Un pensiero sociale. Ogni processo di riorganizzazione si svolge sempre con una fase di scomposizione e poi di ricomposizione. Ben venga, quindi, il fermento che agita tutte le forze
Con il governo Draghi, una legislatura instabile – dominata da due soggetti partoriti dall’austerità e cresciuti col sovran-populismo – compie un altro passo verso la sua naturale conclusione. Lo fa con un governo di “quasi tutti”, con una guida “superiore” e con la doppia conversione all’Europa di M5S e Lega, insieme per cogestire una politica economica espansiva, finanziata e guidata dall’Europa.
Si riparte, perciò, con un quadro politico più pacificato e con un clima di tregua fino alle prossime elezioni. Lo schieramento di centro destra si presenta abbastanza stabilizzato. Una componente più radicale all’opposizione, in grado di cavalcare disagi e malessere saldando neopopulismo e vecchio nazionalismo; e la componente principale che cerca di coniugare moderatismo e leghismo occupando nel governo posizioni chiave per i ceti sociali che rappresenta.
Questo assetto convive anche con piccole formazioni più centriste, ribadendo la volontà di liste unitarie nelle elezioni locali e mantenendo una visione comune sui grandi temi nazionali. Con una così efficace divisione di ruoli tra chi ha incarichi ministeriali e chi si dedica a presidiare la piazza mediatica, tra chi sta al governo e chi sta fuori, può disporre di ampi margini di flessibilità per fronteggiare il corso degli eventi. L’elettore di centro destra ha davanti a sé un’offerta politica unitaria, ma articolata che ne rappresenta le diverse anime e poche ragioni per astenersi dal voto.
Altrettanto non può dirsi per lo schieramento di centro sinistra. Attestatosi, negli ultimi giorni di vita del governo Conte, a difesa di un fortino, assediato dalla pandemia ed attaccato da tutti i lati ed anche dall’interno, questo schieramento deve adesso elaborare il lutto della sconfitta e riorganizzarsi. Abbiamo davanti un anno di stabilità politica e, subito dopo, o elezioni anticipate o campagna elettorale per le elezioni di fine legislatura. C’è tempo, ma poco.
Come essere competitivi col centro destra? Quali interessi, bisogni, soggetti vogliamo rappresentare e rendere protagonisti di questo processo? Come rappresenteremo le vittime delle disuguaglianze e i nuovi disoccupati? Nel nostro campo il big bang è cominciato e si sta manifestando in un crescendo: voto contrario di Sinistra Italiana, uscite da Leu e primi vagiti di un’area verde, implosione del M5s, dimissioni di Zingaretti.
Ogni processo di riorganizzazione si svolge sempre con una fase di scomposizione e poi di ricomposizione. Ben venga, quindi, il fermento che agita tutte le forze. Ma è necessario che esso non resti dentro il palazzo della politica, che coinvolga la società, che crei uno spazio di pratiche comuni e solidali, dove si possano manifestare ed articolare le differenze. Servirebbe un progetto di lavoro comune, un Manifesto di valori che assuma la svolta ambientale come quadro di riferimento di tutte le scelte a tutti i livelli e che coniughi rivoluzione ambientale e rivoluzione digitale con una nuova giustizia sociale.
Servirebbe l’indicazione di poche tappe di breve-medio periodo che colleghino riconversione ambientale e creazione di lavoro e di reddito e che saldino in un disegno organico visioni diverse presenti tra Pd e M5s. Servirebbe la costruzione di un pensiero sociale che coniughi cittadinanza e beni pubblici, gestione e partecipazione, servizi pubblici e volontariato. Servirebbe che l’idea del gruppo interparlamentare M5S- Pd- Leu varcasse la soglia del Parlamento per diventare un momento di partecipazione popolare ad una grande discussione comune anche utilizzando le forme di comunicazione con le quali si sono in questi mesi sviluppati eventi importanti e partecipati come quelli promossi dal Forum Disuguaglianze e Differenze, il Congresso di Sinistra Italiana e diverse altre iniziative che riescono a coinvolgere, anche da remoto, tante persone.
Servirebbe anche, infine, che leader stimati ed unitari come Conte e Zingaretti si assumessero la responsabilità di impegnarsi in questo progetto. Da questo percorso di scomposizione-ricomposizione le forze politiche potranno uscirne confermate o cambiate, certamente rigenerate. Sarebbe opportuno, perciò, che ciò avvenisse anche perché quando i processi che hanno suscitato speranze vengono abbandonati al primo ostacolo, le delusioni generano solo sfiducia ed abbandoni che non possiamo proprio permetterci.