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Un partito con le ossa rotte, messo di fronte «a una sconfitta storica», attraversato da «odio e attacchi feroci», come ha detto ieri il reggente Martina introducendo i lavori della direzione, si ricompatta malamente dietro un voto che certifica la linea di Renzi. All’unanimità. Il perdente di successo dimostra di portare il Pd dove vuole. Probabilmente alla stazione finale, al fallimento della ditta, vista la lunga teoria di sconfitte incassate in questa legislatura. Prima o poi questo lutto andrà elaborato, ma niente del genere è neppure iniziato alla direzione del Pd. Dove purtroppo si è replicato il solito copione: Renzi comanda , gli altri obbediscono.

L’ex segretario ha raggiunto i suoi due obiettivi. Ha spostato l’ordine del giorno facendo saltare la possibile trattativa di governo tra Pd e 5 Stelle che lo avrebbe visto ai margini. E, secondo obiettivo, ora può predisporsi a gestire la nuova fase che prelude alle prossime elezioni. Se e con quali modifiche alla leggere elettorale lo sapremo presto. Perché un nuovo governo, semmai vedrà la luce, avrà vita assai breve e l’aperta lotta tra le correnti del Pd semplicemente si trasferirà sulle future liste elettorali.

L’ex segretario ha archiviato brutalmente ogni ipotesi di dialogo con i 5Stelle. La tanto osteggiata discussione con i pentastellati, attorno a un tavolo di programma, certo non lo avrebbe visto come protagonista, relegandolo invece nel ruolo di sconfitto. E avrebbe allontanato le elezioni.
Renzi ha chiuso la porta in faccia all’ultimo tentativo messo in campo da Mattarella, e aperto una fase politico-istituzionale avvolta nelle nebbie. Dalle quali si riaffacciano animali di palude come «i responsabili» di Berlusconi.

Il capo dello stato chiederà ai partiti e ai gruppi parlamentari per l’ultima volta se hanno una maggioranza, chiederà di mettere le carte in tavola, tentando, non si sa con quale esito, di porre fine a uno stallo per condurre il paese fuori dalla palude.

Ma qualunque coniglio uscirà dal cappello di Mattarella, non sarà l’accordo, fin qui sollecitato dal Colle, tra le forze politiche uscite dalle urne del 4 marzo.

*

Lo street artist Sirante torna a dire la sua sulla situazione politica. Stavolta lo fa prendendo spunto dall'affresco di Raffaello 'Incendio di Borgo', ospitato nei Musei Vaticani, riletto in chiave anti-renziana. Stamattina a largo del Nazareno, a pochi passi dalla sede nazionale del Pd, è comparsa l'opera che raffigura, al posto delle figure raffaelliane, Renzi che porta sulle spalle Berlusconi, e intorno Boschi, Orfini, Verdini. Il lavoro, come già i precedenti, è stato prontamente rimosso ma è lo stesso Sirante a spiegare sulla sua pagina Fb il messaggio: "Da quando Matteo Renzi ha preso la guida del Partito Democratico - scrive - è iniziato un lungo declino che ci ha portato fino ad oggi ... a quattro anni dall'innesco, il partito è avvolto dalle fiamme dell'indecisione. L'ex segretario del partito ha governato con plurindagati e pluricondannati ma ora, assumendo finte posizioni etiche, di principio, snobba chiunque gli proponga anche solo un semplice dialogo. Non abbandonerà mai il suo Silvio, non può fare a meno dei consigli di Verdini... Salverà il suo anziano e fedele 'padre', il suo fedelissimo Orfini e i soliti vecchi amici?".

Un suo lavoro era già apparso nei dintorni del Quirinale nei giorni delle consultazioni. Allora a ispirare l'artista era stato il quadro 'I bari' di Caravaggio, con i ritratti di Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio al posto dei volti dei tre personaggi.

Era invece firmata da Tvboy l'altro lavoro di street art apparso nei vicoli di Roma, il bacio tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, diventato popolarissimo in rete. Anche questo fatto subito sparire per motivi di decoro urbano.