei giorni di rinvii per approvare una risoluzione che non prevede cessate il fuoco: è il topolino partorito dalla montagna Onu nel giorno in cui le inchieste di Cnn e New York Times accusano Israele di aver sganciato sulle zone «sicure» di Gaza bombe da 900 kg, per 1.600 volte
NIENTE CESSATE IL FUOCO. Il segretario generale Guterres: «Non era il testo auspicato. Il cessate il fuoco è l’unico vero mezzo per porre fine alle sofferenze. La risoluzione di oggi può aprire quella strada»
Un camion di aiuti umanitari entra a Gaza dal valico di Rafah - foto Ap/Abed Rahim Khatib
Erano le 12.07 di New York quando un’alzata di mano ha messo agli atti dell’Onu una storica risoluzione del Consiglio di Sicurezza. La mozione chiede «urgenti ed estese pause e corridoi umanitari in tutta la Striscia di Gaza, tali da permettere il pieno, rapido, sicuro e libero accesso umanitario» alle popolazioni civili.
La risoluzione chiede anche di «creare le condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità». L’appello alla «creazione di condizioni» piuttosto che alla cessazione delle ostilità è il sofisma che ha reso storico il voto di ieri.
SI TRATTA della prima volta dal 1972 che gli Stati uniti non pongono il veto a una mozione che critica l’operato del proprio alleato. La mozione è rivolta a tutte le parti in causa ma, dato che è sottinteso, come ha specificato il segretario generale Guterres, che la causa principale e diretta della catastrofica crisi umanitaria sono le operazioni di guerra e, ha aggiunto il delegato cinese Zhang Jun, «la punizione collettiva della popolazione civile», la richiesta può essere letta come appello diretto a Israele.
Per oltre cinquant’anni un rappresentante di Washington si è assicurato che ogni appello alla pace, alla moderazione o alla protezione dei civili, ogni richiamo al rispetto delle norme internazionali e umanitarie, fallisse la ratifica Onu col pretesto di un’inaccettabile parzialità.
Con questa logica gli Usa si sono opposti a mozioni contro gli insediamenti legali nei territori occupati, per la protezione dei civili nella repressione delle intifada, per il rispetto degli accordi su Gerusalemme est, in generale contro le violenze indiscriminate contro la popolazione palestinese e per il rispetto degli accordi multilaterali regolarmente ignorati da Israele.
In ogni occasione un ambasciatore americano all’Onu ha posto il veto che assicurava il fallimento delle risoluzioni in questione, spesso sostenute da centinaia di nazioni contro due. Tecnicamente, il record è ancora intatto: nemmeno ieri gli Stati uniti hanno votato a favore, limitandosi a un’astensione (assieme alla Russia).
Nel convoluto gioco diplomatico del Palazzo di Vetro, quella posizione ha però di fatto permesso la
ratifica di una posizione che, seppur per omissione, ha visto per la prima volta Washington unirsi al coro che chiede a Israele quantomeno di moderare le proprie azioni.
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LA RISOLUZIONE chiede maggiori aiuti per Gaza, ma non una tregua immediata. Quella clausola faceva parte del testo originalmente proposto e approvato a larga maggioranza dall’Assemblea generale (153 a favore, 10 contrari e 23 astenuti). Nel Consiglio di Sicurezza, dove le risoluzioni sono vincolanti, si è riprodotta la consueta dinamica con l’opposizione americana a impedire la ratifica.
La novità sono stati gli intensi negoziati diplomatici seguiti per trovare un compromesso che permettesse all’amministrazione Biden di modulare una posizione di «biasimo» verso il genocidio in atto, rispondendo alle crescenti pressioni dell’opinione pubblica americana e in seno allo stesso partito democratico.
Quelle che la rappresentante americana Linda Thomas Greefield ha definito «molti giorni e lunghe notti di intensi lavoro» hanno prodotto un compromesso che ha sostituito «cessazione delle ostilità» con l’eufemistica formulazione dei «passi urgenti che favoriscano una cessazione sostenibile delle ostilità». Thomas-Greenfield ha definito la ratifica «uno spiraglio di speranza in un mare di sofferenza». «Hamas non ha interesse – ha aggiunto – a lavorare per la pace, ma vorrebbe ripetere all’infinito gli orrori del 7 ottobre. Per questo gli Usa appoggiano il diritto di Israele a proteggersi dal terrorismo».
ALLA LUCE dell’«astensione favorevole» le parole sono parse una concessione minore all’alleanza con Israele, oggi per la prima volta in mezzo secolo effettivamente isolata dall’Assemblea delle nazioni. «Non era il testo che avevamo auspicato – ha confermato Guterres – ma possiamo scegliere di vedere il bicchiere mezzo pieno. Il cessate il fuoco è l’unico vero mezzo per porre fine alle sofferenze e muoversi verso la pace. (La risoluzione di) oggi può aprire quella strada»