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TORNA IN CAMERA. Polemica sul ritiro dei ministri, oggi assemblea dei deputati

Conte cerca la via d’uscita, M5S in riunione permanente Conte coi ministri M5S - Lapresse

Il Movimento 5 Stelle sembrava arrivato a una sintesi. Pareva esserci una linea politica, considerata da Giuseppe Conte dolorosa eppure necessaria. Ma non è così: la scelta di non partecipare al voto di fiducia al governo Draghi è stata giustificata in forme ambivalenti e ciò ha creato il caos: le divisioni interne proseguono e per certi versi si approfondiscono. Fin da mercoledì sera, in effetti, nel M5S si parla di non considerare la mancata votazione come un atto di sfiducia ma al tempo stesso si dipinge tutta l’azione di governo come deludente e sostanzialmente irriformabile. Due linee di pensiero che mal si conciliano e che hanno finito per dare fiato e due rivendicazioni differenti e per certi versi opposte.

COSÌ, IERI MATTINA è ricominciata la riunione fiume del Consiglio nazionale, dopo che dalla serata precedente non era emersa alcuna decisione. Si era anzi palesata la proposta dei sostenitori della rottura: procedere sulla strada intrapresa nei giorni scorsi e ritirare i ministri dal governo Draghi. Dissentono e passano al contrattacco i tre ministri (Federico D’Incà, Fabiana Dadone e Stefano Patuanelli), i sottosegretari e (pare) gran parte dei deputati. A quel punto Conte lascia trapelare di non aver proposto lui il passo indietro dei ministri.

LA BALCANIZZAZIONE strisciante del M5S è dimostrata dal fatto che il capogruppo alla Camera Davide Crippa ha convocato per quest’oggi una riunione dei deputati. Scelta che non sarebbe stata comunicata ai vertici e che servirebbe a dimostrare che tra gli eletti a Montecitorio le posizioni dei falchi non sono gradite. Tra i fautori della rottura ci sono la maggioranza dei senatori e quattro vicepresidenti su cinque: Mario Turco, Riccardo Ricciardi, Paola Taverna e Michele Gubitosa. Più dialogante Alessandra Todde, anche lei vice di Conte e sottosegretaria allo sviluppo economico.

PER D’INCÀ, una volta espresso il dissenso sul Dl Aiuti bisogna procedere con il lavoro dentro l’esecutivo, puntando a una ricucitura con Draghi. Uscirne definitivamente, afferma il ministro dei rapporti con il parlamento, «rischia di mettere in crisi il paese in un momento delicatissimo». «Non si capisce il senso di questa decisione ora, dopo aver consegnato a Draghi dei punti che dovevano anche essere recepiti nel prossimo decreto di 15 miliardi», dice D’Incà. Anche Patuanelli, capodelegazione al governo dei 5 Stelle, suggerisce di attendere fino a mercoledì, e capire cosa Draghi avrà da dire alle camere, prima di prendere decisioni che potrebbero essere avventate.

CRIPPA L’ALTRA notte ha accusato Conte di aver tagliato fuori il Consiglio nazionale per ascoltare soltanto il cerchio magico dei vice. Illazione che ricorda pericolosamente quella formulata dal mattino da Luigi Di Maio, secondo il quale il M5S ormai sarebbe diventato un «partito personale», il che renderebbe «molto difficile» una ricomposizione con il resto della maggioranza. Dall’altro lato, i sostenitori della linea dura accusano le colombe di aver scavalcato Conte per forzare la decisione in senso favorevole al governo. «Non si dovrebbe esternare in questo modo mentre è ancora in corso il Consiglio nazionale, chiunque lo faccia è evidentemente interessato a una sua linea politica e non a quella condivisa», dice il senatore Alberto Airola riferendosi alle uscite di D’Incà e Crippa.

PIÙ PRECISAMENTE, però, a questo punto non si capisce bene quale sia la posizione di Conte. In mezzo al fuoco incrociato delle due fazioni il leader pare più preoccupato di non perdere il seguito degli eletti. Ma proprio la sua scelta di procrastinare ad libitum e mediare fino all’ultimo secondo, arrivando al voto di giovedì al Senato senza una strategia definita, ha contribuito a generare gli equivoci, l’indeterminatezza e i conflitti di queste ore. Risulta assente anche il fondatore Beppe Grillo, colui il quale in passato aveva aiutato le truppe a ritrovare unità e che l’ultima volta che era venuto a Roma aveva raccolto la reazione gelida degli eletti di fronte all’invito a non interrompere l’attività del governo Draghi, che pure aveva fortemente sostenuto fin dalla nascita.

UN MODO per cavarsi d’impaccio sarebbe convocare una consultazione online degli iscritti. Da statuto, le consultazioni devono essere indette almeno 24 ore prima. Per prendere una decisione in tempo utile per mercoledì, quando Draghi si presenterà alle camere, bisognerebbe procedere al più presto. Il rischio, vero, tuttavia, è che ci si arrivi quando i giochi sono già fatti e il dilemma sul governo non ha più ragione di essere. Ancora una volta per scelte e volontà che non sono quelle del Movimento 5 Stelle e tanto meno di Conte.