In Francia, dopo tre mesi, cade il governo Barnier. La prima «sfiducia» in 60 anni è il fallimento del presidente sovrano Macron. Che si è rifiutato di riconoscere il risultato delle elezioni anticipate, ha spalancato la strada a Le Pen e si ritrova senza bilancio in una crisi al buio
Francia Cade su una mozione presentata dalla sinistra e votata dal Rassemblement national. Obiettivo della “censura” il presidente Macron, che spera di nominare il prossimo premier in 24 ore
Michel Barnier all’Assemblée Nationale – Ansa
Il governo Barnier cade dopo 3 mesi di vita con un voto di sfiducia votato da 331 deputati su 574. È stato il più corto della V Repubblica, il secondo a cadere sulla “censura”, 70 anni dopo Pompidou nel 1962. Travolto sul bilancio della Sécurité sociale, cade contemporaneamente anche la Finanziaria per il 2025, su una mozione presentata dal Nuovo Fronte Popolare e votata dal Rassemblement national, che pure ha presentato un secondo testo di censura, reso caduco dall’esito del primo voto.
Mentre l’Assemblée Nationale vota, il presidente Macron atterra di ritorno dal viaggio di stato in Arabia Saudita. La vigilia, il presidente ha respinto ogni ipotesi di dimissioni. I tempi sono stretti per designare un primo ministro e cercare di riportare la calma. Oggi c’è sciopero nella scuola. L’inquietudine cresce sull’economia, ci sono 160mila posti di lavoro a rischio per la chiusura di fabbriche. Ieri è stato un giorno storico per la politica, mentre si apre un altro momento storico per la Francia, le cerimonie per la riapertura di Notre Dame, 5 anni dopo l’incendio, alla presenza di numerosi capi di stato e di governo, Donald Trump compreso.
MICHEL BARNIER si è difeso, ma già rassegnato: sarà «tutto più grave e più difficile», la realtà sono 60 miliardi di costo dei tassi di interesse, «più del bilancio della Difesa, più di quello delle Università», è «sovranità» anche questa, ha affermato rivolgendosi a Marine Le Pen. Alla sinistra dice: la Finanziaria non è una scelta di «austerità», è realismo. Piccola consolazione: è passata ieri la legge di fine gestione del bilancio 2024, grazie a un accordo interpartitico.
Eric Coquerel della France Insoumise, presidente della commissione finanze dell’Assemblée Nationale, ha aperto la scena ieri pomeriggio, per difendere la prima mozione di censura, la sfiducia presentata dal Nuovo Fronte Popolare. Coquerel non pensa già più a Barnier ma parte all’attacco del presidente Macron, «vero responsabile» della «maledizione» che grava sul governo fin dall’origine, l’«illegittimità» di un primo ministro uscito dalla forza politica – i Républicains – che ha «fatto il peggior risultato» alle legislative anticipate e ha cercato compromessi «solo con l’estrema destra», mentre «una maggioranza di cittadini non è dietro il governo né dietro il presidente della Repubblica che l’ha nominata». Oggi, «suoniamo la campana a morte di un mandato, quello del presidente della Repubblica».
SEGUE MARINE LE PEN, che ha confermato che il Rassemblement National vota la sfiducia presentata dalla sinistra, certo «malvolentieri». Marine Le Pen spiega l’«illusione ottica» fatta di «intransigenza, settarismo, dogmatismo», con «milioni di francesi ignorati, cancellati» da un governo «privo di legalità democratica». L’estrema destra si scaglia contro un budget «recessivo, tecnocratico, una contabilità fredda, una routine spendacciona» – «dove vanno i soldi?» – mentre si vanta di difendere il potere d’acquisto e la sicurezza, contro un’«immigrazione» affiancata alla «criminalità». Marine Le Pen è più prudente nel prendere di mira direttamente Macron, ma la strategia dell’estrema destra è insidiosa, intende diffondere nell’opinione pubblica il «veleno lento della dimissioni».
La redazione consiglia:
Il moderatismo non fa da argine all’ultradestraMarine Le Pen ha però fretta, il 31 marzo prossimo è prevista la sentenza per la frode al parlamento europeo sull’impiego degli
assistenti parlamentari, che oltre a 5 anni di carcere (3 con la condizionale) prevede un’applicazione immediata, senza tener conto di un eventuale appello, di 5 anni ineleggibilità, che impedirebbero alla leader di ripresentarsi per la quarta volta alla corsa all’Eliseo.
In modo meno diretto di Coquerel, il bersaglio resta Macron anche per il capogruppo socialista, Boris Vallaud: tocca al presidente, ha detto, «valutare» se è in misura di restare. Un invito a nominare un primo ministro del Nfp, alleanza arrivata in testa alle legislative anticipate, cercando «trattative parlamentari esigenti» e una chiara domanda a non persistere nel fare riferimento solo alla destra: il Ps propone un accordo di «non censura» con il fronte repubblicano, per evitare le situazioni di blocco. Barnier è accusato di essersi «chiuso in un testa a testa umiliante» con l’estrema destra. Anche la capogruppo dei Verdi, Cyrielle Chatelein, ha come bersaglio Macron: «Ha gettato nella pattumiera i risultati della convenzione cittadina sul clima, nascosto i contenuti dei cahiers de doléances (dopo i gilet jaunes), ha cercato di sciogliere i Soulèvements de la Terre mentre le milizie di estrema destra manifestano nelle nostre strade, ha calmato gli agricoltori con false promesse, ha indetto elezioni anticipate per tattica politica e ha rifiutato il risultato delle elezioni, la sua disfatta». Per il Pcf la questione delle dimissioni di Macron resta secondaria, mentre l’interesse principale è difendere i diritti delle classi popolari, schiacciate da una prospettiva di tagli al welfare di 40 miliardi.
NEI PARTITI DEL COSIDDETTO “zoccolo comune” che ha bene o male sostenuto il governo Barnier, l’angolo di attacco è stato sulla scelta «disordine o caos», contro una «censura pavloviana», termine usato dal gruppo Horizon. Laurent Wauquiez, capogruppo Lr, si è rivolto al «caro Michel» (Barnier è dei Républicains) e ha puntato il dito contro l’alleanza tra «Lfi e Rn», «non una sorpresa» viste le «alleanze» del recente passato (a cominciare dall’opposizione contro la riforma delle pensioni). L’obiettivo dello “zoccolo comune”, in particolare per Ensemble (area Macron), è di sganciare il Ps dall’intesa con Lfi.